La Bellezza
"La bellezza salverà il mondo" sostiene Dostoevskij.
Quale bellezza?
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Gaetano Passarelli è autore del libro "Iconostasi" da cui di seguito in questa pagina riprendiamo il XV capitolo.
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Sicuramente quella che dà visione estetica alla vita, all'esistenza. Quella che dà visione alla capacità di superare l'esistente ed esplorare le frontiere del possibile. Con quell'espressione Dostoevskij -secondo alcuni interpreti- intende sottolineare le mostruosità e le grandi cattiverie del presente e nello stesso tempo additare (rivelare?) alcune sintesi esistenziali e persino storiche.
Ovviamente non si tratta di rifiutare l'esistenza che la storia di ciascuno porta su di sé ma di valorizzare i frammenti di bontà, di frastellanza e di bellezza che la Storia sicuramente (seppure, il più delle volte, sporadicamente) a ciascuno offre.
Per Dostoevskij, e per la religiosità cristiano-orientale, l'icona è un'opera d'arte perfetta. In essa confluisce materiale di scarso pregio, come è una tavola di legno, e nello stesso tempo messaggi di alto significato. In una immagine vengono infatti riportati significati disparati della vita dell'uomo, di ciascun uomo. Sta a ciascuno degli uomini quindi non solamente apprezzare la bellezza e lo splendore dei colori, ma saper cogliere e leggere il significato in relazione alla propria esistenza, alla propria esperienza, alla propria sensibilita'.
Bellezza, per chi sa leggere le icone, è pertanto il significato ed il messaggio, piuttosto che lo splendore dei colori. Su questa tematica esiste una vastissima, immensa, letteratura a sfondo religiosa. A noi è piaciuto estrapolare il testo che segue.
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Dal libro di
Gaetano Passarelli ICONOSTASI (La teologia della bellezza e della Luce),
XV
Discesa agli Inferi
(pag. 248)
Introduzione
"Alcuni scribi e farisei lo interrogarono: Maestro, vorremmo che ci facessi vedere un segno". Ed egli rispose: Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Come infatti, Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Ecco allora, che secondo la sua promessa il Re della Gloria rivestito della porpora della sua carne ha visitato i prigionieri e ha proclamato la liberazione di coloro giacevano nelle ombre.
Assunse la nostra carne per darci sovrabbondanti le sue grazie e il suo corpo fu come esca gettato in braccio alla morte, affinchè, mentre il drago infernale sperava di divorarlo, dovesse invece vomitare anche coloro che aveva già divorato. Egli, infatti, precipitò la morte per sempre e asciugò da tutti gli occhi di lacrime.
E' entrato nelle fauci della morte e, come Giona nel ventre del cetaceo, ha soggiornato tra i morti, non perchè vinto, ma per racattare la dramma perduta, la pecorella smarrita: Adamo. Fiaccola portatrice di luce, la carne di Dio, sottoterra dissipas le tenebre dell'Inferno. La luce risplende tra le tenebre.
L'icona della Resurrezione di Cristo che vogliamo presentare è la rappresentazione iconografica di questo grande mistero: la discesa del Signore agli Inferi per liberare le anime dei giusti.
Questo poteva farlo solo lui. Dice, infatti, l'apostolo Paolo: " Ascendendo in cielo ha portato con sé i prigionieri. (...) Ma che significa la parola "ascese", se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose: Gesù Cristo, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua eguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, accogliendo la condizione dio servo e diventando simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce".
Nella tradizione delle Chiese bizantine, infatti, sono essenzialmente due le rappresentazioni iconografiche : la Discesa agli Inferi e le Donne recanti aromi (miròfore) al sepolcro. Sono due modi di esprimere lo stesso concetto: "Cristo è risorto!".
L'Icona
L'icona della Discesa agli Inferi che abbiamo scelto come esempio da spiegare e meditare non differisce sostanzialmente dalle diverse varianti che si possono trovare su questo tema iconografico.
Si può, infatti, avere il Cristo che, con il rotolo tra le mani senza la croce, o con la croce alle sue spalle sostenuta o meno da angeli, prende la mano del solo Adamo o ambedue i progenitori, collocati insieme o ai suoi due lati, o ancora una rappresentazione del mondo infernale al di sotto dei suoi piedi, più o meno popolato o scenograficamente più pittoresco. Tutto ciò non varia, però, né aggiunge particolari significati simbolici e teologici alla scena principale che è splendidamente rappresentata in questa icona nella sua essenzialità. L'icona appartiene alla scuola di Novgorod ed è datata aò XVI secolo (Tavola 15).
