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martedì 2 luglio 2024

Ismail Kadare

E’ morto lo scrittore e poeta albanese Ismail Kadare. Aveva  88 anni ed aveva trasfuso nelle sue opere un respiro di portata universale, con traduzioni in circa quaranta lingue.

Durante il regime comunista di Enver Hoxha era stato tollerato, pur essendo sottoposto a diverse vessazioni. Dal 1990 si era trasferito in Francia e sul piano internazionale aveva ottenuto vasti riconoscimenti.  

Kadare, figura di primo piano della letteratura europea, per la potenza evocativa della sua scrittura e per la denuncia dell’oppressione totalitaria ebbe assegnato il Man Booker Prize nel 2005, il premio Principe delle Asturie nel 2009 e il premio Nonino nel 2018. Fu pure selezionato tra i candidati al Nobel.

 Era nato ad Argirocastro — la stessa città in cui era nato il dittatore  Hoxha — il 28 gennaio 1936. 

   Si era laureato in Storia e filologia, poi si era dedicato alla poesia.  Risale al 1963 il suo primo romanzo. Il generale dell’armata morta, dal quale sarebbe stato tratto un film diretto da Luciano Tavoli con Marcello Mastroianni, Michel Piccoli e un giovanissimo Sergio Castellitto.

  Negli anni Ottanta, dopo la morte di Hoxha, Kadare aveva sperato in una liberalizzazione. Aveva -precauzionalmente- depositato in Francia nel 1986, dove aveva potuto soggiornare per qualche tempo grazie al suo prestigio internazionale, tre manoscritti di opere apertamente critiche verso l’establishment del suo Paese.  

  Intrattenne una corrispondenza con il successore di Hoxha, Ramiz Alia, per capire se fosse animato da sinceri propositi riformatori e aveva concluso che non era affatto così. «Lo Stato albanese — avrebbe dichiarato più tardi lo scrittore in un’ intervista radiofonica — prometteva ogni cosa senza cercare effettive soluzioni, ingannava i cittadini continuamente, ma in realtà nessuno aveva intenzione di fare qualcosa».

 L’editore La nave di Teseo, sta ripubblicando in Italia tutti i libri di Kadare e ad ottobre uscirà Quando un dittatore chiama, l’ultimo suo romanzo,  che racconta la telefonata intercorsa tra Josif Stalin e il romanziere e poeta Boris Pasternak nel 1934, per discutere dell’arresto del poeta Osip Mandel’stam.

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