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lunedì 1 settembre 2014

La nostra Sicilia. Una carrellata dai Borboni al crocettismo n. 13

La storia dell'isola

Crisi agraria e la grande emigrazione di fine Ottocento

La riduzione del prezzo del grano indotto dalla concorrenza americana, l'adozione della tariffa del 1887 a protezione della cerealicoltura nazionale e delle manifatture del Nord e la successiva guerra commerciale con la Francia devastarono  i settori fondamentali dell'economia siciliana. 

Da allora il processo di sviluppo economico e di emancipazione sociale  dell'isola si arrestò.
Alla mancanza di prospettive in campo manifatturiero si aggiunse la recessione nel settore agricolo.
Il comparto della vite, simbolo  dello sviluppo agrario siciliano nel precedente trentennio, andò praticamente in rovina nel giro di pochi anni  sotto i colpi della guerra commerciale con la Francia e a causa della fillossera che da sola distrusse circa 244.000 ettari dei 350.000 esistenti nel 1890-1893.
Alla fine degli anni Novanta dell'ottocento, la produzione era tornata al di sotto dei livelli del periodo borbonico. Di contro riprendeva vigore la granicoltura.

In questo contesto il carico demografico dell'isola divenne insopportabile.
La tensione sociale esplose con il movimento popolare dei Fasci Siciliani, portatore di una complessa proposta politica di ispirazione socialista e soffocato con la forza da Francesco Crispi nel 1894.
Svanito nel 1896, con la pesante sconfitta di Adua, anche il sogno di fondare una grande colonia di popolamento meridionale in Eritrea, alle masse lavoratrici siciliane non rimase che prendere la via dell'emigrazione.
Questa foto non riguarda
popolazione albanese che
negli anni '90 dello scorso
secolo lascia la terra delle
aquile.
Quelli fotografati sono
 italiani che lasciano
la penisola nell'Ottocento
Cominciò l'emigrazione dai paesi dell'interno verso le zone agricole costiere ad alta intensità di manodopera. Unica eccezione, non toccata da questo flusso, furono i comuni delle aree zolfifere della provincia di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Palermo.
A fine secolo nei comuni dell'interno risiedeva meno del 25% di quella esistente nel 1861.

Contessa ?
Qui accade qualcosa di diverso rispetto al resto dell'isola. 
L'emigrazione -clandestina, in quanto il governo borbonico non l'ammetteva- era cominciata due/tre decenni prima dell'Unità. Già nell'anno di liberazione garibaldina un paio di migliaia di contessioti lavoravano in Louisiania. 
Sul finire del 1861 oltre un terzo della popolazione residente lasciò Contessa, richiamata in Luisiania dai parenti lì inseriti dal punto di vista lavorativo. 
Esiste una relazione interessante del Consigliere Comunale Nicolò LoIacono, medico, che venne pubblicata dai giornali dell'isola con cui viene denunciato il grave stato di abbandono del centro abitato, svuotato in un solo anno di oltre un terzo della popolazione. 
Il politico locale mostra preoccupazione per il decadimento dei fabbricati abbandonati, la difficoltà di reperire mietitori nella stagione estiva e per lo sfaldamento di tante famiglie i cui componenti maschili erano partiti lasciando in loco quelli femminili.
La relazione chiude con la richiesta di sostegni alle Autorità invitate ad intervenire per sanare la gravissima situazione sociale che non trovava riscontro in nessun altra località dell'isola.

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