Il chirografo
Al centro vestito di vesti dorate "il Figlio eterno e ineffabile di Dio. Dio nostro egli stesso", che "vinto da tenero amore scese nel mondo per ritrovare la sua creatura smarrita, e in modo sapiente e divino, da qual era, si mise alla ricerca. Si incarnò in una madre da lui purificata e santificata, e quando egli viene verso di noi portando la propria carne come lucerna accesa, il fuoco e l'olio della divinità a lui servono per illuminare l'universo; poichè di fuoco e di argilla è fatta la lucerna. Così dava bagliori di divinità e d'incarnazione la luce della lucerna, il Cristo che è vita e risurrezione".
Cristo ha nella mano sinistra un rotolo: è il chirografo del peccato. Quella brutta cambiale sottoscritta dai nostri due progenitori.
"Chi rimette i debiti a tutti gli uomini, volendo perdonare le antiche offese, spontaneamente venne presso i disertori della sua grazia e, lacerato il chirografo del peccato, guida tutti alla cognizione divina, illuminando di splendore le menti".
Egli appare non come prigioniero, ma come vincitore, come liberatore di coloro che erano imprigionati e lo fa tendendo la mano ad Adamo. Per lui, infatti, era sceso sulla terra e, non avendolo trovato, s'é spinto fin negli Inferi per cercarlo".
"Va a cercare il primo uomo come la pecora smarrita, Vuole visitare anche quelli che abitano nelle tenebre e nell'ombra della morte. Si, è verso Adamo prigioniero e verso Eva anche lei prigioniera che Dio si rivolge (...) per liberarli dai loro dolori".
I giusti
Sotto i piedi di Cristo stanno le porte sconquassate degli Inferi. Ai suoi due lati, in primo piano abbiamo alla sua destra Adamo e a sinistra Eva, vestita di rosso. Il rosso simboleggia l'umanità: ella è, infatti, la madre dei viventi. Ha le mani coperte in segno di adorazione.
Romano il Melode pone in bocca al Signore queste parole: "Vieni, Adamo con Eva, venite a me, ora, senza timore per i debiti dei quali dovete rispondere, perchè tutto è stato da me saldato, da me che sono la vita e la resurrezione".
Dietro ai progenitori fa capolino una schiera di giusti. Alcuni di loro sono riconoscibili dal modo di essere rappresentati. Alle spalle di Adamo, infatti, si riconoscono le figure di Davide, barbuto, e del figlio Salomone, rivestiti degli abiti regali. In seconda fila, Giovanni Battista e Daniele con il caratteristico copricapo. Mentre dietro Eva vi è mosè con le tavole della legge tra le mani, poi Isaia e gli altri profeti che abitavano nell'Ade con tutti i morti. Costituiscono una rappresentanza del "popolo immerso nelle tenebre"; "quelli che dimoravano in terra e ombra di morte" su cui si è levata la Luce, il Sole di Giustizia.
L'ade si apre ai piedi del Cristo glorioso come una caverna nera del tutto simile alla grotta di Betlemme nell'icona della Natività e alle acque oscure della Teofania.
Canta, infatti, Romano il Melode: "Noi, che siamo stati sepolti con Cristo e che per il 'Battesimo siamo stati resuscitati con lui, salmodiamo e cantiamo, dicendo: "Dov'è, o morte, la tua vittoria? Ade, dov'è il tuo pungiglione? Il Signore è, infatti, risorto; lui, la vita e la resurrezione"".
Sullo sfondo, si innalzano le montagne che rappresentano la profondità degli Inferi.
Discesa agli Inferi
"Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio e solitudine perchè il Re dorme.
La terra ha tremato e si è placatra, perchè Dio si è addormentato nella carne, e ha svegliato quelli che dormono fin dalle origini. Dio è morto nella carne e il soggiorno dei morti si è messo a tremare".
Chi ha la fortuna di poter vivere intensamente la settimana santa in una Chiesa di tradizione bizantina sente dentro di sé l'ansia della domenica, il momento in cui si può cantare insieme a tutta l'assemblea: "Cristo è risorto!".
E' un'esperienza che la sola lettura dei testi riesce a comunicare in parte. Questi, infatti, sono stati concepiti per essere letti o cantati in una cornice ambientale che crea la giusta atmosfera, fatta di significati, di armonie musicali, di gestualità, di profumi e d'incenso. In altre parole, in un ambiente e in una situazione in cui i cinque sensi vengono coinvolti per essere santificati. A tal proposito dice san Giovanni Damasceno: "Purifichiamo i nostri sensi e contempleremo con la luce inaccessibile della resurrezione Cristo sfolgorante".
