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domenica 31 gennaio 2021

Crisi di governo. Quasi tutti danno consenso a Conte, ma sullo sfondo ... va spuntando il nome di Draghi

 1) Si è concluso il secondo giorno di consultazioni del mandato esplorativo  affidato al presidente della Camera Fico. Un nuovo incontro è stato fissato alle 9:30 di domani. lunedì 1 febbraio. 

2) Allo stato attuale tutti i gruppi presentatisi all'incontro con Fico (Europeisti, Autonomie e il Gruppo Misto del Senato, M5S, Pd e Leu) hanno confermato fiducia per la riconferma di Conte.  Eppure non tutto sembra filare liscio per il premier uscente.

3) Il Quirinale  smentisce contatti in questi giorni con Draghi, l'ex Presidente dfella BCE, verso cui guardano sia Renzi che Forza Italia. Questa eventuale opzione non è detto che dispiaccia al Pd (almeno ad alcuni suoi settori).


76 anni fa. La guerra si avviava alla conclusione e vennnero subito fuori stermini e atrocità

 L'adesione all'esercito repubblicano di Salò nelle file dei militari italiani internati nel Lager tedeschi, riproposta più volte mano mano che su di essi calava la depressione della detenzione, della fame e della carenza di informazioni su ciò che accadeva nel mondo, fu quindi proposta e riproposta più volte via via che la vita entro i campi diventava "non-vita". Più l'insospettata resistenza degli internati italiani diveniva imprevista, più la reazione tedesca diveniva brutale.

 La guerra dei tedeschi su più fronti andava diventando sempre più impegnativa ed, conseguentemente, si passò dal fallimentare invito agli "internati" alla collaborazione militare, all'obbligo di collaborare allo sforzo bellico industriale, anche perchè col passare dei mesi si creavano vuoti nella mano d'opera tedesca che veniva via via arruollata comprendendo persino la prima fascia degli anziani.

 Più gli italiani, soprattutto gli ufficiali rifiutavano anche questo secondo tipo di collaborazione "lavorativo" più nei campi diminuiva la somministrazione di cibo e diventava selvaggia (disumana) l'imposizione della disciplina. Vessazioni ed arbitri  divennero la costante giornaliera. Nel settembre 1944 avviene la trasformazione degli internati da esseri umani in "esseri inferiori"; accadde che Hitler e Mussolini dopo aver preso atto che quelle centinaia di migliaia di militari italiani internati non intendevano tornare a combattere assieme ai tedeschi, in via del tutto arbitrario ed in contrasto con i trattati internazionali, decisero di trasformare lo Status da "militari internati" in "civili internati", soggetti alla completa giurisdizione tedesca, privi delle garanzie internazionali. Ormai l'astensione dal collaborare coi tedeschi cominciò davvero ad essere "disperata", difficile, rischiosa.

In quelle condizioni di isolamento, di terrore e di violenza, in condizioni di fame, di crescente mortalità fra i commilitori, ciascuno fu costretto ad interrogare la propria coscienza. I militari italiani internati videro crescere in maniera esponenziale, e più che esponenziale, giorno dopo giorno il numero dei morti rispetto ai francesi, agli inglesi e alle altre nazionalità, che continuavano a godere -sulla scorta dei trattati internazionali- degli aiuti e delle garanzie prescritte per i prigionieri di guerra. La Croce Rossa Italiana, invece, non fu mai messa in condizione di soccorrere quei 700mila italiani rinchiusi nei lager.

I lavori forzati

Prima dell'8 Settembre 1943 la Germania era riuscita senza alcuna difficoltà a reclutare manod'opera italiana che volontariamente si recava in Germania per lavorare nelle sue fabbriche. Dopo l'armistizio, questa possibilità venne meno, proprio nel momento in cui quel paese venne a trovarsi in situazione di crescente necessità e bisogno per dedicarsi allo sforzo bellico senza l'impegno dell'ex alleato.

Il rimedio a cui ricorsero i tedeschi, dopo quella data, fu come abbiamo ricordato nelle pagine precedenti il rastrellamento di soldati e di lavoratori italiani. I soldati fu facile rastrellarli dal momento che il governo Badoglio lasciò tutti i comandi, in Italia e all'estero, senza disposizioni sul come comportarsi. In varie regioni d'Italia (Campania e non solo) i tedeschi rastrellarono tutti gli uomini che capitarono loro dai diciotto ai trentatre anni. Nel Settentrione furono trasferiti forzatamente macchinari e relative maestranze di alcune fabbriche in Germania. Tutti i "forzati" dai tedeschi furono -in questo caso- classificati "lavoratori civili".

Come vedremo, molti dei prigionieri internati pur di non morire di "inedia" accettarono di lavorare nelle aziende sia agricole che artigiane delle famiglie tedesche i cui uomini erano tutti stati arruolati nell'esercito germanico. Alcuni lavorarono, sempre al fine di sottrarsi alla vita dei lager, in fabbriche ed industrie pesanti.

Sicilia e Storia. Dai greci a ... (5)

 La Colonizzazione

I coloni greci che lasciavano la città d'origine su una nava con non più di cinquecento giovani, abbiamo già riportato che, non miravano ad espandere territorialmente la madre-patria: fondavano nuove città politicamente indipendenti dalla città di origine, con cui eventualmente instauravano rapporti commerciali e/o culturali. Non sussisteva quindi con la Madre-Patria un cordone ombelicale di tipo politico ma, generalmente, un rapporto di tipo mercantile.

Quale era il rapporto con gli indigeni (i siculi) con cui inevitabilmente prima o dopo lo sbarco e l'insediamento in Sicilia i Greci dovettero venirer in contatto ?  

Rapporti diversificati

Coloro che provenivano dalla Calcedonia in linea generale non instaurarono conflitti cruenti. Il re siculo Hiblon (Megara) che si vide arrivare una nave di giovani guerrieri greci sul suo territorio cedette spontaneamente una parte del territorio posto sotto la sua autorità perchè essi liberamente potessero fondare una colonia che si chiamò Megara Iblea. A Naxos e a Leontini i primi coloni greci ed i siculi convissero in stretta vicinanza e senza alcun contrasto. I greci, generalmente creavano le loro colonie in prossimità delle coste e da qui acevano penetrare all'interno dell'Isola prodotti e ceramiche provenienti dalla città Madre-Patria sfruttando le vie naturali dei fiumi. 

La presenza dei nuovi arrivati in terra di Sicilia lentamente iniziò ad influire sui costumi e sullo stile di vita degli indigeni locali: a) l'architettura e le sepolture dei siculi si uniformò piuttosto presto alle usanze dei greci; b) non tardò nemmeno il mescolamento di vivibilità fra le due etnie: furono gli artigiani greci che generalmente iniziarono a vivere all'interno dei centri siculi (Morgantina, Grammichele etc.) e mediante questo sistema pacificante di penetrazione già all'alba del '500 a.C. l'intera Isola Orientale, sino ad Enna,  si ritrovò ellennizzata. Tuttavia nella complessiva cultura dell'Isola, sia nel linguaggio che nella toponomastica, rimasero apporti di origine sicula.

Non ovunque la convivenza greci/siculi fu però pacifica. I coloni greci provenienti da Corinto non ebbero affatto un buon rapporto con i Siculi. I greci da Siracusa si spinsero all'interno, asservendo i siculi e fondarono ulteriori colonie (Akrai, Casmene, Camarina). Altri coloni greci, originari da Gheles, non ebbero nemmeno loro rapporti pacifici con le popolazioni locali.

