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lunedì 31 maggio 2021

Medio Oriente. Perchè non è facile uscire fuori dai problemi geo-politici

La questione della Palestina e poi di Israele

(6) 

Dichiarazione di Balfour

La dichiarazione Balfour del
2 novembre 1917 è
documento ufficiale della
politica del governo britannico
in merito alla spartizione
dell'Impero Ottomano
all'indomani della prima
guerra mondiale.

La Gran Bretagna nel corso della prima guerra mondiale -lo abbiamo ricordato- era in Medio Oriente -assieme alla Francia- impegnata contro l'Impero Ottomano. Per essa fu facile ottenere l'appoggio del movimento sionista, che a sua volta non ebbe difficoltà a fare pressione sugli Stati Uniti -dove il movimento era abbastanza influente negli ambienti politici- perchè intervenissero a fianco di Gran Bretagna e di Francia.

Nel contesto di queste pressioni che coinvolgevano il mondo occidentale girò un documento che originava dal mondo ebraico, e che fu più volte rimaneggiato. La struttura del documento si articolava in questi contorti termini: una nazione prometteva a una seconda nazione una terra che allo stato apparteneva a una terza nazione. La stessa prima nazione esprimeva massimo favore per il sorgere sul territorio Palestinese di uno stato da assegnare al "popolo ebraico" senza che ciò, però, potesse arrecare pregiudizio al diritto del popolo e alla religione dei palestinesi.

Come è facile cogliere, il documento se intendeva assecondare una comunità, inevitabilmente era destinato a recare pregiudizio all'altra. E ciò avveniva nonostante il testo tentasse di ingannare i presunti innocui destinatari.

Nell'aprile del 1920 -a guerra conclusa- alla Conferenza di San Remo la Francia ottenne il mandato sulla Siria e sul Libano mentre la Gran Bretagna quello sull'Iraq, la Transgiordania e la Palestina. L'aspirazione degli arabi di ottenere l'indipendenza non sortì effetti però il movimento sionista in qualche modo si sentì protetto dalla presenza in Medio Oriente dei due stati europei.

(Segue)

Post coronavirus? Calano i contaggi e le vittime ed arriva la normalità

In giugno ci attende il pagamento
dell'IMU ed è a buon punto
(a Contessa Entellina) l'installazione
dei contatori sul consumo
dell'acqua potabile presso le
abitazioni.

Sì. Effettivamente sta tornando
la normalità.


 Dal due giugno tre regioni rientreranno in zona bianca (Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Molise). Riprendono quindi le riaperture di ristoranti e bar al chiuso, piscine coperte, parchi tematici, sale giochi, wedding, fiere, sagre, circhi, corsi di formazione, convegni e pure le camminate collettive in campagna e nei luoghi archeologici o naturalistici.

 Dal 7 giugno il coprifuoco slitta alle 24 a livello nazionale (l'uscita sarà totalmente libera, invece, per le regioni bianche).

 Secondo l’andamento dei contagi - Abruzzo, Liguria, Umbria e Veneto dal prossimo 7 giugno diventeranno zona "bianca, mentre dal 14 dovrebbero diventarlo Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e la provincia di Trento. 

 Le altre regioni ancora gialle, compresa la Sicilia, potrebbero cambiare colore dal 21 giugno, con l’inizio dell’estate.

Grandi maestri

 La politica

La politica è quasi sempre esistita nel passato, esiste nel presente ed esisterà in futuro, ma non è facile comprenderla: riguarda naturalmente ciascuno di noi e soprattutto il rapporto con il prossimo; è un sentimento potente, ambizioso, amoroso, amichevole e timoroso, ma l'amicizia è  a mio avviso il sentimento più diffuso: amici e nemici sono due mondi che colorano la vita.

Eugenio Scalfari

6 aprile 1924

Giornalista e scrittore

domenica 30 maggio 2021

Politici alla siciliana. Chi presenta dimissioni resta comunque in regia

 Da "La Repubblica"

 Secondo il giornale La Repubblica da due mesi il già assessore alla sanità Razza è ufficialmente fuori dalla Giunta di governo regionale,  ma ... sta in regia svolgendo attività sotterranea.

Così il giornale sintetizza la vicenda:

Le tappe: Dalle dimissioni  al perdono

1) L'inchiesta

Il 30 marzo arresti e avvisi di garanzia per l'inchiesta dei p.m. di Trapani su falsi dati Covid . Ruggero Razza, sorpreso a parlare con la dirigente a parlare di morti da "spalmare"  si dimette.

2) Il rientro

Nei giorni scorsi il governatore Nello Musumeci fa sapere di essere pronto a far tornare il suo fedelissimo Razza alla Sanità. "La Sicilia ha bisogno di persone per bene e competenti come lui".

    Così riporta La Repubblica.

sabato 29 maggio 2021

I giornali

 




















Recovery Plan. Scorriamolo poco alla volta (8)

E la Scuola ?

Nella scuola è previsto un piano di progressiva estensione del tempo pieno. Eppure c'è chi solleva perplessità perchè nell'iniziativa legge una visione della scuola come “parcheggio per i figli”, e non riesce invece a valutare appropriatamente l'importanza delle attività pomeridiane dei ragazzi. 


La società odierna, che non è più quella contadina dei decenni andati, conosce il teatro, lo sport, la musica, le attività varie… ed anche la politica! 

Si vorrebbe quindi che tutti i ragazzi riuscissero a crescere ed a  interpretare i nostri giorni così, con queste ulteriori possibilità.

Le possibilità di crescita umana già oggi ci sono nel Nord Italia e non ci sono al Sud, così come non ci sono le stesse possibilità a Contessa Entellina rispetto a Palermo;  pertanto tutto merita di essere riposizionare.


  La crescita umana e culturale di ciascun ragazzo/a -comunque le si guardi- nel terzo millennio si vorrebbe che non finisca e non si concluda col suono della campanella. 


