La laicità dello Stato nell’odierna società vorrebbe significare che le
istituzioni pubbliche non conformano i loro comportamenti e le loro
esternazione ad una specifica religione o confessione.
Il che non significa che anche i rappresentanti delle istituzioni non
hanno una loro personale e privata convinzione religiosa. Però siccome nelle
istituzioni tutti devono potersi riconoscere, credenti e non
credenti, cristiani ed atei, islamici e buddisti, cattolici e protestanti,
sarebbe bene nell'esercizio delle funzioni pubbliche mantenere un profilo laico.
Le istituzioni, infatti, aggregano il popolo nelle sue svariate
professioni, non impersonano un credo.
Un presidente della Regione Sicilia, il cattolicissimo Totò Cuffaro, non fece mai mistero della sua profonda religiosità e da governatore siciliano
aveva consacrato l’intera isola al cuore immacolato di Maria e aveva
addirittura affidato –pubblicamente- alla preghiera la soluzione di una
difficile crisi idrica estiva nell’isola.
Nel 2007 poi – come testimonia la targa affissa nella
Chiesa, a Siracusa – non ha resistito alla tentazione di auto qualificarsi come
“interprete autentico della devozione del popolo
siciliano alla Madonna delle lacrime”.
La cosa ha indignato tantissimi cittadini, la gran
parte cattolici praticanti, che hanno visto il loro sentimento religioso frammisto alla politica, ossia all’esercizio del Potere.
A poco serve, se il contesto siciliano è quello
tratteggiato, prendere atto di
quanto avvenuto a Bisacquino nello scorso mese di agosto, dove il Consiglio Comunale all’unanimità (12
presenti, su 15) ha deliberato di attribuire il “titolo onorifico 'Bisacquino - città di Maria' alla denominazione comune di Bisacquino”.
L’occasione sarebbe stata, su proposta del sindaco, la
ricorrenza del 350° anniversario del primo miracolo della “Nostra Madri di lu
Vazu”.
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