L'esperienza di Dio non riguarda solo l'intelligenza o solo lo spirito, è l'uomo nella sua totalità, nella dimensione del suo essere che si avvicina al suo Creatore. Tuttavia anche da una analisi fredda dei testi delle ufficiature che si susseguono dal sabato di Lazzaro, facilmente si evince che la Chiesa è tutta protesa all'annuncio della resurrezione. E' una notte, che attende l'alba -come ogni domenica è immagine di quella domenica-, poichè da quell'alba "tutto risplende di luce: il cielo, la terra e gli inferi".
I riti della domenica di Pasqua, nella Chiesa bizantina, iniziano di buon'ora.
Ricordiamo che un edificio sacro di tradizione bizantina è essenzialmente diviso in tre parti: il nartece o vestibolo, la navata, in cui stanno i fedeli, e il santuario o bema, al cui centro si trova l'altare. Il santuario è diviso dalla navata da una sorta di balaustra a cui sono sospese le icone e perciò detta "iconostasi".
Si sentono le voci dei cantori che guidano la veglia. Terminata questa prima parte, il celebrante principale entra nel santuario e va ad accendere la sua candela alla lampada da sempre ardente, quindi portatosi davanti all'iconostasi intona il canto invitatorio: "Venite, prendete la luce dalla Luce che non tramonta e rendete gloria a Cristo, il Risorto dai morti!".
Dopo che tutti hanno acceso il loro cero, si forma una processione e si esce fuori dalla chiesa, mentre alle loro spalle si chiudono le porte.
Secondo le varie usanze, o sulla soglia della chiesa o in altro luogo, viene letto il vangelo di Matteo in cui si dice che "passato il sabato, all'alba cdel primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro", seguitando con l'apparizione di Cristo Risorto.
Terminata la lettura del Vangelo, il celebrante principale si avvicina alla porta chiusa della chiesa e bussa, battendo con la croce che reca in mano. Con tono perentorio intima: "Alzate le vostre porte, o principi, aprite le vostre porte eterne, sta per entrare il Re della gloria".
Una persona -solitamente il sacrestano o un chierico- che era rimasta all'interno della chiesa, risponde: "Chi è questo Re della gloria?".
Il celebrante: "Un Signore forte e potente, un Signore forte in guerra" e ripete l'intimazione "Aprite le vostre porte ...".
L'altro dall'interno, facendo grande strepito di catenacci e ferraglia, comer volesse serrare ancor di più la porta, chiede con insistenza; "Chi è questo Re della gloria?".
Alla terza intimazione seguita dalla medesima richiesta di identificazione, il celebrante grida: "Il Signore delle potenze, questo è il Re della gloria", e spinge i battenti che questa volta si aprono, lasciando vedere la chiesa tutta illuminata e profumata dagli incensi più preziosi e fragranti.
Il celebrante, come un nuovo Mosé, entra per primo intonando il canone del Damasceno: "Giorno della resurrezione, risplendiamo di luce, om popoli! E' la Pasqua del Signore, Pasqua! Dalla morte alla vita, dalla terra al cielo, Cristo Dio ci ha fatto passare, cantando l'inno della vittoria!".
Nello sfolgorio di luci, nella gloria della resurrezione il fedele ha davanti ai suoi occhi la rappresentazione iconografica della Discesa agli Inferi del Signore. Quella che anche noi, in questo momento, possiamo contemplare. E tutto sembra concorrere a illustrargliela. Ma se fino alla fine non ne avesse compreso ancora il senso, ecco venirgli in soccorso la breve omelia di san Giovanni Crisostomo (+407).
Viene declamata dal celebrante al termine della Liturgia pasquale proprio come catechesi finale della festa: un inno alla misericordia del Signore.
"Se vi è persona pia e amante del Signore, goda di questa lieta e luminosa festa! Ogni servitore fedele entri giulivo nel gaudio del Signore. E chi ha faticato digiunando, riceva ora la sua ricompensa. Chi ha lavorato fin dalla prima ora, riceva oggi il giusto salario. Chi è arrivato dopo la terza, sia lieto nel rendere grazie. Chi è giunto dopo la sesta, non esitio affatto: non riceverà alcun danno. Chi si è attardato fino alla nona, venga avanti, non tema. Chi è arrivato solamente all'undicesima, non si rattristi per il ritardo.