Vedremo in seguito come furono i rapporti dei Greci con i Sicani e con gli Elimi, cioè con le popolazioni insediate nella parte occidentale della Sicilia.


Opere d'Arte. I capolavori di Santa Maria del Bosco e delle sue dipendenze (Lo Spasimo) (2)

 Ieri abbiamo pubblicato un breve testo sull'opera d'arte di Raffaello Sanzio "Lo Spasimo", rappresentazione di incommensurabile valore artistico,  che nel Settecento spagnolo dalla Chiesa palermitana dello Spasimo (dipendenza benebettina dei monaci olivetani di Santa Maria del Bosco) fu da Alfonso IV portata in Spagna ed oggi costituisce motivo di grande attrazione ed ammirazione  nel Museo del Prado di Madrid.

 Ci giungono alcune riflessioni relative a quell'opera,  che volentieri riportiamo qui.

"Si tratta di un'opera raffaelliana che possiede grande significato religioso e se si vuole di vita corrente. L'opera in più luoghi è denominata l'Andata al Calvario (o, appunto, Lo Spasimo di Sicilia). Le dimensioni sono di cm. 318x229 e su di essa sono venute fuori numerose copie di autori vari che sono visitabili facilmente in parecchi musei e chiese di Sicilia.

La lettura dell'opera può rinvenirsi nelle rappresentazioni che essa offre di San Giovanni, della Maddalena, della Veronica, del Cireneo, del centurione, dei militari a cavallo che,  fanno parte della composizione ed acquistano una propria forte identità autonoma ed un proprio significato di lettura.

Cristo carico della Croce, il dolore dell'Uomo flagellato che porta sulle spalle la Croce su cui morirà, ma che vuole rappresentare colui che si carica dei mali altrui per un progetto di riscatto dell'umanità intera. Si può leggere Lo Spasimo della Madre, nel patire per la sofferenza del Figlio; e poi quelle braccia tese sempre della Madre che contribuisce mediante il Figlio al riscatto dell'umanità, per un mondo umano".

Alle radici del Cristianesimo

 Una domanda rivolta all'Arcivescovo Vincenzo Paglia,  consigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio e presidente della Federazione Biblica cattolica internazionale, dal giornalista e scrittore: Saverio Gaeta.

Domanda: "Sommo architetti dell'universo" e "provetto orologiaio", ma anche "giocatore di dadi" e "prestigiatore": sono tutte le definizioni della divinità proposte dagli uomini in relazione alle credenze e alle ideologie da cui venivano ispirati. Nel Catechismo fatto pubblicare da Pio X nel 1913, che tanti cattolici d'oggi hanno imparato a memoria, Dio era descritto come "l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra (...), immenso, eterno, onniscente, onnipotente". E il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, approvato da Giovanni Paolo II nel 1992, ne parla come "il Principio e la Fine di tutto (...), colui che è ricco di grazia e di fedeltà (...), la Verità e l'Amore".  Proviamo a tradurre queste espressioni teologiche in un'immagine di Dio adeguato alla capacità di comprensione dell'uomo comune del nostro tempo?

Risposta: Dobbiamo ripartire ancora una volta dalle Sacre Scritture. E' nella Bibbia che ci viene mostrato il volto più chiaro di Dio, nei suoi moltemplici aspetti. E se anche soltanto un poco ci lasciamo trasportare dalle pagine bibliche a scorgere i tratti del volto di Dio sentiremo la comunicazione salirci nel cuore. Fin dalle prime pagine la Bibbia ci mostra il Creatore del cielo e della terra non come un Dio lontano e freddo, ma come colui che va in cerca dell'uomo, anche quando si allontana e si smarrisce nella tristezza del peccato. Ovviamente non si nega quel che molti di noi hanno appreso da bambini su Dio come l'Essere perfettissimo. Ma il Dio bibblico si manifesta in modo ben più ricco.

L'Esodo presentya il Signore commosso nel vedere il suo popolo schiavo in Egitto e deciso a scendere sulla terra personalmente per liberarlo. E assicura la sua vicinanza e la sua protezione per sempre.  E poi Dio appare tenero come una madre che prende in braccio i figli per far sentire loro il suo amore; e si mostra anche come il difensore dei poveri e dei deboli, dell'orfano e della vedova. Ma è anche un Dio esigente nell'amore, sino a dirsi geloso; e tuttavia perdona e accoglie chiunque si penta. Ha il volto del pastore buono cher raccoglie i figli dispersi e che va in cerca anche di una sola pecora smarrita.

  Alla fine, il suo amore per noi lo costringe a mandare sulla terra il suo stesso Figlio perchè tutti gli uomini possano vedere con i loro occhi il suo volto e toccare con le loro mani il suo amore. L'apostolo Filippo -che quasi spazientito, chiedeva a Gesù: "Mostraci il Padre e ci basta"- si sente rispondere: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Giovanni 14,9). Il Vangelo, centro di tutta la Bibbia, ci mostra il volto di Dio in quello di Gesù. E' un volto tenero, forte, misericordioso, compassionevole, che si china fino ai piedi dei discepoli, sino a morire sulla croce per salvare il mondo. E' questo il volto di Dio che la Bibbia man mano ci fa scoprire e incontrare: Gesù Cristo. Con ragione perciò ci chiamiamo cristiani. Siamo certi che, seguendo Gesù, giungiamo al Padre: anzi già l'abbiamo già raggiunto in lui.

Una Riflessione

 "Non ci sono

libri morali o immorali.

Ci sono

libri scritti bene

o scritti male."



Oscar Wilde

scrittore, aforista, poeta, drammaturgo, 

giornalista e saggista irlandese 

(1854-1900)

sabato 30 gennaio 2021

Crisi di governo. Finora nessun progresso

 1) A che punto siamo?   M5s, Pd e LeU all'unisono dicono: avanti con Conte! - Renzi piglia tempo e dice: I contenuti vengono prima dei nomi. Zingaretti dice: "Chiediamo a tutte le forze politiche di stare in questo confronto con volontà e spirito costruttivo, indispensabili per ottenere i risultati"

2) Sull'accordo di programma per fine legislatura sembrano tutte le parti contraenti in pieno accordo, ma Renzi specifica (come se pensasse ad altro): preferiamo un governo politico ma siamo pronti anche a un governo istituzionale, ossia guidato da una "grande personalità" e sostenuto da chi ci sta. Aggiunge il leader di Italia Viva: Questa "Non è una crisi che nasce dalle antipatie, ma dalle risposte ai cittadini. Siamo disposti a fare la nostra parte su un documento scritto". 

3) Il dilemma dovrà essere sciolto entro martedì quando il presidente del Senato, Fico, dovrà riferire al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sull'esito delle consultazioni.

4) Scricchiolii, intanto, si avvertono all'interno del M5S:  a) i pentastellati hanno fatto cadere il veto su Matteo Renzi, b) ma dall'ala di Di Battista è arrivato un no a Italia Viva, e al momento non si capisce se di vera fronda si tratti.