La questione potrebbe, in un Paese che vuole gareggiare con gli stati più avanzati- trovare conveniente soluzione, secondo alcuni osservatori, integrando le possibilità offerte dal "fuori scuola" degli  organismi ricordati (Teatro, Associazioni calcistiche, musicali etc.) all’interno dell’orario scolastico, con specifici  progetti o, per chi non conviene, con gli esoneri individuali. Di questi aspetti e possibilità sul Recovery Plan si parla solo con riguardo alle ssociazioni sportive. Nulla è riportato circa i  comparti che hanno una maggiore rilevanza culturale e formativa (Musica, teatro etc.). Da qui la non condivisione di alcuni settori del mondo della cultura.

 Il Recovery Plan assegna comunque 31,9 miliardi di euro  alla missione formativa che si poggia su due componenti fondamentali: 1) potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione dagli asili nido alle università e 2) dalla ricerca all’impresa.

Medio Oriente. Perchè non è facile uscire fuori dai problemi geo-politici

La questione della Palestina e poi di Israele

(5) 

Prime immigrazioni ebraiche

Rispetto agli intendimenti del movimento sionista di ritorno, dopo quasi duemila anni, nella terra delle origini del popolo ebraico, inevitabilmente sia le autorità ottomane il cui governo risiedeva nell'antica Costantinopoli che gli arabi stanziati in Palestina iniziarono a manifestare netta avversione. Non si trattava infatti di una semplice immigrazione di alcuni gruppi religiosamente caratterizzati, bensì della volontà da parte dei sionisti di creare una entità statuale caratterizzata in senso religioso e comunque garantita dal diritto pubblico internazionale (programma di Basilea del 1897).


 Le implicazioni del nuovo quadro che andava crescendo cominciarono ovviamente ad apparire rilevanti in quanto quell'iniziativa andava a turbare gli equilibri politici in quell'area medio orientale, dove peraltro l'autorità ottomana era già in crisi di per sé, per altri motivi.

 I testi di Storia evidenziano che fino alla fine dell'Ottocento e da parecchi decenni c'erano sempre stati flussi di immigrazione ebraica in Palestina ma la questione non aveva mai sollevato obiezioni o avversioni nè dagli ottomani nè dagli stessi arabi di Palestina. Quelle immigrazioni avevano avuto caratteri prettamente evocativi della tradizione ebraica; nulla manifestavano i nuovi arrivati circa intendimenti politici nè avevano immaginato la creazione di una entità statuale ebraica. Addirittura si era diffusa la pratica dei latifondisti arabi a vedere in quell'immigrazione a carattere religiosa una opportunità di arricchimento vendendo ai nuovi arrivati vaste porzioni delle loro proprietà terriere. La stessa Amministrazione turco-ottomana, piuttosto corrotta, chiudeva entrambi gli occhi circa la puntuale applicazione delle leggi che regolavano la vendita e gli acquisti dei terreni. Si trattava di leggi restrittive formalmente ma regolarmente disapplicate rispetto all'immigrazione e all'insediamento ebraico sui territori che -va sottolineato- fino alla conclusione dell'Ottocento era piuttosto contenuta.

Il diffondersi dell'idea sionista -inevitabilmente- ri-svegliò sia i turco-ottomani che gli arabo-palestinesi che nell'immigrazione sionista iniziarono  a vedere -adesso- una finalità invasiva concepita, secondo loro, dall'Occidente cristiano. 

I precedenti -sia pure pochi- coloni ebraici che non avevano avuto problemi ad insediarsi in Palestiba, da parte loro, oltre che comprare terre avevano iniziato ad impiantare aziende produttive e a creare istituzioni politico-culturali; e tutto agli occhi degli arabi dava la sensazione di modelli di vita all'europea all'interno del loro mondo culturale. Si dmebbe quindi la sensazione che la situazione rischiava di sfuggire di mano sia alle autorità pubbliche turche che alle figure più autorevoli delle comunità arabo-palestinesi. In effetti sia Herzl che le altre figure più rilevanti del sionismo tentarono di aprire un dialogo col sultano turco senza, tuttavia, sortire effetti circa la formalizzazione giuridica delle ormai cresciute comunità sioniste.

Nel corso della prima guerra mondiale l'impero ottomano colassò e Gran Bretagna e Francia si spartirono le sue spoglie in Medio Oriente. In verità i due paesi europei erano riusciti a convincere le elité arabe ad abattere esse l'impero turco in cambio dell'indipendenza nel post-guerra. E gli arabi risposero massicciamente con oltre 70mila combattenti anti-turchi.

(Segue)

venerdì 28 maggio 2021

Conseguenze covid. Il sistema produttivo cerca valvole di sfogo nei licenziamenti

 


Recovery Plan. Scorriamolo poco alla volta (7)

 Qualche perplessità

Se sull'indirizzo di modernizzazione del Paese in tanti, da destra a sinistra, concordano sulle linee che il governo Draghi ha dato al Recovery Plan, non significa che su alcuni aspetti, magari poco chiari sul documento, non debbano insorgere dubbi e perplessità.


Una delle perplessità che va diffondendosi negli ambienti scientifici e culturali -per la verità non solamente in Italia- è  "cosa, chi, come" avrà il controllo della vastissima digitalizzazione del Paese. Tutto finirà nell'infosfera che ciascuno di noi cittadfini costruirà. e però come non interrogarsi su come verranno immagazzinati e utilizzati i dati?

La Regione Emilia-Romagna sta portando avanti un progetto il cui approccio ruota sull'espressione  “dati bene comune”. In pratica si vorrebbe capire quale sarà la nuova etica -condivisa- sull’uso dei dati (di ciascuno)  immagazinati. 


Il Recovery Plan allo stato in cui lo conosciamo adesso, riconosce che insorgerà il problema ma si limita semplicemente a intravedere dei grandi Cloud ( di erogazione di servizi offerti su richiesta da un fornitore a un cliente finale attraverso la rete internet, a partire da un insieme immagazinato di risorse) per i dati raccolti dalla Pubblica Amministrazione ma non dà -ad oggi- garanzie per quanto riguarda la protezione e l’utilizzo di questi dati, che in poche mani non significano altro che molto -moltissimo- potere. Tanto potere in mano a chi ?


Per la rivista politico-culturale Mondoperaio “il Cloud non è una nuvola, è il computer di un altro”, di un terzo.

