A margine del discorso che ci proponiamo
di sviluppare sui No-Vax
Fino agli anni del dopoguerra operavano in Sicilia i medici sarvaggi che aggiustavano bracci o gambe e altre disfunzioni del corpo. (La foto è ripresa dal volume di Calogero Messina "Sicilia 1943- 1985") |
Negli anni sessanta del Novecento, nel periodo pre-terremoto '68, il livello culturale ed economico dell'intera area del Belice oltre che di impronta contadina era pure venata da superstizioni.
Soffermandoci appunto sulle superstizioni, ricordiamo cosa accadeva molto frequentemente in molte case e famiglie in presenza di circostanze di infermità.
Va anzitutto detto che in quegli anni non esisteva il Servizio Sanitario Nazionale gratuito e molta gente cercava di curare in famiglia, senza il ricorso ad estranei, le malattie; si faceva ricorso al qualcosa di cui si disponeva a portata di mano. Esistevano in proposito, vari proverbi provvidenziali individuati nell'olio di oliva:
Ogghiu comuni sana ogni maluri
Qualità terapeutiche venivano attribuite, con potenziale fondamento, al vino, all'aceto, al limone, all'aglio, alla cipolla, al miele.
Ovviamente quando si prendeva atto che i rimedi si rivelavano sterili, si prendeva atto che serviva l'intervento del medico.
Medico che per alcune categorie veniva assicurato dal Comune (esisteva l'Elenco dei Poveri) o, per altre categorie di lavoro autonomo dalle Casse Mutue, a cui annualmente si pagavano i "contributi" di adesione.
Esistevano in quegli anni pure gli imbroglioni (guaritori) che periodicamente arrivavano da Palermo e vendevano "erbe miracolose". Ne tratteremo in altra occasione.
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