Opere d'Arte. I capolavori di Santa Maria del Bosco e delle sue dipendenze (Lo Spasimo)

 

La Storia Siciliana dal Medio Evo, passando per la Modernità fino ad arrivare alla Contemporaneità, ha sempre visto la popolazione locale dedita ad accrescere i tesori artistici e architettonici delle Chiese.

 Più si leggono libri e più si spulciano le pagine di Storia e più si scopre che se  il pro-pretore di Sicilia Gaio Verre, decenni prima di Cristo. fu accusato da Cicerone di ruberie e saccheggi del tesoro pubblico per fini personali, tesoro sottratto anche alla città di Entella, non da meno pare si siano adoperati i cattolicissimi Re di Spagna nello spogliare le chiese ed i monasteri di Sicilia.

 Il quadro qui accanto raffigura Gesù Cristo caduto sotto la Croce, opera di Raffaello Sanzio e raffigura lo sgomento di Maria dinanzi al Cristo caduto sotto il peso della croce; esso risulta "ceduto" (nessuno sa dire se preteso) a Filippo IV di Spagna dal Priore della Chiesa di S. Maria dello Spasimo in Palermo. 
Per chi non lo sapesse quella Chiesa e quei monaci dello Spasimo costituivano una dipendenza dell'Abazia di Santa Maria del Bosco. Quel capolavoro oggi si trova al Museo del Prado, a Madrid.
Moltissime altre sono le opere d'arte commissionate e realizzate per la Sicilia e che nei secoli sono divenute attrazioni di primo piano in più capitali estere.

Una Riflessione

 "I libri hanno

gli stessi nemici dell'uomo:

il fuoco,

l'umidità, 

il tempo,

e il proprio contenuto".



Paul Valery

scrittore, poeta e filosofo francese.

1871-1945



venerdì 29 gennaio 2021

Crisi di governo. Aspettando il sereno

 E tuttavia restano tante insidie, ancora

1) Madato esplorativo al Presidente della Camera Fico: Mattarella entro martedì vuole sapere se esistono le condizioni di ricomporre la ptrecedente maggioranza di governo.

2) Il M5S  oggi pomeriggio -dopo l'incontro col Presidente della Repubblica- ha confermato l'appoggio a Conte e l'apertura a Italia Viva. "Siamo al fianco di Fico, bisogna togliere gli elementi divisivi".

3) Diversa la posizioner dei tre leaders del Centro-Destra, presentatisi insieme al Quirinale:  "Abbiamo chiesto al presidente Mattarella di sciogliere le Camere e valutare le elezioni".

4) Renzi, da parte sua fa sapere che non esiste nessuna preclusione al reincarico: «Se si parla con schiettezza si può lavorare»

5) Di Battista attacca: «Prendo atto che la linea del M5S è cambiata, se è così arrivederci»

76 anni fa. La guerra si avviava alla conclusione e vennnero subito fuori stermini e atrocità

 Nei Lager nazisti veniva attuata la separazione dei deportati in

-politici

-razziali (ebrei)

-militari.

Questi ultimi furono posti sotto il controllo e la giurisdizione della Wehrmacht, mentre i due gruppi precedenti furono posti sotto il controllo e la giurisdizione delle SS.

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Come abbiamo riportato in pagine precedenti del blog entro il mese di Settembre 1943 la quasi toitalità dell'Esercito italiano fu fatto prigioniero e già deportato in Germania (la Germania di allora era molto più estesa ad Oriente, comprendendo territori oggi polacchi, russi e di paesi post-Unione Sovietica). Furono deportati non solo militari incaricati di combattere, ma anche militari addetti ai presidi di depositi, agli uffici e agli ospedali. All'atto della cattura a tutti fu proposto di far parte dell'esercito tedesco e nell'istante in cui la quasi totalità degli italiani  rifiutò la gran massa di essi fu trasferita -su carri bestiame- in Germania. A coloro che furono presi prigionieri nei Balcani (Grecia, Albania, Jugoslavia) fu promesso che i treni erano diretti in Italia.

Arrivati nei Lager i militari italiani furono sottoposti ad intimidazioni perchè si arruollassero nell'Esercito tedesco; successivamente le intimidazioni furono usate per spingere i deportati ad arruollarsi nell'esercito della costituita Repubblica di Salò. A sollecitare in quella direzione i prigionieri arrivarono nel Lager diplomatici e politici italiani, collaborazionisti, per illustrare i vantaggi rispetto alla vita da deportati nei campi di concentramento. Nemmeno queste iniziative di persuasione -come detto- invogliarono quei 700mila italiani deportati.

Nei campi desolati e squallidi gli ufficiali furono separati dai soldati. Soldati italiani e russi in più campi furono ammassati insieme; così capitò ad un contessioto da cui abbiamo attinto gli spunti a quanto stiamo riportando. Gli italiani arrivarono in quei campi dopo che in ciascun campo erano morti migliaia di ucraini e di russi, poi sepolti in fosse comuni  ai margini dei reticolati del campo, in piena campagna circostante. Quelle fosse costituivano una sorta di avvertimento a non farsi illusioni circa l'uscita da vivi dal campo, se non accettando l'arruolamento nell'esercito di Salò.

Ai militari italiani fu assegnata la qualifica di "internati militari", piuttosto che di prigionieri di guerra, per togliere loro le garanzie a tutela dei prigionieri di guerra (Convenzione di Ginevra sui Prigionieri, del 1929). 

 La vita dei campi implicava l'obbligo ogni mattina di raccogliere le varie decine di morti per freddo e fame e di ammassarli nelle fosse comuni che già accoglievano ucraini e russi. Ed intanto fra i prigionieri si soffriva la fame e il freddo dell'inverno, fame e freddo tipico dei territori  russo-polacchi. Il freddo eliminò in quell'inverno -come era prevedibile- parecchi italiani e la fame ne fece morire tantissimi altri. 

Capitava talvolta che alcune donne polacche dei villaggi vicini si avvicinassero -nei momenti in cui la sorveglianza era sviata da altre incombenze- ai fili spinati che circondavano i campi e buttassero all'interno capi di abbigliamento usati e pezzi di pane avvolti negli stracci: accadeva allora che quei prigionieri diventassero come cani arrabbiati per acchiappare per prima quei frutti della pietà umana.

 Proveremo a capire in seguito come trascorreva la giornata nei campi, che divennero pure campi di lavori forzati.

Una Riflessione

 "Quando leggo un libro,

desidero che anche tu

lo stia leggendo.

Voglio sapere cosa

ne pensi.

Non è forse amore, questo".



Gabrielle Zevin

scrittrice e sceneggiatrice 

statunitense

24 Ottobre 1974

giovedì 28 gennaio 2021

Mondo Arbëreshe. Spesso, anche le “Miss Italia” parlano ...albanese .

 Se Alessandro Magno parlava in lingua albanese, se il Risorgimento italiano parlava ...Arbëresh, se il Risorgimento greco parlava ...Arvanita, beh, non meravigliatevi se, spesso, anche le “Miss Italia” parlano ...Albanese . 

di Ernesto Scura

Da bambino, durante i mesi estivi, trascorrevo le vacanze a Vaccarizzo Albanese, paese d’origine dei miei genitori. Un paesino arbëresh, come tanti, di albanesi provenienti dalla Morea, l’attuale Peloponneso, giunti in Italia oltre 500 anni orsono. Direte: Come? Dalla Morea che era in Grecia? Ma non siete giunti dall’Albania a seguito dell’invasione turca ? E poi parlate albanese, mica greco.