In altri termini si vorrebbe capire chi potrà accedere alla montagna di dati e quali saranno le regole di accesso e se esisterà un efficace sistema di sicurezza per una questione tanto delicata.

Valle Belice. Riflessioni sul passato storico e non (1)

 Da alcuni mesi stiamo riportando sul Blog "stralci" della Relazione sulla ricostruzione post-terremoto nel Belice. Lo stiamo facendo -finora- a prescindere da riflessioni, commenti e contesti socio-politici del tempo. Continueremo su questa scia di lettura della "relazione parlamentare"; però parallellamente apriremo una ulteriore pagina periodica dove -su quella vicenda e su quel fenomeno- riporteremo le considerazioni che riterremo di dover raccogliere da più fonti e da diversi punti di vista. In fondo il Blog si è sempre proposto ai lettori  in termini di riflessioni, opinioni e, perchè no?, di critica ove ritenuta utile per capire i tanti perchè della vita sociale.

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 E' accaduto nel processo della ricostruzione post-terremoto '68 che -per quasi un decennio- il processo di riflessione-dibattito che doveva portare al "da fare" tardò ad avviarsi. Troppi erano i punti di vista e tante le competenze e gli organismi da coinvolgere. Non mancarono ovviamente le prese di posizione dei partiti, dei sindacati e soprattutto dei sindaci, indipendentemente dal partito di appartenenza, che sollecitarono con marce, scioperi e proteste le più varie, il risveglio e l'attenzione "politica" sulla situazione. Su queste questioni abbiamo più volte riportato quanto accadeva -in particolare- a Contessa Entellina. Ma avremo modo di tornare su questi aspetti.

 In questa rubrica -in più pagine- per qualche tempo ci piace riportare i tanti "perchè?" su quel modo di procedere del processo della ricostruzione e lo faremo riportando i punti di vista di autorevoli professionisti e studiosi delle cose che riguardano i territori e la "storia", piuttosto che punti di vista dei politici o dei sindacalisti che già abbiamo riportato in passato. Sfoglieremo -pertanto- per stralci e sintesi il pensiero di architetti, storici e uomini di cultura ed urbanistica contenuti in un interessante libro: "Catastrofi e dinamiche di inurbamento contemporaneo. Città nuove e contesto". 

Il volume in questione -leggiamo in una presentazione- raccoglie le riflessioni elaborate intorno a un tema comune e molto attuale, ovvero quello delle distruzioni causate da eventi naturali e le successive ricostruzioni, da parte di alcuni docenti del Dipartimento di Architettura di Palermo appartenenti a settori disciplinari diversi. Il progetto nasce da temi e presupposti che sono stati evocati più volte sino a pervenire alle soglie di un quesito: si può elaborare una teoria che dai disastri (naturali o artificiali) possa in qualche modo spiegare o prefigurare le dinamiche del dopo? I contributi del volume sono soprattutto incentrati sul Novecento, su testimonianze e risultati che hanno contraddistinto i terremoti di Messina (1908) e soprattutto del Belìce (1968). Questa scelta mostra la necessità di ragionare su alcune criticità del nostro presente, di confrontarsi ancora oggi sui temi che la tabula rasa e la successiva rifondazione di città e di architetture impongono. La prima parte del volume invece esamina esempi più remoti nel tempo, ad esempio il terremoto del 1542 in Val di Noto ...

Contessa Entellina. Primi passi verso una vita normale

 Angoli del territorio contessioto












Il 2 Giugno prossimo, una giornata Slow nel rispetto delle norme anticovid, per riassaporare il piacere della scoperta di un angolo nascosto della Sicilia e vivere un'esperienza indimenticabile.
Prenotazione obbligatoria.
389 6152466 - 338 6414344

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Grandi maestri

 L'età in cui si vive

Ogni età è moderna per quanti la vivono. Nel caso del Medio Evo, la sua modernità doveva essere denunciata dagli Umanisti come decadenza; ma per gli uomini che l'hanno vissuta, in special modo per gli uomini del XIII E XIV secolo, quest'età fu sentita come un'età di innovazione in tutti i campi della cultura, una modernità in progresso.

Etienne Gilson

1884-1978

Filosofo e storico della filosofia

giovedì 27 maggio 2021

Contessa Entellina. Quella domenica di cinquantatre anni fa

 Estratti dalla

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE 

D'INCHIESTA SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI PER LA RICOSTRUZIONE 

E LA RIPRESA SOCIO - ECONOMICA DEI TERRITORI DELLA VALLE DEL BELICE 

COLPITI DAI TERREMOTI DEL GENNAIO 1968 

(Istituita con legge 30 marzo 1978, n. 96)  

Prima parte pubblicata Pigiare qui)   Seconda parte pubblicata (Pigiare qui)   Terza parte pubblicata (Pigiare qui)   Quarta parte pubblicata (Pigiare qui)   Quinta parte pubblicata (Pigiare qui)   Sesta parte  pubblicata (Pigiare qui)   Settima parte pubblicata (Pigiare qui)   Ottava parte pubblicata (Pigiare qui)   Nona parte pubblicata (Pigiare qui) Decima parte (Pigiare qui) Undicesima parte (Pigiare qui) Dodicesima parte (Pigiare qui) Tredicesima parte (Pigiare qui)Quattordicesima parte (Pigiare qui)Quindicesima parte (Pigiare qui)Sedicesima parte (Pigiare qui), Diciassettesima parte (Pigiare qui)Diciottesima parte (Pigiare qui), Diciannovesima parte (Pigiare qui). Ventesima parte (Pigiare qui), Ventunesima parte (Pigiare qui), Ventiduesima parte (Pigiare qui)

CAPITOLO VI

LE REALIZZAZIONI A FRONTE DEI PROGRAMMI 

Opere di urbanizzazione secondaria.. 

(Infrastrutture scolastiche ed attrezzature collettive). 

b) Analisi delle quantità fisiche (cubatura delle opere). 

