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lunedì 31 gennaio 2011

Mezzojuso: Conosci te stesso, Materiali per una Storia locale

ripreso da n. 79/2011 di ECO DELLA BRIGNA

a cura di Roberto Lopes e Pino Di Miceli
Palazzo Municipale di Mezzojuso
Lapide commemoratova dei caduti della Grande Guerra
Non v’è dubbio: a livello di divulgazione storica, le lapidi esposte in luoghi più o meno pubblici svolgono un ruolo primario. Ma è anche del tutto evidente che esse, come ogni altro testo - perché di testi si tratta -espongono dei punti di vista. A volte condivisi a volte no, a volte esiti di visioni governative o risultati di insistenze nate dal basso e mal sopportate dal potere, a volte rappresentazioni di ricerche storiche approfondite o sigilli miranti a legittimare ipotesi non fondate, ecc.
La riflessione, nata da una ricerca effettuata da due classi quinte della scuola primaria di Mezzojuso nell’anno scolastico 2005-2006 (“Memorie di Pietra”) e per la quale fungevo da supporto per la documentazione fotografica, mi ha permesso di riandare a tutta la problematica di cui sopra. E così ho riconsiderato errori di datazione (lapide davanti alla casa natale del Buccola), autocelebrazioni (lapide di Giorgio Reres nella chiesa dell’Immacolata), rappresentazioni identitarie (lapide per i caduti “greci” nella prima guerra mondiale posta all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie) che pongono problemi se confrontate con altre lapidi sulla stessa ricorrenza, accomunamenti forzati (caduti nella guerra in Spagna ricordati assieme ai caduti della seconda guerra mondiale, nella lapide situata in piazza Umberto I°), e via di seguito.
Ciò che non ci dicono le lapidi, dovrebbero dirci i documenti, ma non sempre e non tutti. Negli ultimi anni qualche nostro amico, nel nostro territorio, sta approfondendo un ambito storiografico costituito da memorie, lettere, diari, appunti, prodotti soprattutto da soldati e da emigrati.
Tutto questo materiale costituisce un settore di testimonianza ancora purtroppo non del tutto apprezzato, ma la sua lettura a volte ci dà la possibilità di imboccare la giusta strada per ulteriori approfondimenti.
Andiamo ad alcune vicende della prima guerra mondiale che videro coinvolti dei nostri concittadini.
I vincoli di amicizia coltivati in paese, dai giovani soldati al fronte vengono alimentati o attraverso incontri fortuiti o attraverso la richiesta di notizie nelle lettere inviate ai parenti rimasti a Mezzojuso.
E’ il caso della lettera inviata ai genitori in data 2 luglio 1917 da Salvatore Muscaglione (vedi Eco della Brigna n. 6, novembre 1998). Nella missiva egli fa loro sapere che “tanti giorni addietro è morto Andrea il figlio di Petrino Ribaudo” e chiede se in paese si sia a conoscenza del fatto. Nel suo Diario di guerra Alfredo De Lisi parla spesso di incontri avuti al fronte con conoscenti e amici mezzojusari o dei paesi vicini (ad esempio, Vincenzo Perniciaro, Biagio Cuttitta, Salvatore Buttacavoli, Giovannino Lascari). In data 5 agosto 1917, viene appuntato: “Appresi, con mio sommo dispiacere, la triste fine che ha fatto maestro Vito Labarbera. O Dio quando finirà questa tremenda carneficina?”
I nomi di Salvatore Muscaglione, Petrino Ribaudo e Vincenzo Perniciaro li troveremo tra i caduti nella lapide di piazza Umberto I°. Ma, per esempio, che “triste fine” ha fatto Vito La Barbera che non è citato nella stessa lapide?
La trascrizione dell’atto di morte ci segna la strada da seguire per dare a noi stessi una risposta.
L’anno millenovecentodiciotto addì quattordici gennaio in Mezzojuso nella Casa comunale.
Da S.E. il Ministro della Guerra mi viene spedito lo infrascritto atto di morte concepito come appresso:
“Ministero della Guerra. Direzione generale leva e truppa. Divisione matricole. Stato Civile in guerra.
Estratto dell’atto di morte del soldato La Barbera Vito.