E allora occorre fare alcune precisazioni, specie rivolte agli attuali arbëresh che, inconsapevoli, sono convinti che il loro esodo è avvenuto dalle sponde dell’Albania per sfuggire ai feroci occupanti turchi, onde evitare l’islamizzazione. Partiamo dal fatto che giunti in Italia ci chiamavano greci, mica albanesi. Ciò era dovuto alla circostanza che eravamo di religione cristiana di rito greco bizantino, e il termine “greco”, specie in quei tempi di contrasti e le differenziazioni religiose, allora molto esasperate, (conflitto Roma-Bisanzio) caratterizzavano l’etnia, la cultura, la fede, l’indole, la morale e l’orgoglio dei popoli. E gli arbëresh non sfuggivano a questo impegno che ne rivelava origini e fede. Ed è per questo che, con una velata punta di disprezzo, il clero latino faceva sì che ci chiamassero “Greci”, per via del rito religioso, officiato dai nostri “papas”, tutto in lingua greca, essendo noi “ortodossi” di rito greco. E non crediate che noi arbëresh, senza reagire, ingoiassimo quel “rospo” e, di rimando, chiamavamo gli autoctoni “lëtira” cioè...”Latini”.
Ma che strano modo quello di poter credere che l’uso di due termini tutt'altro che offensivi potessero essere intesi come... offesa. Ma così andavano le cose, sull’onda di malcelate gelosie tra le due confessioni religiose, la Cattolica e l’Ortodossa, in spietata concorrenza liturgica che, soprattutto, coinvolgeva il potere spirituale e quello temporale. Esempi: Il più importante paese arbëresh, in Italia, si trova in Sicilia e, fino a non molti decenni orsono, si chiamava “Piana dei...Greci” (oggi Piana degli Albanesi). E ancora, l’unico Comune arbëresh della Campania, si chiama Greci, ma è abitato unicamente da albanofoni.
Dunque, venivamo dalla Grecia, però parlavamo ...albanese. Comunque, per essere molto più convincenti, invito il lettore, arbëresh che sia o no, a cosiderare il canto più struggente e malinconico della tradizione arbëresh, tutto pervaso di tragico pathos per il doloroso esodo dalla terra natia, e nel melodioso testo non fa mai cenno ad una patria “Albania”, ma ripete, con ossessiva reiterazione, il richiamo ad una “Oj e bukura Moré”, cioè “O mia bella Morea”, unica, vera, irrinunciabile Patria, a voler sancire il legame tra gli arbëresh e l’antica MOREA, come allora si chiamava l’attuale Peloponneso greco.
E allora bisogna fare un altro passo indietro, di altri ulteriori trecento anni, per capire cosa succedeva sulle opposte rive del mare Jionio e dell’Adriatico. Intorno alla fine del 1200 la Grecia faceva parte del favoloso e prospero impero bizantino la cui capitale era, appunto, Bisanzio. Avvenne che (allora era una calamità frequente) una pandemia micidiale colpisse la Grecia. Era la“Peste Nera”che, senza alcuna possibilità di prevenzioni e cure allora disponibili, seminava morte e desolazione. E la Grecia, la storica e gloriosa Grecia, pagò un prezzo enorme a questa catastrofe, con la decimazione della popolazione ridotta a pochi sopravvissuti che non avrebbero mai potuto assicurare continuità etnica e culturale a quella terra. E Bisanzio, onde scongiurare un innaturale ripopolamento da parte degli invadenti slavi, già tristemente insediati nei Balcani dove, in gran parte, avevano cancellate le vestigia illiriche, fu lungimirante, favorendo un più gradito insediamento di popolazioni albanesi, peraltro millenari vicini storici la cui cultura era anche affine a quella greca.
E fu così che la Grecia di Omero e di Socrate si albanesizzò pur conservando la sua interezza culturale, favorendo un bilinguismo tuttora in atto. Se siete arbëresh, provare a conversare con qualche arvanita delle migliaia di paesi albanofoni di Grecia, vi sembrerà di parlare con un Arbëresh d’Italia, tanta è la similitudine delle due parlate. E voi non vi saprete più capacitare se siete in Grecia o nella Arbëria italiana, e l’arvanita comincerà ad avere dubbi se è in Italia o in Grecia. Molti arbëresh hanno provato, almeno una volta, a parlare con un albanese d’Albania. Ebbene, non mi vengano a dire che il dialogo è stato sciolto e fluente, perché so benissimo che sarà stata una tortura, sia capire che farsi capire. Ma torniamo alla Storia. Bisanzio andava anche oltre. Consapevole delle capacità belliche degli albanesi, favorì la formazione di quelle scuole milltari di “Stradioti”, tuttte localizzate in Morea, che furono il maggior vivaio europeo di sodati di ventura, quei terribili “Stradioti” che furono presenti e determinanti in tutte le più famose battaglie d’Europa,ai quali furono riconosciuti onori e meriti e non fu mai negato il diritto di preda. E Venezia, la potente “Serenissima”, deve molto alle capacità belliche di quei mercenari di cui si servì costantemente e verso i quali fu copiosamente riconoscente conferendo titoli nobiliari e gratificazioni.
In tono minore, gli arbëresh pervenuti in Sud Italia, sempre da quella Scuola provenivano, e non arrivarono “sul gommone” inseguiti dai turchi, bensì su comode navi messe a disposizioni dei vari principi e baroni locali ansiosi di avere a disposizione soldati di provata capacità e lealtà, in cambio di insediamenti stabili. E non vestivano di stracci, e le loro donne, abbigliate con costosissimi vestiti ricchi di preziose guarniture dorate, facevano sfoggio di un’eleganza raffinata. E non stiamo, parlando di un vestito della festa, bensì dell’abbigliamento giornaliero, vero patrimonio sia per costo che per raffinatezza della confezione.
E avvenne che quegli arbëresh. col passar dei secoli, pur senza mai dimenticare le loro origini, furono di sentimenti talmente italiani, da doversi attribuire il maggior merito del risorgimento italiano, almeno nel Sud Italia. Non per nulla, nel primo governo provvisorio istituito da Garibaldi a Napoli, sui sette ministri che componevano la compagine, ben tre erano arbëresh: -Francesco Crispi, arbëresh di Sicilia, ministro degli Esteri; -Luigi Giura, giovane docente alla facoltà di ingegneria di Napoli, arbëresh di Maschito in Basilicata, ministro dei Lavori Pubblici. -Pasquale Scura, magistrato arbëresh di Vaccarizzo Albanese, guardasigilli (ministro di Grazia e Giustizia).
Ma il contributo degli arbëresh non si limitò soltanto al nostro Risorgimento, di cui furono “magna pars”, ma ebbe una stretta analogia con quello greco che, nella lotta contro il turco opppressore, vide impegnati, per la maggior parte, intellettuali e patrioti “arvanitii” che, poi, altro non erano che i nostri fratelli rimasti in Grecia. Primo, fra tutti Marco Botzaris, arvanita di Suli, paese tuttora albanofono dell’Epiro greco. E poi, come non considerare appassionatamente italiane quelle arberësh che con la loro bellezza contribuirono ad arricchire il favoloso albo delle “Miss Italia” che annovera ben tre splendide rappresentati della bellezza arbëresh:
-AnnaMaria Bugliari, di genitori arbëresh di Santa Sofia d’Epiro, acclamata Miss Italia nel 1950;
-Brunella Tocci, di genitori arbëresh di San Martino di Finita, acclamata Miss Italia nel 1955;
-Edelfa Masciotta, di genitori arbëresh di Greci, in Campania acclamata Miss Italia nel 2005;

E poco mancò che non si aggiungesse, nel 1998, un’altra perla alla collana delle “Miss Italia” arbëresh, con la splendida ANNA TAVERNISE con discendenze materne da Vaccarizzo Albanese. Di Edelfa Masciotta, sconvolgente l‘intervista subito dopo la sua proclamazione: < sono nata a Torino da genitori originari di un paese della Campania in cui si parla... greco>. Aveva confuso, in totale disinformazione, il nome del paese, Greci, con l’etnia.

