Un punto fermo nel pensiero di Florenskij:
tutto è connesso
La vita di Florenskij si concluse nel 1937 con un colpo alla nuca e pagava la colpa del suo alto ingegno (matematico, fisico, geologo, filosofo, teologo). Il suo corpo, in quel periodo di profondo stalinismo, venne gettato in una fossa comune.
In uno dei tantissimi testi sulla sua autobiografia si legge:
"Fu così che sin dalla più tenera età nella mia mente si formarono le categorie del sapere e i principali concetti filosofici. La successiva riflessione non solo non li rafforzò né li approfondì ma, al contrario, in un primo momento lo studiò della filosofia li scosse e li eclissò senza offrire nulla in cambiò, se non un sentimento di amarezza. A poco a poco, però approfondendo i concetti basilari della concezione generale del mondo e rielaborandoli in senso logico e storico, mi trovai su un terreno saldo, e quando mi guardai intorno risultò che era lo stesso terreno su cui mi trovavo sin da piccolissimo: dopo lunghe peregrinazioni mentali il cerchio si era chiuso e io mi ritrovavo al punto di partenza. In verità non avevo scoperto nulla di nuovo, ma avevo solo "rammentato" ; già, avevo rammentato i fondamenti della mia personalità formatasi sin dall'infanzia o che, per meglio dire, erano stati il seme di ogni mia crescita spirituale sin dai primi barlumi di consapevolezza.
Per tutta la vita ho pensato, in sostanza, a una sola cosa: al rapporto tra fenomeno e noumeno, al rinvenimento del noumeno nei fenomeni, alla sua manifestazione, alla sua incarnazione. Sto parlando del simbolo. E per tutta la vita ho riflettuto su un solo problema, il problema del SIMBOLO".
(Segue)
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