I paradossi della legge elettorale
A dimensione nazionale la legge elettorale presenta dei paradossi. Riportiamo l'osservazione ripresa dal Corriere della Sera di Emanuele Bracco, professore di Economia politica:
Vassallo, professore di Scienza politica
che dirige l’Istituo Cattaneo : «Complesso, ma inevitabile»
«Può sembrare un paradosso. Ma è un tentativo, per quanto arzigogolato, di combinare due esigenze: quella di un proporzionale su base nazionale; e l’altra, quella del numero di seggi spettanti a ciascun territorio in rapporto alla popolazione». Questi due principi prima o poi entrano in collisione: «Bisogna decidere quale dei due prevale. E hanno scelto il principio della proporzionalità a livello nazionale». Certo, con buona pace di un candidato che si trova il seggio sottratto a vantaggio di un altra lista che, in quel collegio, ha fatto peggio: «Sarebbe preferibile, per rendere tutto più chiaro, che i seggi fossero assegnati circoscrizione per circoscrizione, a livello di collegio - continua Vassallo —. Ma a quel punto non avremmo un sistema proporzionale, si creerebbero delle soglie di fatto, così come si verifica al Senato, dove l’elezione è su base regionale. E come si verifica in Spagna, dove si vota in collegi plurinominali. Siccome il sistema ha già una componente maggioritaria, chi l’ha pensata ha ritenuto che una componente maggioritaria dovesse essere al massimo rispettosa delle preferenze espresse a livello nazionale col proporzionale». Ma, conclude il direttore del Cattaneo, «sui sistemi elettorali si scaricano aspettative non soddisfatte o degli attori politici o degli elettori. Gli stessi leader politici accusavano nel 2018 il Rosatellum di essere troppo proporzionale», quando non ne è risultata alcuna coalizione vincente, «oggi pare troppo maggioritaria»: ne sia prova il dibattito sulla necessità di alleanze per non lasciare tutti i collegi al centrodestra.
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