Per quanto riguarda l'oggetto specifico di questo paragrafo, ossia le infrastrutture scolastiche e le altre attrezzature collettive definibili, nel complesso, come opere dì urbanizzazjione secondaria, l'unico dato che si evince con chiarezza dalla documentazione esistente è quello relativo alla cubatura di ogni opera (o gruppo di opere) realizzata, per 13 lei 14 Comuni più gravemente colpiti dal sisma. 

Se attendibile, il valore di questo parametro potrebbe essere di estremo interesse, poiché consentirebbe una valutazione molto precisa della dimensione delle opere, nonché una stima abbastanza accettabile dei costi. Purtroppo, però, tale dato non è confortabile con le informazioni contenute nei programmi di trasferimento, se non nel caso di 4 Comuni (Menfi, Sambuca di Sicilia, Camporeale e Contessa Entellina) e solo limiitatamente alle attrezzature collettive, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado. Si tratta, inoltre, delle prime versioni dei programmi di trasferimento che, come si è già visto in questo ed altri capitoli della presente Relazione (cfr. il Cap. su « il trasferimento totale o parziale degli abitati »), hanno in seguito subito sostanziali modifiche. Ne consegue che l'unico confronto possibile — e non in tutti i casi — è quello con le previsioni ISES. 

Un tale confronto non sarebbe però molto significativo, poiché tali previsioni sono state effettuate su base parametrica, senza poter tenere sufficientemente conto delle situazioni locali, né dal punto di vista geo-morfologico né, a maggior ragione, dal punto di vista economico ed amministrativo. Con ogni probabilità, è proprio nel troppo superficiale ed affrettato passaggio da indicazioni meramente parametriche alla realizzazione delle opere che si deve individuare uno dei principali motivi dei rilevantissimi aumenti delle quantità fisiche, delle spese e dei tempi di esecuzione dei lavori. Come è messo in luce nel già citato capitolo relativo allo svolgimento dei singoli appalti, tali aumenti vanno molto al di là di quella che potrebbe ritenersi una misura ragionevole, sia pure in circostanze difficili.

D'altra parte, la transizione tra una progettazione di larga massima (in cui il metodo parametrico può essere ritenuto non solo accettabile, ma anche opportuno) ed una progettazione esecutiva che possa servire di base all'appalto dei lavori, dovrebbe avvenire attraverso una serie di approfondimenti successivii, tra cui si collocano anche i necessari rilievi topografici di dettaglio e le indagini geognostiehe, assolutamente indispensabili in un territorio sconvolto da importanti movimenti sismidi recenti. Da quanto risulta agli atti, invece, non sembra che tali necessari approfondimenti siano stati condotti seguendo un disegno organico razionalmente impostato. Al contrario, partendo dalle indicazioni parametriche fondite dall'ISES, ed erroneamente assunte come fondamento della programmazione esecutiva, si è proceduto ad una serie di successivi aggiustamenti « caso per caso », che in mancanza di precisi elementi di riferimento e di una severa ed assidua azione di controllo, non potevano condurre se non a continui aumenti delle previsioni iniziali. Queste considerazioni, pur di per sé non esaustive, possono tuttavia contribuire a spiegare i motivi per cui sia per il settore delle abitazioni che per quello delle opere di urbanizzazione primaria, le previsioni ISES sono state largamente superate nella redazione dei programmi di trasferimento prima, e nelle realizzazioni poi, facendo registrare a volte aumenti dei valori unitari e complessivi dell'ordine del 2-300 per cento. L'unica impressione che si può ricavare dall'esame dei dati è che, nel settore delle opere puntuali di urbanizzazione secondaria, il grado di realizzazione delle opere sia stato (e sia destinato a rimanere) inferiore a quello degli altri due settori considerati in questo capitolo. 

e) Analisi delle superfici complessive. 

Nel più volte citato capitolo sui programmi per il trasferimento totale o parziale dei 14 Comuni più gravemente colpiti, sono riportate in forma analitica le quantità di superficie per le diverse categorie di opere, espresse in metri quadrati per abitante, secondo le previsioni dei programmi di trasferimento dei diversi Comuni. Poiché tra le categorie di opere esaminate sono comprese le urbanizzazioni secondarie, sembrerebbe di poter finalmente disporre di un elemento certo. Malauguratamente, però tali dati si rivelano di scarsa utilità ai fini di un confronto tra programmi di trasferimento ed opere realizzate. Infatti, mentre si conosce con buona approssimazione il numero dei vani costruiti in ciascun Comune a totale carico dello Stato e da questo numero è possibile risalire al numero degli abitanti potenziali applicando il valore-indice di 1,2 vani-abitante, per quanto riguarda le abitazioni ammesse a contributo è nota solo la quantità dei progetti approvati e finanziati, ma nulla si sa della loro consistenza espressa in vani. Data la grande variabilità dimensionale degli edifici realizzati dai privati che hanno usufruito del contributo statale, ogni tentativo di stima globale sarebbe potenzialmente fuorviante e certamente soggetto ad un margine di errore non accettabile per la presente relazione, considerato anche che l'edilizia residenziale ammessa a contributo rappresenta l'85 per cento circa delle nuove costruzioni nelle zone di trasferimento. Il quadro, come si può agevolmente notare, non è molto più confortante di quello fornito nel paragrafo precedente. Anche qui sono possibili confronti con le previsioni effettuate dell'ISES (limitatamente alla sola edilizia scolastica ed in riferimento a 10 Comuni su 14), ma solo per 5 Comuni su 14 è possibile confrontare il dato relativo alle opere realizzate con quelli contenuti nell'ultima (e presumibilmente definitiva) versione dei programmi di trasferimento. I cinque comuni sono: Montevago, Vita, Partanna, Santa Margherita Belice e Camporeale e comprendono, nel complesso, 15.024 abitanti nelle zone di trasferimento (1). Balza agli occhi il più che considerevole incremento delle superfici previste dai programmi di trasferimento, rispetto a quelle previste dall'ISES. Tale aumento è di quasi 3 volte, per le superfici totali (2) e per l'insieme dei 14 Comuni; di quasi 4 volte per i Comuni a trasferimento totale; superiore a 2,6 volte per i Comuni a trasferimento parziale. Per quanto riguarda le opere edilizie (edifici scolastici ed attrezzature collettive) il fattore di aumento delle superfici dei suoli ad esse destinate è di 2,9 volte per l'insieme dei 14 Comuni e di ben 5 volte per i 4 Comuni a trasferimento totale, mentre scende a poco più di 2 volte per i 10 Comuni a trasferimento parziale (3). Inquadrata in tal modo la situazione, si può passare ad esaminare il sotto-insieme formato dai 5 Comuni per i quali è possibile un sia pur limitato confronto tra le superfici previste dai programmi di trasferimento e le superfici su cui insistono le opere ultimate (4). Per tale sotto-insieme, le valutazioni parametriche dell'ISES indicavano una superficie di 140.360 metri quadri da destinare alle scuole ed alle attrezzature collettive, mentre i programmi di trasferimento definitivi prevedevano una superficie complessiva di 329.100 metri quadri. Il fattore di aumento è pari a 2,3 — inferiore alla media dei 10 Comuni a trasferimento parziale, ma pur sempre ragguardevole. Se ora si guarda alle superfici su cui insistono le opere realizzate (sempre per il sottoinsieme dei 5 Comuni) ci si accorge con sorpresa che, nel complesso, esse misurano appena 85,230 metri quadri, pari al 60,7 per cento della cifra desunta dalle previsioni ISES, ed al 25,9 per cento delle superfici stabilite dai programmi di trasferimento. Ciò stupisce vieppiù ove si ricordi che nel settore residenziale ed in quello delle opere stradali la percentuale di opere realizzate e di superfici occupate si aggirava intorno al 75-80 per cento delle indicazioni dei programmi e che, non di rado, all'atto della realizzazione si è verificato un ulteriore sensibile aumento dei valori unitari. 

