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domenica 6 novembre 2022

Alle radici del Cristianesimo


Appunti e riflessioni ripresi dalla bozza predisposta 
 

dalla Commissione intereparchiale in vista del Sinodo (2003)

2. La SACRA SCRITTURA NELLA CHIESA LOCALE

Incontrare la Parola fatta carne a partire dalle "parole" della Bibbia

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9. La via dell'interpretazione

Il testo più autorevole a cui riferirsi per apprendere i criteri di una corretta e salutare interpretazione ecclesiale delle Sacre Scritture è e rimane la Costituzione conciliare sulla divina Rivelazione, in particolare il suo paragrafo 12 dedicato a "Come deve essere interpretata la Sacra Scrittura".
Il primo passo suggerito dal testo conciliare, consiste nell'indagare con attenzione, ricorrendo a tutti i metodi storici - critici di cui disponiamo oggi, l'intenzione degli agiografi. Se è vero che "la lettera uccide, lo Spirito da vita" (2Cor 3,6), la grande Tradizione della Chiesa insegna che non si può giungere ai sensi superiori e spirituali dei testi canonici senza passare per un attento esame del loro significato storico e letterale. E' su questa base, del resto, che il movimento ecumenico ha potuto progredire in direzioni  a volte insperate, e che la comunità ecclesiale può essere rimandata in modo più certo all'esperienza di fede degli Apostoli.
Per le nostre comunità ciò significa, sulla scia degli insegnamenti conciliari, fare il possibile per promuovere gli studi biblici, onde evitare il più grande pericolo che si cela in un approccio errato ai testi scritturistici: il fondamentalismo. Con tale termine si intende un approccio che, mentre coltiva l'illusione di una maggiore fedeltà alla lettera, evitando la fatica critica dell'interpretazione fonisce in realtà per proiettare risposte predeterminate e categorie culturali mondane su testi che invece sono realmente salvifici quando trasmettono la Parola di Dio, e non quando confermano quella dell'uomo.
La stessa Dei Verbum, di conseguenza, ammonisce a non fermarsi a questo primo passo, pur necessario, dell'esegesi letterale. Le Scritture sono anche opera dello Spirito, e dunque solo nello Spirito possono essere lette e interpretate per la salvezza.
I tre criteri proposti dal concilio per un'interpretazione "spirituale", in continuità con tutta la Tradizione della Chiesa, rimangono allora pienamente attuali: considerare ogni brano biblico in relazione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura, tenere in debito conto  la viva tradizione di tutta la Chiesa, e infine dell' "analogia della fede". Si tratta, in fin dei conti, di un unico grande criterio: la Scrittura può essere interpretata  soltanto in ecclesia , ossia comprendendola come il deposito dell'esperienza di alleanza del popolo di Israele(Antico Testamento)  e della Chiesa (Nuovo Testamento) attraverso la storia, e l'incarnazione dell'unica Tradizione, l'Evangelo di Dio, in ogni tempo e luogo.
Per questo è importante che si favorisca, oltre alla conoscenza dei moderni metodi esegetici, lo studio e l'amore per le risonanze che i testi scritturistici hanno avuto anzitutto all'epoca dei Padri, ma poi anche in tutte le Chiese locali nella storia,senza mai illudersi che un brano abbia senso compiuto in se stesso, isolato dal contesto più globale della Bibbia e della ricezione della Parola di Dio nel corso della Storia.
Noi non siamo mai soli dinnanzi al testo biblico, ma siamo "avvolti da una grande nube di testimoni", che ci aiutano a "tenere fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della nostra fede" (Eb 12,1-2).

