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lunedì 14 gennaio 2013

Valle del Belice. A 45 anni dal terremoto non esiste lo Sviluppo Economico ma si prepara la trivellazione del territorio, per devastarlo

I RITARDI. 45 anni dopo il sisma, la ricostruzione del Belice è ancora incompleta, anche se pochi giorni prima di Natale, la legge di stabilità dello Stato ha previsto 45 milioni di euro.
La somma, in massima parte destinata al completamento degli interventi di edilizia privata, è stata inserita tramite un emendamento dietro al quale ci sono stati mesi di lavoro e confronto tra Ministeri, Regione e Comuni e con cui è stato riconosciuto che il Belice, effettuati i dovuti raffronti, ha ricevuto meno dei fondi erogati per analoghe situazioni di ricostruzione post terremoto in altre zone d'Italia.
LA COMMEMORAZIONE. La Valle del Belice commemora i morti ma torna a sperare, «perché dobbiamo credere nel futuro, sperando contro ogni speranza e confidando nell’aiuto di Dio». Con la celebrazione eucaristica nella chiesa della Santissima Trinità a Salaparuta, presieduta dal Vescovo della Diocesi di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, si sono aperte le celebrazioni per il 45° anniversario del terremoto del 1968, che si concluderanno martedì a Gibellina.
La messa doveva essere celebrata ai ruderi, sulle macerie della vecchia matrice, ma la pioggia ha fatto cambiare programma nella mattinata di ieri. Chiesa gremita di cittadini e in prima fila rappresentanti delle istituzioni a più livelli: il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana Giovanni Ardizzone («il problema della Valle del Belice non può essere confinato qui»), i deputati Giovanni Lo Sciuto, Antonella Milazzo, Nino Oddo, Giuseppe Marinello, Paolo Lucchese, i senatori Tonino D’Alì (che ha letto il messaggio del presidente Renato Schifani) e Maria Pia Castiglione e i sindaci di alcuni paesi del Belice. «Qui la terra porta ancora i segni di quelle ferite profonde – ha detto il Vescovo nell’omelia – ma ancor di più l’animo di tanti suoi figli fu inaspettatamente e dolorosamente è stato segnato da quello sconvolgimento della terra che cancellò una storia, che ancora oggi non si riesce a riscrivere. Perché – ha detto ancora Mogavero – agli sforzi di tanti non è corrisposta l’adesione fattiva e solidale di chi avrebbe dovuto esercitare un’azione saggia e promozionale finalizzata a far diventare la tragedia della Valle una ferita del Paese, approntando con intelligenza progettuale le risorse per la ricostruzione strutturale dei paesi terremotati e soprattutto per ricostruire il tessuto umano e produttivo del Belice. E invece, anno dopo anno, la ricorrenza-anniversario assume sempre più i tratti di un rituale stanco e ripetitivo di commemorazioni, appelli e rimostranze».
LA RICOSTRUZIONE E IL MANCATO SVILUPPO - La ricostruzione, dunque, a 45 anni dal terremoto non è stata ancora conclusa: mancano dal punto di vista finanziario 390 milioni di euro. Ma si guarda allo sviluppo, «oltre il terremoto» ha detto il coordinatore dei sindaci Nicola Catania. «Intendo sollecitare tutti a pensare specialmente ai giovani, disorientati per mancanza di prospettive di sviluppo in questo territorio che ha bisogno della loro insostituibile presenza e operatività – ha detto il Vescovo. Se è vero che negli anni immediatamente successivi al disastro sono stati compiuti non pochi errori, soprattutto politici ai diversi livelli, questo non può costituire una ragione per aspettare giustizia passivamente». Ed ancora il Vescovo: «È assolutamente vero che il domani di questa magnifica ma sfortunata Valle è tutto e solo nelle nostre mani, purché siamo capaci di valorizzare e mettere a frutto le risorse, non poche, di cui è dotata: la terra con le sue colture tipiche, il mare, i beni culturali, il turismo. Pur nella consapevolezza che si tratta di comparti afflitti da criticità gravi, su tali basi è possibile delineare prospettive di sviluppo, accreditate dal valore aggiunto dell’azione concorde e coordinata di tutti: politici, imprenditori, esponenti del mondo della cultura, comunità ecclesiale».
IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA – Il coordinatore dei sindaci Nicola Catania ha dato lettura del messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Le drammatiche conseguenza di quel sisma impongono un responsabile impegno a ripristinare con celerità ed efficacia i tessuti sociali ed economici devastati – ha scritto Napolitano – si operi affinché i processi di trasformazione del territorio siano realizzati con l’attenzione dovuta a sicurezza, incolumità, rispetto dell’ambiente e le sue insostituibili risorse».
LE TRIVELLE. Adesso, in questi giorni,  la nuova emergenza per il Belice sono le trivelle.  La società Enel Longanesi Developments srl, costola del gruppo Enel Trade spa, da tempo ha messo gli occhi sul Belice, presentando alla Regione siciliana un permesso di ricerca di idrocarburi, petrolio e gas naturale.
Il 10 ottobre scorso, l’Ufficio regionale per gli idrocarburi e la geotermia – secondo quanto reso pubblico dall’associazione L’Altra Sciacca, organica al comitato “No trivelle nella Valle del Belice” – avrebbe dato il primo via libera alla ricerca.  Il permesso, inquadrato sotto il nome di “Masseria Frisella”, consentirebbe alla Enel Longanesi di perforare in un’area notoriamente ad alto rischio sismico di ben 680 chilometri quadrati, che comprende parchi, bacini idrici, strutture zootecniche e zone strategicamente importanti dal punto di vista paesaggistico e culturale. L’area a rischio trivelle si estende tra le province di Agrigento (con i comuni di Montevago, Santa Margherita di Belice), Palermo (con Bisacquino, Campofiorito, Camporeale, Contessa Entellina, Corleone, Monreale, Partinico, Piana degli Albanesi, Roccamena, San Cipirello e San Giuseppe Jato) e Trapani (con Alcamo, Gibellina, Poggioreale e Salaparuta).
La richiesta di perforazione prevede la realizzazione di un pozzo esplorativo profondo dai 2.000 ai 3.500 metri entro 42 mesi dalla concessione del permesso.

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