1866
A Palermo scoppia la Rivolta del sette e mezzo.
Nel settembre 1866 un'insurrezione popolare sconvolse la città di Palermo e i Comuni del suo hinterland, colpendo i centri del potere amministrativo, politico e militare. Le modalità di svolgimento furono assai simili a quelle dei moti antiborbonici dei decenni precedenti e molti capisquadra erano gli stessi che nel 1860 avevano portato alla vittoria la spedizione dei Mille. In questo caso, però, la controparte era costituita dal neonato Regno d'Italia a guida sabauda. In una società ad alto livello di «democratizzazione della violenza», il moto popolare fu preparato da un gruppo di repubblicani radicali in rotta con i moderati e con Mazzini, guidato prima dal generale garibaldino Giovanni Corrao e poi da Giuseppe Badia, cui diedero manforte esponenti clericali e filoborbonici in cerca di rivincita. Il carattere ibrido della direzione politica, il mancato collegamento col resto dell'Isola e l'approdo in città di 40.000 soldati con cannoni e mitragliatrici, facilitarono l'azione repressiva guidata dal generale Raffaele Cadorna, con la dichiarazione dello stato d'assedio, arresti di massa e tribunali speciali.
1904
In Italia inizia il primo sciopero generale che durerà sino al 21 settembre, innescato dalla strage dei minatori sardi il 4 settembre ad opera dei carabinieri.
1959
In un discorso radiotelevisivo, il generale e presidente francese Charles de Gaulle riconosce pubblicamente il diritto all’autodeterminazione della popolazione algerina.
1982
Nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila a Beirut vengono massacrate tra le 500 e le 3 mila persone (il numero è ancora oggi un contenzioso) soprattutto di fede musulmana. L’eccidio viene perpetuato dalla collaborazione tra le Forze di Difesa Israeliane, responsabili del bombardamento, e alcuni membri delle Falangi Libanesi, partito nazionalista di matrice cristiano maronita, comandati dal leader delle Forze Libanesi Elie Hobeika e responsabili del massacro all’interno dei campi. Movente probabile: vendetta per la morte di Bashir Gemayel, eletto presidente del Libano il 23 agosto precedente e caduto vittima di un attentato due giorni prima del massacro.
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