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martedì 7 giugno 2022

Piccoli flash di Storia siciliana (4)

 Quadri storici superati

Ancora sui "Riveli"

Abbiamo accennato in una precedente pagina ai Riveli (attinenti la numerazione della popolazione) ed abbiamo precisato che non erano, in realtà, finalizzati alla rilevazione della popolazione; puntavano infatti a quantificare i prelievi fiscali su base familiare (i riveli).

Archivi pubblici

Nel 1505 quando per la Sicilia è possibile
stimare una popolazione di circa
570.000 abitanti le città censite erano
solo 156, di queste 40 erano demaniali,
13 in potere di ecclesiastici, 103
baronali. Se nel corso del Seicento
una manciata di città baronali riescono
a “riscattarsi” al demanio, un centinaio di
nuove città nascono su iniziativa
baronale, mediante la concessione
di una “licentia populandi”. 
Alla fine del Settecento, quando la
popolazione ha superato il milione e
mezzo di abitanti, le città censite
sono 348, le demaniali 44, quelle
ecclesiastiche 26, quelle baronali ben 278
.


Anche in quel secolo '500 esisteva, proprio come oggi con Draghi, un pesante debito pubblico da garantire ai creditori, pena il venir meno della credibilità regia.

Come raggiungere i contribuenti in regime feudale?

Si pensò quindi al "censimento", ma l'intento vero fu di natura fiscale. E' ovvio che lo strumento ebbe anche una valenza che oggi definiremmo "di polizia". Serviva infatti a conoscere e a controllare l'intera popolazione del Regno. Riferimento di identificazione non fu il "soggetto", la persona ma il nucleo familiare. Nel Cinquecento l'individuo non godeva di diritti e lo Stato, o se si vuole le Istituzioni, non avevano come interlocutore il singolo ma il "nucleo familiare".

Dal momento che ci siamo prefissi di approfondire la questione "Riveli" è giusto ricordare che le singole realtà locali-feudali erano rette da giuristi e in più casi da clero di fiducia del barone. Così fu per secoli a Contessa. Sebbene i "riveli" avessero natura statuale, regia, in più casi essi furono sollecitati ed avviati dagli stessi gestori delle "Università" (=gli odierni comuni). Ciò avveniva perché i reggitori locali erano in condizioni di meglio adeguare il peso fiscale alle mutate situazioni economiche e demografiche. E comunque l'occhio vigile dei baroni, e della loro burocrazia, era di parecchio più attiva ed incisiva di quella regia.

I censimenti-riveli, nel Cinquecento, venivano indetti oltre che per fini fiscali anche per fini militari. La Monarchia necessitava infatti di conoscere il potenziale militare della popolazione.

Non erano infrequenti le richieste delle Università, sempre nel Cinquecento,  che richiedevano l'applicazione di ulteriori tassazioni rispetto a quelle attribuite dal Regno per procedere a "tassazioni veritatere" e per cui serviva un nuovo censimento "di li habitacioni et facultati".

A visitare archivi e carteggi relativi al Cinquecento, il secolo della istituzione della Università di Kuntisa, si ha la sensazione che dalla monarchia degli Aragonesi a Draghi, in materia fiscale, la realtà impositiva è rimasta identica. Allora obiettivamente il ruolo delle Università, dei Comuni diciamo adesso, era in materia fiscale quasi totale. Gli amministratori di fiducia dei baroni avevano un ampio potere.

(Segue)

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