Per quanto limitata possa essere la validità di un'analisi condotta in riferimento a soli 5 Comuni su 14, essa conferma le impressioni riportate nel paragrafo sull'« Analisi delle quantità fisiche ». Sembra infatti che, dopo la « febbre di crescita » che ha portato a notevolissimi — e non sempre giustificati — incrementi della quantità e delle dimensioni delle opere e delle superfici occupate nel settore residenziale ed in quello della viabilità, si stia attraversando oggi una fase recessiva di cui risente, in particolar modo, la realizzazione degli edifici scolastici e delle strutture destinate ai servizi sociali nonché, ed in misura ancora maggiore, la messa in opera di spazi verdi attrezzati, destinati al gioco ed al tempo libero. 

(1) Benché il confronto sia limitato a 5 Comuni ,che rappresentano il 35,7 per cento dei Comuni soggetti a trasferimento totale o parziale degli abitati ed il 35,2 per cento del numero degli abitanti da trasferire, esso è abbastanza significativo. Ciò proprio a causa del fatto che il confronto avviene sulla base dei dati relativi ai programmi finali mentre, considerando la cubatura delle opere realizzate, ci si doveva basare sulle prime versioni dei programmi stessi (verbali nn. 4 e 6 delle riunioni della Commissione ex articolo 12) che, in linea di massima, assumono i valori dedotti in via parametrica dell'ISES 

(2) Compreso il verde attrezzato. 

(3) Il quasi incredibile aumento delle superfici che si riscontra nei 4 Comuni a trasferimento totale, può essere messo in relazione alle proposte di una conurbazione che avrebbe indotto a concentrare molti dei servizi che si sono definiti « foot-loose ». Benché l'idea della conurbazione sia stata di fatto accantonata, anche per l'opposizione delle popolazioni interessate, essa ha tuttavia condizionato, almeno in parte, i programmi di trasferimento e la realizzazione di alcune opere (si veda, ad esempio, l'ormai famoso « asse del Belice »). 

(4) Il confronto ha validità limitata. Non solo perchè l'Ispettorato non ha fornito alcun dato circa le superfici di verde attrezzato realizzate (delle impressioni riportate nei sopraluoghi, esse sembrerebbero ben poca cosa, se non affatto inesistenti) ma sopratutto perchè i dati forniti dall'Ispettorato non sono sempre omogenei tra di loro per quanto riguarda le superfici misurate.

riportate nel paragrafo sull'« Analisi delle quantità fisiche ». Sembra infatti che, dopo la « febbre di crescita » che ha portato a notevolissimi — e non sempre giustificati — incrementi della quantità e delle dimensioni delle opere e delle superfici occupate nel settore residenziale ed in quello della viabilità, si stia attraversando oggi una fase recessiva di cui risente, in particolar modo, la realizzazione degli edifici scolastici e delle strutture destinate ai servizi sociali nonché, ed in misura ancora maggiore, la messa in opera di spazi verdi attrezzati, destinati al gioco ed al tempo libero. 

Segue 163

d) Analisi delle infrastrutture scolastiche. 

Recovery Plan. Scorriamolo poco alla volta (6)

 Le questioni sociali

 Il "Piano" contempla un intero capitolo su “inclusione e coesione”  che affronta temi e misure sociali in senso stretto. 


 A questo  risvolto della società italiana vengono destinate quasi il 20% delle complessive risorse del Piano.   Le tantissime sono le misure riportate per far sprigionare un balzo di civiltà e di crescita umana complessiva all'intero "mondo del vivere italiano". 

 Noi che viviamo in un piccolo centro, Contessa Entellina, abbiamo assistito nei decenni scorsi al variare -spesso artificioso- della raggiera professionale della popolazione. Negli anni cinquanta/sessanta molti capifamiglia ai soli fini di godere dell'assistenza sanitaria posedevano la qualifica di coltivatori diretti pur possedendo un tumulo di terra o comunque pur dedicandosi ad altro; negli anni settanta in tanti qui da noi erano iscritti artigiani (camiciaie, pantolonai etc) pur di godere sia dell'assistenza sanitaria che di immaginarie prospettive, successivamente -per merito della sindacatura Di Martino- tantissimi divennero braccianti per accedere alla vasta iniziativa di forestazione del territorio. E quest'ultima visioone è stata la più duratura e concreta per i benefici ecologigi ed umani.