Ernesto SCURA
NOTA:
Uno dei più grandi storici tedeschi, Theodor Mommsen, premio Nobel per la letteratura, nella sua imponente “Storia di Roma Antica,” a proposito degli albanesi, dalla cui compagine riconosce la storica estrazione di molti imperatori romani, a cominciare da Diocleziano, scriveva:
UNA VIGOROSA RAZZA D’UOMINI. GENTE SOBRIA, TEMPERATA, IMPAVIDA, ALTERA. ECCELLENTI SOLDATI.
E se lo dice il MOMMSEN...
E noi, che Mommsen non siamo, osiamo aggiungere ALESSADRO MAGNO, figlio di Filippo il macedone, si, però, pur sempre ,figlio di Olimpiade, principessa d’Epiro, albanese scaltra ed ambiziosa che, di quell’ALESSANDRO albanofono, accortamente allevato nella cultura e nella tradizione albanese, nel mito degli eroi omerici, fece uno straordinario e degno conquistatore di gran parte del mondo fino ad allora conosciuto, cioè un MEGALOS ALEXANDROS. .

Crisi di governo. Renzi ritiene di avere dalla sua parte il bandolo della matassa

Il leader Iv: 

"No maggioranza raccogliticcia e populista".


1) La seconda giornata di consultazioni di governo al Quirinale dopo le dimissioni del governo Conte ha visto la salita al Colle della delegazione di Italia Viva (Renzi) e del Partito Democratico (Zingaretti)

2) Renzi ha dichiarato di essere disponibile ad appoggiare sia un governo politico che uno istituzionale, fermo restando la condizione che prima si tratti fra i contraenti sul come affrontare i gravi problemi che stanno davanti al Paese e poi, alla fine, di nomi.

3) Zingaretti ha confermato piena fiducia ad un terzo governo guidato da Giuseppe Conte.

4) In verità Renzi ha posto una condizione al Capo dello Stato: "Prima va appurato se i partners della disciolta maggioranza intendono dialogare con noi". Il punto è connesso alle dichiarazione di più esponenti M5S "mai più con Renzi".

5) Sempre Renzi, a quanto riportano più fonti, durante le consultazioni con Sergio Mattarella, avrebbe detto di non essere disponibile all'ipotesi di un re-incarico a Giuseppe Conte, optando piuttosto per un mandato esplorativo conferito al presidente della Camera, Roberto Fico. 

6) Dal Centro-Destra, il forzista Tajani ha dichiarato: ""Serve una maggioranza diversa: o una maggioranza per un governo dei migliori che aiuti il Paese, oppure, se la sinistra non è disponibile, si vada al voto".

7) Domani salirà al Quirinale la delegazione del M5S, che stranamente dopo le dichiarazioni di Renzi, non ha finora mosso alcuna reazione.

Obiettivi di esistenza. Vivere in una società dove non esistono grovigli di potere

  In più contesti culturali e non Leonardo Sciascia viene a trentadue anni dalla morte ancora oggi ritenuto un intellettuale tuttora attuale per le sue puntuali e argute analisi della società siciliana. Il nostro Blog in anni passati ha dedicato parecchie pagine allo scrittore agrigentino. Ciò che più ha attirato la nostra attenzione e le nostre riflessioni sono le analisi  ed i temi sull'ingiustizia che da secoli lontani pervade la società siciliana, Oggi forse in maniera più insidiosa che ieri essendo aumentati e non diminuiti i sottili profittatori sulla pelle altrui. 

  I libri di Sciascia  è ben noto che sempre hanno un taglio rivolto allo smascheramento dell'ingiustizia (cfr Filippo Falcone, scrittore).  La giustizia a cui ci stiamo riferendo è un'espressione non sempre facile da individuare e comunque non è quella che si discute nei tribunali. Chi ha fatto studi classici ci spiega immediatamente che nell'antica Grecia si sosteneva e si scriveva che la "giustizia" non sempre va affiancata a chi esce vincitore da un confronto o da uno scontro. Sofocle, filosofo greco, al pari di Sciascia ha individuato ed ha riconosciuta che la giustizia la si ritrovas negli sconfitti della Storia. Non esiste per lo scrittore siciliano una giustizia che sia uguale "egualitaria", o interpretata ugualmente, in modo uniforme, per tutti i componenti della società. Quella di Sciascia fu una battaglia  che da radical-socialista portò avanti lungo tutta la sua vita, da illuminista ma anche da uomo politico e soprattutto da scrittore. "Tutto è legato per me, al problema della giustizia: in cui si involge quello della libertà, della dignità umana, del rispetto tra uomo e uomo".  

Contessa Entellina. Quella domenica di cinquantatre anni fa (5)

  Estratti dalla

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE 

D'INCHIESTA SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI PER LA RICOSTRUZIONE 

E LA RIPRESA SOCIO - ECONOMICA DEI TERRITORI DELLA VALLE DEL BELICE 

COLPITI DAI TERREMOTI DEL GENNAIO 1968 

(Istituita con legge 30 marzo 1978, n. 96)  

Prima parte pubblicata (Pigiare qui)

Seconda parte pubblicata (Pigiare qui)

Terza parte pubblicata (Pigiare qui)

