Viviamo in tempi ove
la memoria storica serpeggia tra l’evocazione del passato,
la visualizzazione del presente,
il vaneggiamento del futuro.
Nel nostro tempo, e in particolare dalla seconda metà del XX secolo,
la memoria convive con la dimenticanza.
Sia nel primo come nel secondo caso discendono
ricadute immediate sulla vita quotidiana e sulla società in genere.
L’uomo è sempre stato alla ricerca di una ragione d’essere,
di una legittimazione.
Con l'Umanesimo si diceva erede di un’antichità venerabile, con la modernità
si era votato al progresso interpretato come punto di arrivo della storia, mentre nei giorni del postmoderno sta rimanendo imbrigliato nello scetticismo in un mondo in cui c’è la dissoluzione delle verità. Di tutte le verità.
La storia tramandata dalla tradizione, dalla Storia, si configura -riteniamo- come strumento di ricerca per una continuità, un mezzo che attraverso la memoria storica definisca la coscienza di ciò che è accaduto al fine di interpretare ciò che è.
Avere una memoria storica ha costituito in passato
un alto obiettivo per una società di uomini imprigionati e attanagliati da un paradosso:
il desiderio di poter dimenticare ciò che è stato,
l’ambizione di ricordare e trovare una continuità con ciò che è avvenuto,
cercando così di trasporre nella prassi la definizione degli antichi di
“storia maestra di vita”.
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