 Si è trattato, all'interno del corpo sociale locale, di dover trovare, nello scorrere del tempo, di rimedi per per garantire sopravvivenza alla reale e purtroppo diffusa situazione di "dissocupazione diffusa" della nostra realtà. 

 La vera valvola di sfogo umano alla fine -protrattasi per decenni- fu l'emigrazione di massa ed accanto ad essa il vasto processo di "ricostruzione edilizio" post-terremoto. Oggi assistiamo ad una situazione nuovamente di lenta estinzione della vita umana e sociale del paese; nessuno trova più accorgimenti per far sopravvivere questa realtà. Il Recovery Plan qualcosa, sul piano sociale, prevede; ma noi dobbiamo mirare alla crescita economica e culturale che altre parti del Piano consentono; se li sapremo cogliere.


Torniamo al Piano di rinascità sociale.

1) Per noi che siamo cresciuti in un contesto contessioto prettamente agricolo è significativa la lettura secondo cui si vuole dare un “sistema di protezione per i lavoratori autonomi” che da noi coinvolgerà quindi i veri coltivatori diretti, gli artigiani ed i commercianti i cui diritti sociali finora erano di gran lunga carenti e diseguali rispetto ai lavoratori dipendenti.


2) E' previsto un programma di “housing temporaneo” per i senza-tetto. Circostanza che non coinvolge i residenti a Contessa dove esistono fra i 6-7mila vani inutilizzati e comunque in eccesso rispetto agli standard. Eccesso dovuto allo sfollamento (emigrazione) che continua senza che alcuno sappia trovare rimedi ed inventare soluzioni.

Ancora, econdo il Piano Draghi, si passerà dallo stato attuale di indolenza dei servizi sociali comunali, o dalle iniziative di carità della Chiesa, alla iniziativa attiva -nei confronti di chi vive il disagio sociale- dello Stato. 


3) La terza cosa apprezzabile che si legge sul testo del Piano  è il programma vasto di alloggi a) per gli agricoltori, b) per l'eliminazione delle baraccopoli e c) la strategia di concreta lotta al caporalato nelle campagne.


I braccianti non collocati e sfruttati, i cosidetti  "invisibili”, quei lavoratori generalmente immigrati e privati della dignità di esseri umani non sono più tollerabili nel contesto di quella che si intende affermare sempre più come la "civiltà europea". Nel Recovery plan di Draghi si pensa anche a loro, a questi esseri umani che non potranno e non dovranno ulteriormente essere sfruttati.

Grandi maestri

L'altro  

«Non esce mai di casa?». «Mai, da parecchi anni... Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che se io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno lì, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull'umanità, sul governo, sull'amministrazione municipale, su Moravia ... Le pare che valga la pena?».

Leonardo Sciascia

scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, 

poeta, politico, critico d'arte e insegnante  

1921-1989


mercoledì 26 maggio 2021

Sblocco graduale licenziamenti. Per la Cgil-Cisl-Uil la partita non è chiusa

Il Post-Covid 

Calano i contaggi, la vita mostra segni di ampia ripresa e la macchina produttiva del Paese accenna ad ingranare la marcia. Ma, purtroppo non tutto si profila liscio. L'Italia è nel pianeta in prima fila come il paese più indebitato ed in questi mesi di pandemia nè il governo a guida populista di Conte nè il governo keynesiano di Draghi hanno esitato ad ulteriormente indebitarsi. I soldi del Recovery devono essere finalizzati ai progetti su cui l'U.E. porrà il sigillo, non possono servire per assistenze e ancor meno per demagogie da politicanti.

Adesso è praticamente iniziato il periodo su come affrontare la montagna di debito. Va detto che l'U.E. oltre ad aiutarci con Recovery Fund ci ha regalato la garanzia sui mercati finanziari, nel senso che essa è attenta a non lasciarci da soli. Ed infatti il debito pubblico non viene collocato sui mercati con tassi esagerati. Cosa che invece accadeva in altri tempi e possiamo ricordare la vicenda "greca".

Nonostante tutto Draghi è inevitabilmente chiamato a fare ordine sul debito incombente, ed incombente pesantemente. Non ci potranno più essere ulteriori scostamenti di bilancio. Da qui la notizia di queste ore sul blocco dei licenziamenti che resta fissato al 30 giugno. Conseguenza questa dell’approfondimento tecnico nel Governo a proposito della norma sui licenziamenti del Decreto Sostegni bis, ri-proposta dal Ministro del Lavoro, Andrea Orlando e ritenuta non ulteriormente ammissibile. 

Tutto ciò significa che le imprese potranno continuare ad utilizzare la Cassa integrazione ordinaria, dal primo luglio, senza dover pagare le addizionali fino a fine 2021 con l’impegno comunque a non licenziare per tutto il periodo in cui ne usufruiscono. 

Da qui le preoccupazioni dei Sindacati che intravedono all'orizzonte, se la macchina produttiva non riprende i ritmi ante covid, massicci licenziamenti.

Garanzie? Tutti confidiamo nell'abilità ed il prestigio internazionale di "economista keynesiano" di Draghi, oltre che nel senso di responsabilità degli imprenditori, dei sindacati e dei cittadini tutti.

I giornali






Medio Oriente. Perchè non è facile uscire fuori dai problemi geo-politici

 La questione della Palestina e poi di Israele

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Sionismo

E' negli anni novanta dell'Ottocento che avviene un fenomeno dirompente sul quadro, sulla situazione e sul destino del mondo "palestinese", fino allora quasi completamente composto da popolazioni arabe.

1) Nella Russia zarista viene avviato il processo di industrializzazione su basi capitalistiche che inevitabilmente ebbe ripercussioni sociali: grandi masse contadine si spostarono dalle aree d'origine verso i grossi centri e molti di essi persino verso l'Europa orientale (Polonia, Ungheria etc.). Un fenomeno tanto vasto, numericamente quanto innovativo nella vita dei popoli, non potè che scatenare sconvolgimenti sociali ed i primi a pagarne lo scotto furono i tantissimi ebrei che insistevano sui territori russi. I primi fenomenti di antisemitismo contemporaneo ebbero infatti inizio proprio nella Russia zarista. Da qui è disceso infatti il trasferimento di molti ebrei poverissimi in direrezione dell'Europa Occidentale.