CAPITOLO II 

I RAPPORTI TRA L'ISPETTORATO GENERALE PER LE ZONE TERREMOTATE E L'ISTITUTO PER LO SVILUPPO DELL'EDILIZIA SOCIALE

 Le convenzioni tra l'Ispettorato e l'ISES. 
Le convenzioni stipulate tra l'Ispettorato e l'ISES riguardano esclusivamente i 14 Comuni soggetti a trasferimento totale o parziale dell'abitato. Esse non riguardano, invece, gli altri numerosi comuni che, con i decreti del Ministero dei lavori pubblici in data 10 maggio 1968 e 20 maggio 1968, sono stati ammessi a « ...beneficiare delle provvidenze previste dal deoretoJegge 27 febbraio 1968, convertito nella legge 18 marzo 1968, n. 241 ».
  Nel quinquennio che intercorre tra l'ottobre 1968 ed il dicembre 1973, tra l'Ispettorato e l'ISES sono state stipulate complessivamente 8 convenzioni. Di queste, una non è stata approvata dall'Ispettorato e non ha avuto, quindi, alcun seguito (convenzione n. 5 del 23 marzo 1970, n. di rep. 234). Altre due convenzioni (la n. 7 e la n. 8, riguardanti aggiunte ed interpretazioni delle convenzioni nn. 2 e 4 stipulate entrambe I'll febbraio 1973, nn. di rep. 737 e 738), pur essendo state approvate dall'Ispettorato in data 14 febbraio 1973, non hanno avuto pratica attuazione. Pertanto, esse non saranno prese in considerazione. Infine, la convenzione n. 6 (n. di rep. 237), stipulata il 19 aprile 1970 ed approvata dall'Ispettorato il 23 aprile 1970, riguarda studi ed indagini geognostiche su tei reni «da scegliere o prescelti» per il trasferimento degli abitati. Le rimanenti quattro convenzioni, riguardano invece problemi direttamente attinenti all'opera di ricostruzione e di ristrutturazione delle zone colpite dal sisma. In particolare: determinazione dei fabbisogni di alloggi e di opere di urbanizzazione primaria e secondaria; determinazione della quantità di aree necessarie ai nuovi insediamenti ed indicazioni sulla loro localizzazione, anche in rapporto alle previsioni di sviluppo socio-economico e di assetto territoriale delle zone interessate e della Sicilia occidentale nel suo complesso; struttura urbanistica ed edilizia degli insediamenti e dotazione di infrastrutture e di servizi; progettazione di massima ed esecutiva, direzione, assistenza al collaudo e alla liquidazione dei lavori da realizzare. Tali convenzioni sono indicate qui di seguito. 

Convenzione n. 1. 
Prima convenzione studi, n. di rep. 4, stipulata l'8 ottobre 1968 ed approvata nello stesso giorno dall'Ispettorato, per un importo di lire 350.000.000. 
La convenzione si riferisce a 10 comuni, di cui 8 in provincia di Trapani: Gibellina, Salaparuta, Poggioreale, Salemi, San,ta Ninfa, Partanna, Vita, Calatafimi; due in provincia di Agrigento: Montevago, Santa Margherita Belice. 
Convenzione n. 2. 
Prima convenzione lavori n. di rep. 121, stipulata il 17 giugno 1969 ed approvata dall'Ispettorato il 26 giugno 1969. L'ammontare complessivo delle opere da realizzare è presuntivamente indicato in lire 45 miliardi 260.060.000, ammettendosi esplicitamente la possibilità di variazione in più o in meno di detta somma, a seconda delle necessità che dovessero presentarsi in sede di costruzione. La convenzione si riferisce ai 10 Comuni di cui alla convenzione n. 1. 
Convenzione n. 3. 
Seconda convenzione studi, n. di rep. 124, stipulata il 26 ottobre 1969 ed approvata dall'Ispettorato il 28 ottobre 1969, per un importo complessivo di lire 68.000.000. La convenzione si riferisce a 4 Comuni di cui due in provincia di Agrigento: Menfi e Sambuca di Sicilia; due in provincia di Palermo: Camporeale e Contessa Entellina. 
Convenzione n. 4. 
Seconda convenzione lavori, n. di rep. 231, stipulata il 27 febbraio 1970, ed approvata dall'Ispettorato il 7 marzo 1970. L'ammontare complessivo delle opere da realizzare è presuntivamente indicato in lire 8.818.500.000, ammettendosi esplicitamente la possibilità di variazione di detta somma, come indicato nella convenzione n. 2. La convenzione si riferisce ai 4 Comuni cui alla convenzione n. 3. Analisi delle convenzioni-studi (nn. 1 e 3). Nella premessa al testo di ambedue le convenzioni, si dice esplicitamente che la « ...ricostruzione non deve essere intesa come un semplice ripristino dello stato quo ante al disastro, ma deve anche tendere al miglioramento sostanziale delle situazioni generali ed ambientali... che si concretizzerà anche in più moderne ed efficienti progettazioni... appare necessario che le progettazioni medesime siano precedute da un congruo corredo di studi... che abbracciano tutte le questioni tecniche, sociologiche ed economiche delle zone interessate ». 
L'opportunità di procedere alla ricostruzione nel quadro di una più ampia strutturazione del comprensorio, è chiaramente espressa dall'Ispettorato ed è ulteriormente sottolineata dall'ultima parte della citata premessa, che sembra implicitamente riferirsi all'articolo 59 della legge n. 241. Ciò non esclude, ovviamente, che vi possa essere stata una certa influenza dell'ISES sull'Ispettorato nel momento della redazione del testo delle convenzioni. Una simile eventualità potrebbe essere avvalorata dal fatto che l'ISES « era presente nel Belice immediatamente dopo il terremoto » e che si sono potuti rilevare indizi circa ima attività svolta dall'ISES in riferimento alla Valle del Belice nel periodo di tempo antecedente le convenzioni. Le convenzioni di studio sono articolate su due fasi nettamente distinte fra loro. 
La fase « A », definita « indagine estimativa di massima » e la fase « B », definita « fase di definizione complessiva ». Anche i tempi di consegna, da parte dell'ISES, degli elaborati relativi, sono diversi per le due fasi, prevedendosi per la prima un termine di 30 giorni dalla data dell'approvazione dell'Ispettorato e, per la seconda, il termine di 180 giorni dalla data di comunicazione dell'avvenuta registrazione da parte della Corte dei Conti del provvedimento di approvazione delle convenzioni. A - prima fase. 
La prima fase, o fase « A », delle convenzioni nn. 1 e 3 è articolata su sei punti, contraddistinti con le lettere da a) ad /).
 I punti a), b) e c) riguardano, rispettivamente, la verifica del numero dei nuclei familiari rimasti senza tetto e che necessitano di un nuovo alloggio; la ripartizione di tali nuclei familiari tra proprietari e locatari (ai sensi degli articoli 1 e 3 della legge n. 241); la conseguente stima del numero degli alloggi da realizzare a totale carico dello Stato e di quelli da realizzare con il contributo dello Stato. 
Il punto d) riguarda la stima di massima della quantità di aree necessarie alla costruzione dei suddetti alloggi e delle relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma non investe il problema della loro localizzazione. 
Il punto e) riguarda la stima dei costi e degli stanziamenti necessari alla realizzazione delle opere previste ai precedenti punti d) ed e).
Nel complesso, la linea di lavoro seguita nella fase « A » appare logica ed unitaria, in quanto parte dell'accertamento obiettivo dei fabbisogni per giungere poi, attraverso successive approssimazioni, fino ad una prima indicazione della quantità delle opere, dei costi e degli stanziamenti necessari. Per quanto riguarda i primi tre punti, tuttavia, va notato il fatto che un compito basilare e prioritario, come quello della determinazione dei nuclei familiari rimasti senza tetto e la loro ripartizione tra le due categorie dei proprietari e dei locatari, sia stato affidato ad un istituto esterno, sia pure di carattere nazionale, e non sia stato invece assolto direttamente dalle amministrazioni locali e dagli organi decentrati dello Stato. 
B - Seconda fase. 
La fase di « definizione complessiva », o fase « B », delle convenzioni nn. 1 e 3 si articola su 11 punti, contraddistinti da numeri cardinali progressivi. I punti da 1) a 5) riguardano complessivamente l'analisi
dello stato di fatto per ciò che concerne l'ambiente fisico, la configurazione e la consistenza edilizia dei vecchi abitati, delle infrastrutture e delle attrezzature sociali; la situazione demografica e socio-economica delle aree interessate al trasferimento e la struttura della popolazione; l'analisi delle attività produttive nei settori primario, secondario e terziario e le prospettive di sviluppo e di trasformazione di tali attività. 
Il punto 6) configura un raffronto tra la situazione esistente prima dei terremoti del gennaio 1968 e quella creatasi in seguito al sisma. 
Il punto 7) considera problemi di natura antropologica e sociologica in relazione alle reazioni della popolazione alla prospettiva del trasferimento, 
mentre il punto 8) è relativo ai problemi che possono essere individuati dall'analisi dello stato di fatto in relazione al trasferimento degli abitati. 
Di diversa natura sono invece i problemi sollevati dai punti 9), 10) e 11), poiché si ritorna alla linea di lavoro, già abbozzata nella fase « A », tendente alla determinazione dei fabbisogni di opere, specificandoli con indicazioni sui criteri di pianificazione territoriale e di assetto urbanistico ed edilizio. In particolare, 
il punto 9) richiede la determinazione dei fabbisogni di intervento e la determinazione delle soluzioni dei problemi di una prospettiva riferita ad un « congruo » periodo di tempo.
Il punto 10) è relativo alla configurazione di modelli insediativi, alle ipotesi di assetto infrastrutturale ed agli schemi di struttura urbana. 
Il punto 11) si riferisce a vere e proprie elaborazioni progettuali che giungono fino alla configurazione planivolumetrica dei nuovi insediamenti, alla specificazione del tipo di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e dei tipi edilizi residenziali. 
Analisi delle convenzioni-lavori (nn. 2 e 4). Nella premessa a tali convenzioni si sottolinea ancora una volta l'importanza dei lavori da eseguire e la necessità di: « ...massicci e radicali interventi » nel campo dell'edilizia residenziale e delle infrastrutture; si richiama l'esigenza di « studi approfonditi » e competenze tecniche di carattere polivalente, sia durante la fase di progettazione che durante la fase di esecuzione dei lavori; si accenna alla circostanza che sono stati disposti i « mezzi per la ricostruzione delle opere a carico dello Stato ». 
Le convenzioni riguardano (art. 1) « ...la progettazione, l'esecuzione e la direzione, compreso l'appalto, delle opere a carico e di competenza dei Ministero dei LL.PP. di edilizia abitativa e infrastrutturale, nonché le altre opere di edilizia quali strade fognature, rete idrica, rete di illuminazione, edifici scolastici, edifici pubblici e di uso pubblico di competenza dei comuni, alle quali si provvede a totale carico dello Stato... » (1). 
(1) In sostanza, si tratta dell'affidamento in blocco all'ISES di tutte le opere previste dall'articolo 1 della legge n. 241. 

