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domenica 23 gennaio 2011

Il Ponte di Messina

di Nicola Graffagnini

Giorni fa da Corrado Augias, Rai tre si è parlato del Ponte di Messina, in occasione della presentazione di un libro sull’argomento, l’autore, un Professore dell’Università della Calabria durante la breve presentazione esponeva una teoria sul “terremoto atteso”, davvero interessante che proverò a raccontare.
A scuola, negli istituti superiori si studiano le scienze e anche i principi basilari di geografia generale e geologia. Abbiamo studiato in questo contesto che nel mondo vi sono aree più o meno vocate al terremoto e tra queste vi sono il Giappone, il Cile, la Nuova Zelanda, la Turchia e anche l’Italia.
In Italia, vi sono anche zone asismiche come la Sardegna e la Corsica , le aree di maggiore intensità si trovano nell’Appennino centrale ( Vedi L’Aquila ) e meridionale e nella Sicilia orientale.
Le zone sismiche, che coincidono con le zone di massima vulcanicità, formano due strette fasce, una mediterranea o alpino-caucasico-hiamlayana, e una circumpacifica, fasce nelle quali si trovano i maggiori rilievi della terra, di corrugamento terziario.
In tutti i paesi civili nei quali sono frequenti i terremoti, sono stati organizzati dei Servizi sismologici, che studiano il fenomeno, riportando sulle carte geografiche i dati relativi all’intensità delle scosse nelle varie località e tracciandovi curve chiuse che limitano aree di uguale intensità. Ma non solo , per via delle numerose teorie sulla deriva dei continenti , si sa per certo che le grosse placche continentali si muovono lungo determinate direzioni , rilevate storicamente, provocando punti di rottura , le cosiddette faglie continentali ( come quella di S.Andrea ), informazioni che vengono tutte recepite nelle carte geologiche nazionali.
Strano a dirsi, in Italia non abbiamo ancora una carta geologica nazionale completa che riunisca tutte le informazioni macro e le concentri poi zona per zona, a seconda delle tipologie, imponendo in ogni singola area come occorre costruire con parametri di sicurezza, dato il tipo di terreno su cui insistono le abitazioni ecc.
La carta da molto tempo ormai è ferma al 50% e ogni tanto, in special modo dopo i fatti di Giampileri a Messina, i rappresentanti dell’ordine regionale dei geologi hanno più volte rammentato l’esigenza di finanziare il completamento della carta geologica, almeno della Sicilia.
Secondo i geologi che lavorano in questo settore si possono fare previsioni circa la localizzazione di futuri terremoti e non circa il tempo in cui avverranno, le carte geologiche nazionali hanno il compito di raccogliere tutte le informazioni su ciascuna area, specialmente su quelle colpite nel passato da violente scosse, perché sono le più vocate a poterne registrare altre dello stesso tenore, questa sarebbe la “teoria del terremoto atteso” su ci si basa l’opera dell’Autore che contesta evidentemente la costruzione del Ponte di Messina.
Secondo questa teoria , esposta in estrema sintesi , parlare del ponte di Messina è una pazzia, può essere una ipotesi di scuola ma non certo di fattibilità sicura, dati i precedenti e violenti terremoti subiti dall’area, a parte l’imponenza della somma prevista di 6 mld di Euro, che certamente avrà le lievitazioni all’Italiana, tipo quelle della Salerno-Reggio Calabria, il cui termine viene slittato da un biennio all’altro.
Si calcola che col costo aggiuntivo degli studi finanziati per il Ponte di Messina ( 400 milioni di euro ), a quest’ora la Salerno -Reggio Calabria, sarebbe di già una realtà consolidata nel Paese, senza quelle interruzioni tecniche ed economiche finora subite.
A Messina, si registrò una scossa pari all’undicesimo grado della Scala Mercalli, ci furono da 100 a 150 mila morti, anche per il maremoto conseguente al sisma. Dalla sala operativa dell’Istituto di geofisica nazionale , si tiene sotto controllo tutta la penisola con l’aiuto di 150 stazioni permanenti. Ma non è possibile prevenire il terremoto, mentre con l’approntamento delle carte geologiche è possibile costruire le case in modo da resistervi, ecco perché a Messina è imposto il divieto di costruire in certe aree oltre il terzo piano, e la cosa appare più evidente se prendiamo una vecchia cartolina di Messina e la confrontiamo con qualche altra città d’Italia. Per non andare ancora più lontano nella valle del belice, i Comuni vennero divisi in categorie per la tipologia dei progetti di ricostruzione.
Secondo l’autore del Volume, prima di parlare del Ponte dobbiamo chiederci, qual è il terremoto atteso? E poi, è possibile costruire manufatti resistenti anche all’undicesimo grado della Scala Mercalli ?
Questi dati si dovrebbero leggere per primi sul progetto definitivo, del cui iter ancora non si sa nulla.
- Alcuni dati per ricordare di che cosa stiamo parlando. La lunghezza del ponte a unica campata, sarebbe di 3500 metri, cioè 3,5 Km.
- Le due torri a sostegno della campata unica, sono previste di 100 metri di altezza dal suolo, escluso il basamento.
Secondo questo autore il Ponte avrebbe almeno due problemi tecnici, non di facile soluzione:
- la dilatazione termica delle corde di acciaio che dovrebbero reggere la campata unica;
- l’altezza della campata potrebbe far subire delle oscillazioni al manufatto, dovute al vento, con effetti chiamati di risonanza e venti superiori a 68 Km. A tal proposito l’Autore cita il caso del Ponte di Hakashi in Giappone, ove “non è consentito il passaggio del treno” per il pericolo dell’oscillazione.
Altri problemi, di natura non tecnica sarebbero dati:
- dalla natura stessa dei lavori di movimento terra e di forniture di cemento, settori in cui la permeabilià della mafia è notevole in Sicilia e in Calabria;
- il ponte toglierebbe un lavoro sicuro alle migliaia di marittimi attualmente impiegati nell’attraversamento dello Stretto , i cui tempi di attesa si potrebbero ancora accorciare, per evitare le fila di macchine di un tempo.
Mentre il problema numero uno per eccellenza resterebbe il rischio sismico, perché ogni anno nel mondo si appalesa un evento sismico superiore a 7,2 della Scala Richter, l’autore si chiede in ultima analisi, che cosa succederebbe di fronte ad un evento simile ? C’è un’altra teoria per cui sarebbero da rivedere i costi effettivi e le date di realizzazione, per cui non si parlerebbe più di 6 mld e del 2017, ma si andrebbe molto oltre …

