E’ in corso di svolgimento in questi giorni una polemica sull’eutanasia che prende spunto dalla recente tragica fine di Mario Monicelli. Il grande resista si è suicidato a 95 anni ed ha aperto col suo gesto la polemica su opposti fronti filosofici e politici. Per Giorgio Napolitano “Monicelli se n’è andato con un’ultima manifestazione forte della sua personalità, un estremo scatto di volontà che bisogna rispettare”.
Oggi tenteremo di tracciare il punto di vista dei credenti, e dei cattolici in particolare, su quello che viene definito il “male dell’anima”, mentre domani proveremo a capire le ragioni dei sostenitori della “dolce morte”.
Punto di vista cattolico
Secondo Giovanni Reale, filosofo cattolico, il mondo odierno, quello che stiamo vivendo ai nostri giorni era stato intuito sessant’anni fa da Jan Paul Satre che sosteneva: "l’Inferno sono gli altri". In pratica l’inferno consiste nell’incapacità che ciascuno di noi ha di vedere, capire l’altro e conseguentemente di amarlo. Il filosofo intravede l’insinuarsi nel mondo di oggi di una contrapposizione di pensiero fra chi in assoluto difende la “libertà di scelta”, ossia di disporre di sé stesso come e quando si vuole e chi difende in assoluto, ad oltranza, “la vita” in qualsiasi condizione essa si svolga. Il confronto così posto, secondo il filosofo, non consente possibilità di scambi di punti di vista.
E’ interessante che il filosofo cattolico, difenda la presa di posizione di Napolitano che potrebbe apparire a prima vista favorevole all’eutanasia. Secondo Reale il presidente non ha né condannato né approvato il gesto di Monicelli. Ha solo cercato di capire quel gesto che sicuramente racchiude sofferenza ed in cui, in quanto non credente, manca la speranza che solo la Fede offre.
Di fronte a simili gesti quindi bisogna solo tentare di capire ed evitare di condannare l’autore del gesto. Al massimo va giudicato il comportamento che ciascuno mette in campo nei confronti degli altri.
Il filosofo nel suicidio di Monicelli vede il “male dell’anima” che si sostanzia nell’odierno mondo irreligioso, privo di legami col Mistero e/o col divino, mancante del senso di sacralità della vita. Valori questi che oltre duemila anni fa aveva evidenziato lo stesso Platone, secondo cui “La vita non è di tua proprietà, ti è stata data, solo il dio può decidere quando toglierla”. Sempre per Platone la sacralità della vita viene oscurata se ad intervenire su di essa sono i principi politici; infatti con i principi politici si opera ad un livello, ad una dimensione più bassa.
Gli scontri parlamentari fra sostenitori dell’eutanasia e difensori della vita deriverebbero pertanto dal fatto che vengono posti in discussioni “valori alti” con argomenti di opportunità corrente.
Il prof. Reale tiene a precisare in una intervista rilasciata alla stampa che è doveroso, anche da parte degli uomini di chiesa, distinguere fra il suicidio e l'accettare “la morte inevitabile”, come sarebbe accaduto nel caso di Welby e di Eluana. In quel caso non si poteva parlare di “sacralità” della vita perché essi venivano tenuto in vita solamente grazie alla “tecnica”, e la tecnica è frutto dell’uomo e non di Dio che invece ha creato la natura. Su questo punto sono molti gli uomini di chiesa che, secondo il filosofo, sbagliano le loro valutazioni ed arrivano, come nel caso Welby, a negare i funerali in chiesa.
Conclusione
La sacralità della vita, o se si vuole in termini più laici, il rispetto della vita sono valori alti che implicano sia il soffrire che la morte ed anche un ateo come Camus arriva a dire all’uomo che rifiuta la morte, la morte di natura, per preferire quella che col suicidio ci si inflige da soli: “Nessuno se la prenda con Dio, perché egli si è fatto uomo e si è caricato di tutte le nostre difficoltà, morte compresa”.
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