Segue l'elenco dei primi 10 comuni, nella convenzione n. 2, e degli altri 4 comuni nella convenzione n. 4. Le aree, in riferimento alle quali dovranno essere redatti i progetti delle opere di cui si è detto, dovranno essere indicate all'ISES da parte dell'Ispettorato. Dalla data dell'indicazione delle aree prescelte e della comunicazione delia possibilità di accesso a tali aree per i necessari rilievi, si fa decorrere il computo dei 180 giorni stabilito per la consegna degli elaborati da parte dell'ISES. Trascorso tale termine si calcolano le penali stabilite per eventuali ritardi (art. 2). 
In merito a queste clausole si impone una osservazione. 
In apparenza, l'articolo 2 riguarda semplicemente i termini di consegna e fissa le eventuali penali, ma in realtà investe un argomento delicato e cioè quello della scelta delle aree per le opere che dovranno sorgere nelle località di trasferimento. Non appena approvati i progetti delle opere da parte dell'Ispettorato e comunicata la disponibilità delle aree prescelte, l'ISES provvede agli appalti dei lavori « ...sulla base di elenchi di ditte di volta in volta approvati dall'Ispettorato.. » (art. 3). 
Oltre alla progettazione di massima ed esecutiva delle opere, per le quali l'ISES è autorizzato ad avvalersi della collaborazione di liberi professionisti esterni (2), 
(2) (Non facendosi alcun accenno ai criteri con cui procedere nella scelta dei professionisti esterni, né ai requisiti che questi ultimi devono possedere, né ad eventuali incompatibilità (fatte salve, evidentemente, quelle stabilite dall'ordinamento professionale), si deve concludere che questa materia è stata lasciata a totale discrezione dell'ISES)
sempre l'ISES si impegna a procedere a tutti i rilievi, compresi quelli geognostici, ed a compiere tutti gli adempimenti preliminari all'appalto. Gli adempimenti finali (collaudo, consegna delle opere e liquidazione dei lavori alle imprese) verranno svolti a cura e con la supervisione dell'Ispettorato attraverso collaudatori e liquidatori da esso nominati. L'ISES dovrà fornire la necessaria assistenza tecnica. Tuttavia l'Ispettorato conserva alcuni poteri di rilievo ed importanti come l'approvazione degli elenchi delle ditte ammesse a partecipare alle gare di appalto, del collaudo e della liquidazione delle opere. Gli articoli dal 5 all'8 della convenzione in esame si riferiscono ai compensi spettanti all'ISES per l'esecuzione di rilievi, studi e indagini geognostiche, per la progettazione delle opere e degli altri adempimenti sopra ricordati. 
Praticamente, i rilievi, gli studi e le indagini geognostiche verranno compensati a seguito di presentazione di una nota delle spese sostenute, maggiorata secondo un coefficiente che varia dal 2 all'8 per cento di tali spese, in dipendenza della natura del lavoro (prospezioni geognostiche, prove sui materiali, perizie di varianti etc.). 
Il compenso per le progettazioni è invece fissato in tutti i casi nella misura dell'8 per cento dell'importo netto dei singoli lavori liquidati. Per i progetti che per motivi di forza maggiore dovranno essere abbandonati il compenso spettante all'ISES viene fissato nella misura dell'I per cento, nel caso di un progetto di massima, e nella misura del 4,5 per cento nel caso di un progetto esecutivo. I compensi sopra descritti saranno liquidati all'ISES nella misura del 50 per cento all'atto dell'approvazione dei progetti e, per il restante 50 per cento, a seconda degli stati di avanzamento dei lavori. 
Gli articoli 9 e 10, infine, riguardano adempimenti amministrativi e questioni di carattere fiscale nonché il carattere vincolante della convenzione sia nei confronti dell'ISES che nei confronti dell'Amministrazione statale.  
 pag. 65 
(Segue)

Una Riflessione

 " Il libro è una delle

possibilità di felicità

che abbiamo noi

uomini."


Jorge Luis Borges

scrittore, poeta, saggista, traduttore, 

filosofo e accademico argentino

(1899-1986)

mercoledì 27 gennaio 2021

Crisi politica. Le consultazioni al Quirinale per Conte sono con esito ... dubbio

Domani al Quirinale le delegazioni

di alcuni gruppi parlamentari

1) Sono iniziate oggi pomeriggio le consultazioni istituzionali presso la Presidenza della Repubblica con un primo confronto fra Mattarella c Casellati (presidente del Senato) prima  e dopo con (Fico).

2) Il segretario Pd  Zingaretti rilancia, in vista di quello  che domani sarà l'incontro col Capo dello Stato : "Incarico a Conte". 

3) L'ex ministro di Italia Viva Bellanova ipotizza: "Il Ministro degli Esteri, Di Maio, presidente del Consiglio? Nessun veto". Ma anche Renzi sostiene di non porre veti su nessuno, nemmeno su Conte, intrattenendosi però su "problemi" strutturali dello Stato e sui nodi dell'economia in vista del Recovery Plan" che risultano più che indigesti proprio al M5S.