Il Padrone, infatti, è generoso: accoglie l'ultimo così come il primo. Concede il riposo a quello dell'undicesima ora, come all'operaio che ha lavorato fin dalla prima. Ha pità dell'ultimo e premia il primo. A questi dà, a quello regala. Accetta le opere e loda l'intenzione. Apprezza l'azione e loda il buon proposito.
Orsù, dunque, entrate tutti nella gioia del Signore nostro: primi ed ultimi, ricevete la ricompensa; ricchi e poveri, danzate insieme; temperati e spensierati, onorate questo giorno; abbiate o no digiunato, rallegratevi, oggi.
La mensa è ricolma, gustatene tutti a sanzietà. Il vitello è abbondante, nessuno si alzi affamato. Tutti prendete parte al banchetto della fede. Godete tutti della ricchezza della bontà. Nessuno si lamenti della miseria: si è manifestato, infatti, il comune Regno.
Nessuno pianga per i suoi peccati: il perdono si è levato dal sepolcro. Nessuno tema la morte: ci ha, infattio, liberati la morte del Salvatore; l'ha distrutta mentre era stretto da essa. Ha punito l'inferno colui che è disceso agli Inferi; l'ha amareggiato, perchè aveva toccato la sua carne. E Isaia l'aveva previsto quando gridava: "L'Inferno fu amareggiato quando s'incontrò con te negli abissi".
Fu amareggiato perchè fu distrutto, fu amareggiato perchè fu ingannato; fu amareggiato, pechè fu incatenato. Ha preso un corpo e s'è trovato dinnanzi un Dio, ha preso della terra e ha incontrato il Cielo, ha preso il visibile e s'è imbattuto nell'Invisibile.
Dov'è, o morte, il tuo pungolo ? Dpv'è, o Ade, la tua Vittoria ?
Cristo è risorto e tu sei precipitato. Cristo è risorto e i demoni sono caduti. Cristo è risorto e gli angeli si rallegrano. Cristo è risorto ed è sorta la città della vita. Cristo è risorto e nessun morto resta nel sepolcro.
Cristo, infatti, risuscitando dai morti, è divenuto primizia di coloro che dormono nei sepolcri. A lui sia gloria e potenza nei secoli".
Il Cristo e Adamo
Cristo è vero Dio e vero uomo: nella sua aureola si legge infatti colui che sono che indica la sua divinità, e la scritta Gesù Cristo ai lati che specifica trattarsi della Seconda Persona della Trinità che si è incarnata.
Le sue vesti sono giallo-oro, perchè l'oro non è l'attributo del postulante o del candidato che si avvia alla morte, ma di chi si solleva e rinasce vittorioso dalla prova. E' la veste del Re.
Dietro le sue spalle la veste svolazza: rappresenta il movimento, la discesa.
"In quel tempo, egli salì sulla croce, come lucerna sul lucerniere -ha cantato Romano il Melode- e di l+ contemplava la prima creatura, Adamo, seduto nell'ombra e nelle tenebre. Subito si mise in cammino con la carne, lui, l'Inseparabile, che mai si è separato dal seno del Padre, e che riempie tutto che viene ad esistere.
"-Venne, allora, una voce che diceva: "Aprite le porte!". Udita questa voce per la seconda volta, l'Ade rispose come se non lo conoscesse, dicendo: "Chi è questo re della gloria?". Gli angeli del padrone gli risposero: "Un Signore forte e potente, un Signore potente in guerra". A queste parole, le porte bronzee subito furono e ridotte a pezzi, le sbarre di ferro polverizzate-".
Ai piedi di Cristo si vedono, infatti, due battenti scardinati e sparsi un pò dappertutto chiavistelli, chiodi e catene.
"Entrò, come un uomo, il re della gloria e furono illuminate tutte le tenebre dell'Ade. (...) Il re della gloria, stese la sua mano, afferrò e drizzò il primo padre Adamo; poi si rivolse a tutti gli altri e disse: 'Dietro di me voi tutti che siete morti a causa del legno toccato da costui! Ecco, infatti, che io vi faccio risorgere tutti per mezzo del legno della croce' ".
E' suggestivo il dialogo fra Cristo e Adamo nell'Omelia attribuita a Epifanio di Salamina di Cipro. Il santo vescovo scrive che "presolo per mano, lo scosse, dicendo: 'Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti', (...) 'IO sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio, che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati A coloro che erano morti: Risorgete!
