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sabato 5 ottobre 2024

Riflettiamo sulla Sicilia di ieri e di oggi

La strana realtà della Mafia.

Quando storicamente ci viene detto che è in declino, è segno che... 

 Prima di iniziare ad occuparci del fenomeno “mafia” per  alcune pagine del blog, proveremo a cogliere, per quanto riusciamo ad esporre, e per quanto è nelle nostre possibilità di curiosi-osservatori, il taglio e l’aspetto culturale di ciò che figure come i sociologi Anton Blok o Pino Arlecchino o altri ancora ci hanno fatto apprendere in anni passati su cosa sia “mafia”.

Vi è una Sicilia babba,

cioè mite, fino a sembrare mite,

una Sicilia “sperta”, cioè furba,

dedita alle più utilitarie pratiche della violenza e della frode.

Vi è una Sicilia pigra, una frenetica;

una che si estenua nell’angoscia della roba,

una che recita la vita come un copione di carnevale:

una infine che si sporge da un crinale di vento

in accesso di abbagliato delirio

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Gesualdo  Bufalino 

e’ stato uno scrittore poeta e aforista italiano.



La mafia siciliana è per Blok
«(...) un modus vivendi tra
le richieste 
della struttura politica formale 
da un lato e le tradizionali 

esigenze locali dall'altro
»
e il mafioso è un intermediario
politico o mediatore che detiene
il controllo dei canali che
connettono il villaggio,
l'infrastruttura, alla società più ...




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Per quanto riguarda cosa Anton Blok leggeva sul fenomeno mafioso siciliano, e più specificatamente su quello locale di Contessa Entellina, ci piace riportare uno stralcio del pensiero di Gabriella Gribaudi  (storica dell’Universita Federico II di Napoli):

La mafia di un villaggio siciliano è il primo tra i lavori di questi studiosi ad essere tradotto in italiano e in questo senso può avere ancora oggi un particolare valore divulgativo. Anton Blok prende in esame la mafia di un villaggio siciliano dal 1860 al 1960. Il villaggio, a cui dà il nome di Genuardo, è situato nella zona del latifondo della Sicilia occidentale prevalentemente coltivata a grano. La genesi e lo sviluppo della mafia vengono inquadrate nel processo di formazione dello Stato. Una prima manifestazione del fenomeno si ebbe con il tentativo dei Borboni di attuare un maggior controllo sull'isola e ostacolare il potere dei baroni-latifondisti favorendo una relativa emancipazione dei contadini. Bande d'armati furono allora reclutate dai grandi proprietari tra le file delle classi popolari per contrastare da un lato l'opera dello Stato e dall'altro le aspirazioni dei contadini stessi, e mantenere il proprio monopolio della violenza.

L'inserimento del nuovo Stato, con un più preciso progetto unitario, favori e amplificò il ruolo di mediazione e di controllo attuato da questi gruppi di uomini con la violenza. Si allargava la configurazione delle forze in gioco, cresceva la possibilità di muoversi tra diversi ambiti e livelli di potere, si moltiplicavano i canali delle risorse, ma nello stesso tempo la società continuava ad essere segmentata, divisa; venivano confermati e si aprivano gap di comunicazione tra i vari livelli. I mafiosi si trovarono per questo in una posizione cruciale di mediazione, posizione che cercarono di legittimare e monopolizzare nel tempo. Da questa posizione poterono a loro volta controllare i canali delle nuove risorse, rispetto a cui si creò una concorrenza tanto più efferata e sanguinosa quanto più lo Stato era assente nella gestione della violenza.

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