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domenica 18 aprile 2010

Lettura evangelica domenicale nel rito bizantino

a cura di Giuseppe Caruso
La seconda domenica dopo Pasqua, nel rito bizantino, è dedicata alle donne miròfore. Il termine miròfore significa portatrici di myron, un unguento che veniva utilizzato dai popoli semitici per l’imbalsamazione del cadavere. Secondo i Vangeli, quando Gesù fu calato dalla Croce, essendo la vigilia dello Shabbàt, le donne non ebbero il tempo di ungere il corpo del Signore. Terminato il sabato, “il primo giorno dopo il Sabato”, si recarono al sepolcro per compiere questo ultimo rito di pietà e di amore verso il loro Maestro. Con loro meraviglia trovano la tomba vuota e un angelo che annunzia loro la risurrezione del Cristo e le invita a farsi esse stesse portatrici del messaggio. Esse corrono ad annunciare la lieta notizia ai discepoli e proprio per questo motivo la chiesa bizantina le venera come isapostole, cioè uguale agli apostoli. Tale titolo è riservato, oltre che per queste donne, anche per i Santi Costantino ed Elena che diedero la libertà di culto ai cristiani. Un’Ypakoì che riguarda le mirofore recita:

Giungendo prima dell'alba,
Maria e le sue compagne
trovarono la pietra del sepolcro ribaltata
e udirono dall'angelo queste parole:
Perché cercate tra i morti, come un uomo,
colui che è nell'eterna luce?
Guardate le bende sepolcrali,
correte e annunziate al mondo
che è risorto il Signore,
uccidendo la morte:
perché è il Figlio di Dio,
colui che salva il genere umano.

L’invito dell’angelo non è rivolto esclusivamente alle donne, ma anche a noi che per dono battesimale siamo diventati anche annunciatori della risurrezione del Signore, del Kyrios. Magari non un annuncio esplicito ma sicuramente, e vale a maggior ragione per noi laici, un annuncio fatto di testimonianza in tutti quegli ambienti in cui siamo chiamati a lavorare e ad operare, ambienti intra ed extraecclesiali. Un invito, dunque, a brillare anche noi della luce della risurrezione, divenendo, per dirla con San Giovanni, figli della luce e non delle tenebre. Un invito che tocca soprattutto attualmente le nostre comunità parrocchiali.

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