A te comando Svegliati!, tu che dormi! Non ti ho creato perchè rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine. Risorgi, usciamo da qui! (...)
Per te, io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te, io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io, che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi sono diventato libero tra i morti. Per te che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai giudici e in un giardino sono stato messo in croce.
Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.
Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero' ".
L'Ade
Chi crede che le interviste siano un prodotto della nostra epoca si sbaglia, Romano il Melode ne fece una circa dodici secoli fa e a un personaggio non certo facile: l'Ade. Seguiamolo nella sua impresa.
"Il tuo cammino verso l'Ade non è noto, o mio Salvatore, se non all'Ade, e a motivo di quello che ha veduto, e per quello che ha patito, egli è stato in grado di sperimentare la tua potenza. A lui dunque per primo mi propongo di chiedere che cosa sia accaduto".
E subito spiega perchè vuole fare quell'interbista:"Pur avendo saputo dei tuoi amici come esattamente tu sia risuscitato, ho a cuore di mettere per base alla mia fede anche le prove di quelli che ti odiano". E' una prova della verità, perchè "chia ama, tende ad abellire, trattando del proprio amico. Chi odia, dice il vero anche senza volerlo, insegna la Scrittura: "La salvezza proviene dai nostri nemici e da quanti ci odiano?".
Passiamo al primo quesito: "Dimmi, Ade, eterno nemico della mias razza, come hai potuto tenere nella tomba colui che ha amato la mia razza? Per chi l'avevi scambiato?".
Risponde l'Ade: "Tu, o uomo, vuoi sapere come il mio assassino è sceso contro di me?". Sono distrutto e non ho nemmeno la forza di ruggire contro di te. Mi sento ancora istupidito. O uomo, mi sembra ancora di guardarlo nel momento in cui compresi, vedendo che le spoglie del giacente si muovevano. E un minuto dopo, con un balzo vogoroso esse si rizzarono e con le sue mani, che io avevo legate, quelle mani me le pose sulla gola, e tutti quelli che avevo già inghiottiti, li ho vomitati. Ma perchè rimpiangere i morti dei quali fui derubato? Su me stesso mi lamento, per il modo con cui mi hanno imbrogliato. (...)
Tuttavia, se me lo permetti, ho da replicare ancora: Chi non si sarebbe fatto ingannare nel vederlo avviluppato nella sindone e calato nel sepolcro? Chi sarebbe stato così stupido da non capire che fosse morto, allorchè me lo portavano, dopo che lo avevano unto di mirra e di aloe? Chi avrebbe ancora negato la morte di lui nel guardare la pietra posta là dove era stato deposto? Chi avrebbe potuto immaginare cosa simile, o chi mai avrebbe potuto attendersi che si dica oggi: "E' risorto il Signore"? (...)
Ad alta voce, Sofonia, gridava verso Adamo "Ecco colui che avevi atteso sino al giorno della resurrezione, come io te l'avevo predetto".
Dopo di lui, Naum annunciava la buona novella al povero, dicendo: "E' uscito da terra soffiando sul tuo volto, e ti strappa dall'oppressione".
E Zaccaria esultante esclamava: " Sei venuto, o Dio nostro, con i tuoi santi".
E Davide cantava quel salmo dal chiaro significato: "Come un forte si è destato colui che dorme".
Mentre avevo il volto schiaffeggiato da profezie, salmi e inni, anche le donne si alzarono a profetizzare e danzavano per insultarmi. (...) Ah! Di quanti mali fu madre una sola notte! Di quanti orrori fu padre un solo mattino! Una aveva generato le mie sofferenze, l'altra facendovi seguito ha dato il nome: resurrezione, essi dicono il giorno della mia caduta".
"Questa fu la risposta dell'Ade alla mia interrogazione", da questo mentitore "ho tratto la verità. Ecco perchè ho grande gioia in me: perchè l'enigma proposto da SAnsone tanto tempo fa, io adesso ho tolto: "Dal divoratore -l'Ade- e dal forte è uscita una sola parola di dolcezza: il Signore è risorto' ".
Conclusione
"Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita, Non vi fu prima il corpo spirituale; ma quello animale, e poi lo spirituale, Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra, così porteremo l'immagine dell'uomo celeste".
Cosicchè con una sola mente , un solo cuore, una sola voce, possiamo gridare: "Venero la tua Croce, o Cristo Dio; glorifico il tuo sepolcro, o Immortale; e festeggiando la tua resurrezione, esclamiamo: E' risorto il Signore!".