Mussolini pre-fascista:
Un romagnolo anarchico-socialista,
divenuto dittatore in funzione anti-socialista
Mussolini nacque a Predappio (Forlì) nel 1883, figlio di un fabbro-ferraio (Alessandro) e di una maestra elementare (Rosa Maltoni). Politicamente crebbe nel mondo culturale anarco-socialista della campagna romagnola. Il padre si muoveva nel mondo anarchico-"internazionalista" piuttosto fiorente in quella regione a fine ottocento.
Nel 1901 il giovane Mussolini conseguì la licenza magistrale e da subito si iscrisse al Partito Socialista ed iniziò a collaborare alla rivista "Giustizia", giornale fondato il 26 gennaio 1886, agli albori di fondazione del Partito Socialista. Il giornale era edito a Reggio Emilia, prima come settimanale e poi come quotidiano, ed era stato fondato e diretto per lungo tempo da Camillo Prampolini con lo scopo di diffondere lo spirito di uguaglianza e di internazionalismo proprio dell'allora nascente movimento socialista.
Rientrato a Forlì si legò a Rachele Bruno da cui ebbe cinque figli. Da dirigente della federazione socialista della città dirisse il settimanale "Lotta di classe" e nel 1911 fu condannato a cinque mesi di carcere per avere manifestato contro la guerra di Libia. Nel 1912, in quanto leader della componente massimalista del PSI in aperto contrasto e lotta politica dei "Riformisti", finiti in minoranza, divenne direttore de "L'Avanti!". Da "deciso-neutralista" che era stato fino all'inizio della prima guerra mondiale, improvvisamente e prescindendo dall'informare la Direzione del partito divenne un "interventista"; e per questa ragione fu immediatamente espulso dal psi. Il 15 Ottobre 1914, ufficialmente con risorse proprie, fondò Il Popolo d'Italia con cui portò avanti la campagna di interventismo alla guerra. Richiamato in guerra nel 1917 venne congedato per ferite procuratesi nel corso delle esercitazioni. A fine guerra era ormai lontanissimo, anzi accanito avversario, dalle precedenti posizioni politiche di socialismo massimalista con cui si era caratterizzato; ormai era finito -politicamente- sul fronte opposto, quello dei "nazionalisti intransigenti", che egli seppe rimodulare a sua misura e intenzione imbastendolo di un vastissimo bagaglio populista.
Il 23 marzo 1919 fondò i "Fasci di combattimento", mantenendo fermi gli intendimenti "repubblicani". Nel 1919 fallisce l'obiettivo di farsi eleggere deputato ma riesce nel 1921 e subito fondò il Partito Fascista. Quello fu un tempo di vasti disordi nel paese, da nord a sud, alla cui base stavano la "Vittoria mutilata", le grandi masse di disoccupati, la "questione di Fiume"; Mussoli in quel contesto di disaggio e di preoccupazione diffuse cominciò a presentarsi come l'uomo dell'ordine (l'uomo forte), disponibile su tutte le esigenze nei confronti degli agrari e degli industriali che abbondantemente lo finanziarono. Quello fu il tempo in cui le squadre fasciste cominciarono lungo tutto il paese ad incendiare le Camere del Lavoro e le Sezioni socialiste, ad intimidire e a minacciare gli avversari. Avvenne pure a Contessa. La violenza alimentata dai fascisti non fu condannata nè dallo Stato liberale (Monarchia e Governo) nè dalla Chiesa di allora, anzi il 30 ottobre 1922 -caduto il governo Facta- Mussolini, capo di una piccola forza politica -per numero di parlamentari-, assolutamente minoritaria, ricette l'incarico dal Re di formare un nuovo governo. Un governo che trascinerà il Paese lungo un intero ventennio nella dittatura incontrollata. La prima, o una delle prime, manifestazione di odio fascista ai livelli alti -parlamentari- verrà sferrata contro un socialista, primo ma non ultimo: Giacomo Matteotti.
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Periodicamente torneremo sul ventennio fascista, quello della dimensione nazionale e quello della dimensione locale, di Contessa.
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