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domenica 21 novembre 2021

La difficile Storia. Letture, riflessioni e dovere di vigilanza sulle questioni della "società umana"

 Nel corso di alcune ricerche sulla società del Cinquecento, quella della nascita di "Contessa feudale", è capitato di poter leggere che, specialmente qui in Sicilia, la società (se non addirittura l'intero cosmo) era plasmata dalla cultura, ma soprattutto dalla religione,  come un'ampia gerarchia che andava da Dio al più piccolo filo d'erba: angeli, governanti, nobili, contadini, tutti avevano un loro posto stabilito in questa catena; una decisione assunta una volta per tutte dalla legge divina e per sempre, di generazione in generazione.

Il rospo non poteva mai diventare un leone, né il contadino (o il figlio del contadino) un signore.

Se quella sopra ricordata era la società alla fine del Medio Evo, quella ancora feudale che in Sicilia durerà fino al 1812, altrove, in più parti dell'Europa -dove con il Cinquecento comincia invece  a sorgere la Modernità- con il capitalismo che cominciava ad assumere la centralità nei sistemi economici, sottraendola al feudalesimo, inizia invece   la mobilità sociale nel senso che chi possedeva doti poteva, o quanto meno sperare di diventare "mastro", professionista, proprietario di qualcosa.

È stato il protestantesimo, nel Nord Europa, a rompere la scala gerarchica che teneva legati gli uomini a Dio (più realisticamente ai baroni). Ciascun uomo, in parità di posizione da altri, poteva accedere in rapporto diretto con Dio.

Mi è sembrato utile riportare questi appunti dal momento che l'emancipazione (quella ufficiale, ma non reale) dell'uomo in Sicilia arriverà solamente nel 1812, ben trecento anni abbondanti dall'inizio dell'epoca moderna, quando altrove (Nord Europa) in realtà ovunque a quella data era cominciata la "Contemporaneità", quella che  da noi -nel Meridione- è appena iniziata .... ieri.

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