 Il sottoscritto Direttore Capo della Divisione Matricole dichiara che nel registro degli atti di morte in tempo di guerra del 142° Regg. Fanteria a pagina 12 ed al n. 1285 d’ordine trovasi inscritto quanto segue: ‘L’anno millenovecentodiciassette ed alli 16 del mese di Luglio nel comune di S. Maria La Longa mancava ai vivi alle ore 7 in età di anni 35 il Soldato La Barbera Vito del 142 Regg.to, 6a Compagnia, Matricol 59577, distretto 33, classe 1882, nativo di Mezzojuso, provincia di Palermo, figlio di Vittoriano e di fu Militello Nunzia, morto in seguito a Ferite da fucile, sepolto al cimitero di S. Maria La Longa come consta dal verbale Mod 147 debitamente inviato e sottoscritto dal comandante il Reparto Tenente Salvatori Sig. Arcangelo e dai testi Sergente Maggiore Motta Giulio e dal Ten. Cappellano del 14° Fanteria Chelli Don Genesio. L’Ufficiale d’amministrazione Incaricato della tenuta del registro firmato Illeggibile.
Roma lì29 Dic 1917.
Io Delisi Antonino Segretario delegato dal Sindaco con atto sedici aprile mille novecento otto approvato Ufficiale di Stato Civile del Comune di Mezzojuso, in esecuzione della legge ò eseguito la presente trascrizione, formandone lo allegato, e mi sono sottoscritto”.
Questo il testo trascritto nel registro dei morti del comune di Mezzojuso.
Ci fanno da spia alcuni elementi: “morto in seguito a Ferite da fucile”, il 142° reggimento e il cimitero di Santa
Maria La Longa. Cosa era successo? La Grande Guerra, come viene chiamata, si presenta subito con tutta la sua novità di guerra di massa e di logoramento. Per il fronte italiano è soprattutto guerra di trincea. Condizioni oggettive di difficoltà soprattutto logistiche, cattiva preparazione, operazioni non risolutorie, situazione economicosociale della nazione, fanno sì che il malcontento e la protesta avanzino sia nelle città che al fronte. E si avranno casi di diserzione e di ammutinamenti.
Per quanto riguarda il fronte, Cadorna vorrà attribuire tutto ciò alla propaganda ideologica e disfattista. Ma si tratta solo di stanchezza di fronte alla carneficina e alla durezza della disciplina.
A questi casi di protesta non si sottrae una delle brigate più famose, la Catanzaro. Già nel 1916 ha avuto infatti un caso di decimazione.
Dall’ultima settimana di giugno 1917 i fanti della Brigata Catanzaro si trovano nei pressi della località Santa Maria La Longa (Friuli), per un periodo di riposo, dopo una serie di aspri combattimenti in prima linea. Tra l’altro sia il 141° che il 142° reggimento della brigata si sono precedentemente distinti in importanti imprese belliche e per tale motivo hanno ricevuto significativi riconoscimenti. La domenica del 15 luglio si sparge però la voce che al più presto bisogna ripartire per la prima linea. E precisamente verso Trieste.
La sera scoppia una rivolta che si protrae per molte ore con diversi morti e feriti. La rivolta viene repressa grazie anche all’arrivo di rinforzi e con una  sommaria fucilazione di alcuni ribelli.
L’indomani avviene la decimazione. Dodici rivoltosi vengono estratti a sorte, fucilati all’esterno del muro del cimitero di Santa Maria la Longa e seppelliti in una fosse comune. Tra i fucilati vi è il nostro Vito La Barbera.
Gabriele D’Annunzio, dopo aver temuto la sera prima di diventare obiettivo dei rivoltosi, assiste alla fucilazione e l’episodio non sfugge né alla sua penna né alla sua vocazione al gesto retorico ed esemplare. Il poeta infatti non si sottrae dal deporre alcune foglie d’acanto sui corpi dei fucilati e fissa le proprie impressioni su alcuni appunti che svilupperà qualche anno dopo, nel 1922. Ne sortirà una pagina carica di enfasi, non solo linguistica, che vuol considerare parimenti il valore indiscusso della Brigata Catanzaro e la tragica fine di alcuni suoi figli di cui riconosce la fragilità.
A guerra finita ci saranno anche diverse versioni con strascichi polemici sull’accaduto.
Alcune famiglie riceveranno la pensione, ma la verità sulla sorte dei loro cari è eufemisticamente nascosta in
quel “morto in seguito a Ferite da fucile”. Nei tanti Albi d’Oro non leggiamo i nomi di questi decimati. “Nei simbolici alberi” del “parco di rimembranza” di Mezzojuso non figura mastro Vito La Barbera di Vittoriano e di fu Nunzia Militello. Il suo nome è però inserito nell’elenco dei caduti incorniciato all’interno della nostra sezione dei Combattenti e Reduci. Qualcuno ha voluto dimenticare, qualche altro no.

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