Considerazione finale .
Di fronte all’enorme massa di denaro che si dovrebbe investire, con un grande punto interrogativo sospeso sul vuoto, durante gli anni dei lavori, occorre verificare un altro punto di vista seminascosto, finora poco discusso perché di interesse esclusivo dei Siciliani, argomento di dibattito nella città di Messina, ma anche nel resto d’Italia piena di buon senso . .
Che cosa conta diminuire di trenta minuti il passaggio dello stretto, mentre l’anello autostradale della Sicilia e quello ferroviario, non solo sono incompleti, ma risultano arretrati di almeno trenta anni ? Per non parlare delle tratte ferroviarie isolane, che in atto non potrebbero accogliere la movimentazione razionale di uomini e merci, a fronte di un ipotetico slancio miracoloso di natura imprenditoriale nelle aree metropolitane di Palermo e Catania ..
Il problema che si porrà di fronte nei prossimi giorni e mesi, quindi non può essere quello di consentire alle ferrovie dello Stato e all’ANAS un possibile investimento dilatato sul Ponte, bensì quello di privilegiare semmai i due tempi secondo le leggi di una buona economia, cosa conviene far prima e cosa verrebbe dopo ( ferma restando le ipotesi dei geologi sul terremoto atteso).
Nicola Graffagnini

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