4) Lady Mastella, che aveva promesso il passaggio dal centro-destra verso i "costruttori" ha dichiarato di non volere  aderirvi, fermo restando il suo sostegno all'eventuale governo dal gruppo Misto. 

5) Interessante l'ipotesi di Salvini, sempre che non sia provocatoria: "Via il premier e poi ragioniamo".

E' ovvio che tutti gli occhi guardano verso

le vere intenzioni di Renzi

Appena un'ora fa il leader di Italia Viva ha detto:

6) “Mentre in Parlamento assistiamo a un autentico scandalo, che è quello del tentativo di far passare delle persone non su un’idea ma su una gestione opaca delle relazioni personali e istituzionali, alla creazione di gruppi improvvisati, noi siamo qui oggi a dire con forza che abbiamo rinunciato alle nostre poltrone”. 

7) Tre sarebbero i campi in cui bisogna impostare una svolta: economico, sanitario, educativo. “Ci sono le condizioni per ripartire. L’Europa ha messo 209 miliardi a disposizione. Vorrei urlare questo concetto: o decidiamo adesso di investire queste risorse o tra un anno sarà tardi. Per questo chiediamo una svolta nella politica economica del paese e di sbloccare  le infrastrutture. E di smetterla di inondare soldi a pioggia in mance e marchette. Il primo  elemento di crisi è quello economico”. “L’altro è sanitario: il tempo per organizzare la vaccinazione di massa è adesso. Bisogna avere l’organizzazione territoriale nelle farmacie per far sì che la vaccinazione di massa funzioni quando arrivano le dosi”.  E prosegue: “La terza emergenza del nostro paese, che per me è la prima è quella educativa. La didattica a distanza non è la soluzione. I banchi a rotelle sono una presa in giro”.

Terra e Vita. Storia Siciliana per immagini ( 13 )

 "Quando un popolo non ha più senso vitale del suo passato si spegne. La vitalità creatrice è fatta di una riserva di passato. Si diventa creatori anche noi, quando si ha un passato. La giovinezza dei popoli è una ricca vecchiaia". Cesare Pavese

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Conoscere la Sicilia di ieri 

per Conoscere

La Sicilia di oggi.

Immagini e descrizioni

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Gli anni passano e con essi vanno via molti ricordi della società che fu. La traversata degli anni cinquanta del Novecento fu, almeno in quest'angolo di Sicilia dove insiste Contessa, l'ultimo decennio della "società contadina"; già ai primi degli anni sessanta (probabilmente col diffondersi della tv) tutto quel mondo iniziò ad offuscarsi fino a scomparire quasi completamente col terribile terremoto nella Valle del Belice che, a Contessa e non solamente qui, avviò un modello di vita (ambientale, di stile, di aspettative, di organizzazione, etc,) completamente diverso.

Fino ai primi anni '60 venivano a Contessa i "carrittera", gente che con i tipici carretti siciliani carichi di mercanzie e alimenti (sacchi di patate, scatolame vario, vasche di sarde salate, vassellami  e altri generi e comunque di lunga conservazione) assolvevano -allora- alla funzione che oggi assolvono -in contesti e situazioni diversissime- i rivenditori che giornalmente -venendo da Menfi con "camioncini"- riforniscono Contessa di frutta, verdure e ortaggi vari. 

Il carretto oggi è scomparso dalla circolazione nelle nostre strade, ma è finito nei musei grazie  ai coloratissimi disegni e agli intagli bucolici, che narrando le vicende di Orlando e Rinaldo ne facevano e ne fanno un vero e proprio oggetto d’arte e d’artigianato.

Un poeta siciliano, Giuseppe Pulizzi di Cianciana, così ha immortalato il carretto ed il carrettiere di un tempo che sono impressi nei ricordi di chi negli anni cinquanta non era altri che un ragazzo. 

Il carrettiere della memoria è rimasto un personaggio vero e identificato in "mastru Binidittu" che tre volte la settimana veniva in quegli anni cinquanta, da Bisacquino a Contessa, a vendere ciò che oggi andiamo a comprare nei punti di vendita.

   A tempi di scarsizza e di scunfurti

a tutti banni cc'eranu carretti,

li mezzi chi facivanu trasporti

di merci di pirsuni e autri uggetti, 

Li muli e li cavaddi li cchiù forti

"mpaiavanu 'nta l'asti fatti addetti

cu pitturali, sidduni e cudera,

cu suttapanza, retini e tistera.

  Di tutti svariati custruzioni 

di li carretti pittari e baggiani

li custruivanu lussusi e boni

òo Catanisi e li Palermitani:

vantati sunnu in ogni nazioni

li nostri gran carretti siciliani,

c'ogni turista resta sudisfattu

vidennu 'stu carrettu comu è fattu.

  Lu milliottucentunovantunu

René Bazin, turista e pilligrinu

pi Santa Rusulia dissi a unu

di vidiri un spittaculu divinu,

di 'sti carretti ''un nn 'havi, no, nissunu,

diciva, ca quant'avi chi caminu

m'addugnu veru ca 'ntuttu lu munnu 

carretti comu ccà nun cci nni sunnu,

  Add'epuca cu era carritteri,

abbilitusu si putia chiamari,

ca era un privileggiu 'stu misteri

macari di putillu 'mmdiari.

Nni travaglianu 'nta li canteri,

'nta li stratuna e 'nmezzu a li ciumari

e cc'eranu trasporti purtuali

di merci, di alimenti e ciriali.

  'Nta li paisi lu funnacu cc'era:

stadduni cu 'na lunga mangiatura

ca era albergu pi li carrittera

e pi li muli chini di sudura;

dda dintra era lu stessu di 'na gera

di carrittera funti a tarda ura,

quarcunu si sistimava e cuvirnava

lu mulu mentri 'n'avutru cantava.

  Pirtempu, a lu cantari di lu gaddu

s'arzava ogn'unu cu lu torcicoddu,

sciuglivanu lu mulu e lu cavaddu

e po' l'armici cci mittianu 'ncoddu,

un mulu cu lu pettu senza caddu

trasiva 'nmezzu l'asti tardu e moddu

pinsannu forsi c'avia di fari 

chilometri sissanta di marciari,

  'Mpaiavanu e dicianu: - A la via ! -

e lu cavaddu o mulu s'avviava

'nta lu stratuni chi lu dirigia

lu carritteri 'ncapu chi cantava.

La usciula rutanti chi sbattia

comu 'na musica scampaniava

ca nni la notti funna e silinziusa

pariva 'na puisia diliziusa.

  Li carrittera tannu eranu amici;

si salutavanu a palori duci,

unu diciva all'autru: -Chi si dici?-

e l'autru: - Tantu beni nni cunnuci!-

Ma ora l'autisti su' nnimici,

nirvusi tutti chi fettanu vuci

massimamenti dintra la città

ca foddi patintati cci nn'è assà.

  Ma quannu nova ticnulugia

truvaru li scinziati e li 'ngignera,

lu camiu e la macchina curria

firmannusi carretti e carrittera.

Però lu carritteri chi vulia

di li trasporti ancora la carrera,

pi la patenti iva a la cunquista

e divintava subitu autista.