2) L'arrivo di tantissimi ebrei  in Germania e nell'Impero Austro-Ungarico, e poi in Francia non potè che creare preoccupazioni nelle antiche comunità ebraiche di questi paesi. L'accoglienza e la sistemazione di queste moltitudini si accompagnò all'uscita, nel 1896, del libro "Lo Stato ebraico, tentativo di una soluzione moderna al problema ebraico" il cui autore fu Teodoro Herzl, giornalista israelita ungherese. Il testo costituì in pratica la nascita del "sionismo", il Movimento politico-religioso, sviluppatosi appunto alla fine del sec. XIX in seguito all'inasprirsi dell'antisemitismo in tutti i paesi dell'Europa, inteso a ricostituire in Palestina uno stato che offrisse agli Ebrei dispersi nel mondo una patria comune.  Ricostruire in Palestina uno stato per gli ebrei, da cui questi erano stati allontanati duemila anni prima dall'Impero Romano non si presentava, ovviamente come idea dalla facile soluzione. Una idea politica implicava inevitabilmente ripercussioni internazionali non da nulla. Il movimento fu definito sionista per quel proposito di far tornare il Palestina gli ebrei dispersi in più parti del pianeta.

All'interno del mondo ebraico europeo di fronte al fenomeno sionista si aprì un ampio dibattito. Gli ebrei residenti nell'Europa Occidentale erano ormai  imbastiti di cultura illuministica secondo i principi della tolleranza e della coesistenza con le culture e le religioni diverse e, in questa parte del continente, giudicarono pessimisticamente la possibilità della convivenza in una stessa terra con i coreligionari proveniento dall'est europeo.

3) Per decenni, quindi per un lungo lasso di tempo, l'idea sionista in Occidente non trovò ampio consenso, anche perchè un tale esodo di persone non trovava nei governi dell'Occidente alcun sostegno. Le stesse autorità religiose dell'ortodossia ebraica ritenevano, in via pratica, un così massiccio ritorno in Palestina improbabile e difficoltoso sul piano materiale ed operativo. Gli stessi politici di tradizione ebraica presenti nelle istituzioni occidentali, che fossero di cultura liberale o socialista, non vedevano nemmeno essi nell'idea facili successi in termini di praticabilità. Sulla stessa linea si collocarono i tanti sindacalisti di tradizione ebraica presenti diffusamente nelle organizzazioni operaie occidentali.

(SEgue)

Recovery Plan. Scorriamolo poco alla volta (5)

 Politica Industriale

Se finora in Italia è mancata una vera e propria "politica industriale" intesa nel senso di dare al sistema economico complessivo un orientamento che in altri paesi si definisce "programmazione", in questi mesi di pandemia si è sviluppato nel nostro paese un dibattito circa la  "ripresa" ossia sul cosa e sul come fare per riavviare il sistema produttivo. In questi giorni -fra l'altro- sta entrando di forza nel dibattito pubblico la questione sollevata dai sindacati circa la cessazione o meno fra poche settimane della cassa integrazione per centinaia di migliaia di lavoratori che verosimilmente assaporeranno i licenziamenti.


Gran parte del Recovery è dedicato proprio alla “politica industriale e agli interventi pubblici per creare lavoro”. L'espressione "creare lavoro" in un paese ad economia libera, di mercato, in passato sarebbe stata ritenuta "eresia". Oggi le teorie keynesiane sono divenute di larga condivisione e gli stati occidentale fanno largo uso della intromissione pubblica nel sistema produttivo.


Il governo, secondo la lettura che facciamo sul blog del Recovery Plan intende muoversi in direzione della  specializzazione del Paese nelle produzioni ad “alta avanguardia tecnologica”. In altri termini significa che la direzione da intraprendere è quella di puntare sulla qualità della produzione. 


La riforma dell’Istruzione, d'altronde, è tutta improntata sul potenziare gli istituti tecnici e professionali (ampliando anche le classi e gli indirizzi di laurea!), è relativa a questo aspetto e a questo orizzonte. In pratica la formazione e istruzione classica che ci ha finora caratterizzato nel panorama mondiale sarà affiancata da un'altrettanto rilevante impianto formativo tecnico e scientifico professionale.

Tutto ciò implicherà pertanto incentivi ad investimenti in tecnologia e in ricerca&sviluppo, 


Ci sarà -così si vuole- una Italia leader industriale per la riconversione ecologica. di cui l’Europa e il Mondo nei prossimi anni necessiteranno, puntando sull’idrogeno (produrlo, venderlo, utilizzarlo – anche nei trasporti!) e sul biogas. La prospettiva è, vorrebbe essere, che le tantissime  PMI (piccole medie imprese) strategiche e innovatrici dovranno internazionalizzarsi. Esiste inoltre un grande piano di ferrovie (specie al Sud) per migliorare la logistica e l'economia spaziale. 


Non ci resta che confidare nella guida dei governi in buone mani. Siamo arrivati ad essere il paese che vive di debito pubblico proprio perchè sono mancate le buone mani.

martedì 25 maggio 2021

Grandi maestri

Chi siamo

 "Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sè, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità. Non contiene il diverso e il contrario".

Leonardo Sciascia

scrittore, giornalista, saggista, drammaturgo, 

poeta, politico, critico d'arte e insegnante  

1921-1989

Recovery Plan. Scorriamolo poco alla volta (4)

 Questione Giustizia

L’Europa ha più volte bacchettato l’Italia per i risultati prodotti dal suo sistema giudiziario

Il tema dei processi troppo numerosi e troppo lunghi è un argomento che ha una doppia rilevanza, non solo per noi italiani ma anche per il sistema europeo con cui siamo integrati. Il nostro Paese è al ventiduesimo posto nell’Unione europea per numero di giudici ogni 100mila abitanti ed è anche tra i Paesi con il maggior numero di avvocati (se ne contano quattro ogni mille abitanti). 