10. Parola e Spirito, Scritture e Sacramenti
Caratteristica costante dell'azione di Dio nella storia è l'operare sempre, come ricorda sant'Ireneo, con entrambe le sue "mani", la Parola e lo Spirito. Lo Spirito soffia dove vuole, rendendo ovunque gravida la storia dei "semi del Verbo", anche al di là dei confini visibili della Chiesa. E dove la Parola è proclamata lo Spirito si effonde, come racconta in modo magistrale l'episodio degli Atti degli Apostoli in cui san Pietro anuncia l'Evangelo agli uomini riuniti nella casa del centurione Cornelio (cfr At 10,44).
Le Scritture, che contengono la Parola di Dio, sono perciò non solo "ispirate da Dio", ma anche "ispiranti Dio" (theòpneustos, 2 Tm 3,16), ossia portatrici della duplice e sempre congiunta azione della Parola e dello Spirito. Dunque esse, in maniera analoga ai Sacramenti, sono una via privilegiata per far accedere i credenti all'esperienza della salvezza, suscitando la fede  e facendoli crescere fino "alla piena maturità di Cristo" (Ef 4,13).
Compito della nostra comunità sarà perciò far crescere  questa consapevolezza  dell'analogia tra Gesù Cristo, Parola fatta carne e Sacramento universale dell'incontro tras Dio e l'uomo da un lato, e Scritture e Sacramenti  dall'altro, onde dischiudere ai fedeli tutte le energie di salvezza  che il Padre ci ha voluto consegnare nel Figlio per mezzo dello Spirito.

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L'Incredulità


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La pensava così ...

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L'incredulità moderna è un argomento inesauribile. Direi che le sue frontiere e i suoi contorni sono oggi molto sfumati di quanto non fossero qualche decennio fa, all'epoca in cui si moltiplicavano i dialoghi tra credenti e non credenti, come pure le ricerche sull'incredulità moderna. E' interessante constatare a questo riguardo un'evoluzione nel vocabolario, in quanto si parla più di indifferenza religiosa che di incredulità propriamente detta. A mio avviso le frontiere dell'incredulità sono più difficile da stabilire, perché c'é tutta una frangia di uomini e di donne che non si riconoscono  come religiosi, e soprattutto come appartenenti a una delle grandi religioni storiche, e tuttavia non si definiscono per questo non credenti.

Preferiscono definirsi piuttosto agnostici, cioè persone che non hanno una risposta alla domanda: "Dio esiste o no?". Si dicono non credenti rispetto al Dio del cristianesimo. Ma allo stesso tempo dichiarano che, malgrado tutto, Dio rimane una parola importante - nella loro coscienza e nelle riflessioni che fanno sulla loro esistenza - per definire da un punto di vista semplicemente antropologico una certa apertura, un certo presentimento, una certa attesa nei riguardi di un assoluto o di un altrove.

Molti scritti attuali si potrebbero qualificare come scritti "della soglia". Penso a certi poeti, a un certo numero di scrittori che testimoniano non la presenza di un Dio ben identificato, ma almeno la sua assenza, la sua traccia, quasi si trattasse di un essere scomparso di cui si conservano le vestigia. Essi testimoniano Dio attraverso l'attesa di un dono inaspettato, di qualcosa d'imprevisto nell'orizzonte della loro finitezza.  Sono dei veri non credenti?  Sono persone in cerca di Dio, senza tuttavia potersi riconoscere  nel Dio delle rivelazioni, ma con il sentimento che l'esistenza umana è un tale enigma, che forse soltanto la parola "Dio" potrebbe adeguatamente indicare una certa apertura a qualcos'altro. Riassumerei così quello che scopro sovente in uomini e donne che sono diventati non credenti non perché non sono più praticanti, ma per il semplice fatto che non si riconoscono né nei dogmi, né nel Dio  della fede  della loro infanzia. E questo non basta per definirli in maniera pura e semplice dei non credenti.

Claude Geffré

Teologo. È stato professore di teologia all'Institut Catholique de Paris nel 1965 e direttore dell'École Biblique di Gerusalemme ed esperto di ermeneutica e pluralismo biblico nonché autore di diversi libri 

1926 - 2017



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