La questione giustizia investe sia giudici che avvocati, quindi. Significa inoltre un eccesso di norme, circa 13mila tra i settori della giustizia penale, civile, amministrativa e tributaria. Una selva normativa quindi! che andrà disboscata.

E' pertanto diventata attuale e diffusa l’esigenza di una inversione di rotta, di una riforma organica della giustizia, di un approccio diverso da quello settoriale che ha prevalso finora.


 E' condivisa ormai da tutti la necessità di velocizzare i processi in favore della certezza del diritto e dell'esigenza dovuta al sistema economico del paese di ottenere e conseguire in tempi rapidi giustizia nel fluire delle transazioni.


Il Piano sviluppato da Draghi aggiunge a quanto sopra ancora cose che fanno la differenza da quanto da tempo si desiderava: 

1) La Giustizia deve essere più selettività nell’esercizio dell’azione penale, 

2) vanno estinti alcuni reati mediante condotte riparatorie, 

3) verrà accresciuto lo spazio sulla “particolare tenuità dei fatti”, 

4) sarà ridotta la possibilità di passaggio tra magistratura giudicante e requirente, 

5) sarà riformato il Consiglio Superiore della Magistratura che sarà chiamato a promuovere il merito dei magostrati (in questo passaggio si legge la risposta al caso Palamara e non solamente ad esso).


 Non è poco !

lunedì 24 maggio 2021

Vaccinarsi è obbligo? Un brano di articolo ripreso da "Il Riformista" e un interrogativo

 Obbligo vaccinale sì o no? 

Il tema è tornato di stretta attualità negli ultimi giorni in Italia a seguito dei ripetuti allarmi sull’andamento della campagna di vaccinazione, che pur avendo ingranato con numeri più che positivi ormai da settimane, fa segnare ancora dei ‘buchi’.

A spiegarlo è stato oggi il professore Sergio Abrignani, membro del Comitato tecnico scientifico, che ha sottolineato in una intervista a Il Messaggero come in Italia “l’11% dice non si vuol far vaccinare, il 7% risponde probabilmente no. Di fatto siamo al 18% e la maggior parte è sotto i 60 anni, non è più un problema individuale: se non mi vaccino io causo un danno alla comunità”. 

Il conto è presto fatto, secondo Abrignani: “Se in 10 milioni non si vaccinano in Italia rischiano di selezionare nuove varianti che possano diventare insidiose. Tra l’altro, quei 10 milioni mettono a rischio anche i 500mila che non possono vaccinarsi per le loro condizioni di salute”.

Per questo Abrignani si dice “assolutamente favorevole” all’obbligo vaccinale, come ribadito già lo scorso gennaio dal membro del Cts. “Per questo virus che è un problema di sanità pubblica ci vuole l’obbligo così come lo abbiamo avuto per il vaiolo e per la polio”, è il suo avvertimento.

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Punto interrogativo

La Costituzione può imporre l'obbligo ?



Il Piave mormorò. Accadde il 24 maggio 1915... .... Ing. Luigi Cannella

 Dalla prima pagina del "Corriere della Sera" di lunedì 24 Maggio 1915: L'ITALIA DICHIARA GUERRA ALL'AUSTRIA-UNGHERIA, Lo Stato Maggiore Parte per il Campo. 
Roma, 23 Maggio, sera 

"La guerra all'Austria e' ufficialmente dichiarata. L'Onorevole Sonnino ha telegrafato al nostro ambasciatore a Vienna incaricandolo di presentare al Governo austro-ungarico il testo della dichiarazione di guerra. Lo stato di guerra s'inizia domani 24 Maggio". 

Successivamente l'Italia, il 28 agosto 1916, dichiarerà guerra anche alla Germania. Durante il periodo di "neutralità", (agosto 1914-maggio 1915), in Francia fu costituita la "Legione Garibaldina" sotto il comando del Ten. Col. Peppino Garibaldi, figlio di Ricciotti, forte di 4.000 italiani sul fronte delle Argonne. Nello stesso periodo furono espletate delle trattative con l'Austria per ottenere dei compensi territoriali (Trento-Trieste ed altro) con l'impegno dell'Italia a rimanere "neutrale". Tali trattative risultarono infruttuose. Contestualmente il Presidente del Consiglio Antonio Salandra ed il Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, sotto la regia di Vittorio Emanuele III, trattarono, nella massima segretezza, con i governi della "Triplice Intesa" (Francia e Inghilterra) fino alla firma  del "Trattato di Londra" del 26 aprile 1915 che impegnava l'Italia ad entrare in guerra entro un mese a fianco della "Triplice Intesa". 

Il signore al centro della foto è il
Gen. Peppino Garibaldi, Comandante
della "Legione Garibaldina" che
combattà in Francia sul Fronte delle
Argonne. Il primo a destra della foto
è mio padre Giovanni Cannella.
Il generale venne al mio paese,
Castronovo di Sicilia, negli anni '50.



L'Italia era legata, fin dal 1882, agli Imperi Centrali. Tale Alleanza (Triplice Alleanza) era stata sollecitata da Umberto I che intendeva arginare i movimenti repubblicani e legittimare la monarchia nazionale nata solo 21 anni prima (1861) ed anche per l'ostilità della Francia per questioni coloniali. Ma tale Alleanza con l'Austria era contro lo spirito nazionale. Infatti l'Armata Sarda, prima, e l'Esercito Italiano, dopo, avevano combattuto tutte le guerre risorgimentali contro l'Austria e la Grande Guerra 1815-1918 passerà alla storia come l'ultima guerra risorgimentale per completare l'unità territoriale contro il nemico storico dell'Italia. La guerra 1914-1918 era scoppiata a seguito dell'uccisione dell'erede al trono austriaco, l'Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, avvenuta a Sarajevo il 28 giugno 1914. La guerra durerà 52 mesi e costerà milioni di morti, feriti, invalidi. Sconvolgerà l'assetto geopolitico dell'Europa e chiuderà per sempre il lungo periodo di pace, progresso scientifico, artistico e sociale, la cosiddetta "Belle Epoque" che aveva i suoi Punti Focali a Parigi e a Vienna. 

cap. Luigi Cannella.