Nel 1520 gli abitanti di Contessa disposero finalmente dei requisiti per poter accedere alla costituzione di una loro “Università”, ossia per avere riconosciuto lo status di comune autonomo.
Le colonie arbreshe stabilitesi in Sicilia, delle quali disponiamo i ‘Capitoli’, ossia che sono state costituite in comuni feudali, sono sette e cioè: Palazzo Adriano, Biancavilla, Piana dei Greci, Mezzojuso, San Michele di Ganzeria, Santa Cristina e Contessa.
Le approvazioni dei signori feudali ed ecclesiastici dei nuovi capitoli, concessi alle colonie greco-albanesi, avvennero nel 1482, 1501, 1507 e 1553 per Palazzo Adriano, nel 1488 per Biancavilla e Piana dei Greci, nel 1501 per Mezzojuso, nel 1534 per San Michele di Ganzeria, nel 1691 per Santa Cristina e nel 1520 per Contessa.
A sottoscrivere la concessione dei capitoli, per quanto riguarda Contessa, fu il conte Alfonso Cardona, che nel 1518 aveva ottenuto l’investitura baronale su Chiusa, Burgio e Calatamauro. Due anni dopo l’istituzione dell’Università il conte Alfonso ottenne dal Vicere la concessione del mero e misto impero sull’intero territorio di Contessa, territorio ricavato dalla precedente baronia di Calatamauro.
Dai Capitoli, di cui disponiamo le riproduzioni fatte stampare nel tempo dal Comune, conosciamo i nomi delle persone che in rappresentanza della comunità convennero e ottennero l’istituzione dell’Università: Palumbo Ermi, Luca Carnesi, Paolo Zamandà e Giorgio Carnesi. Con molta probabilità di non sbagliare possiamo affermare che la prima corte giuratoria (cioè i primi amministratori comunali, in numero di quattro) del neo costituito comune furono proprio loro. La massima autorità locale tuttavia restava Don Alfonso, o in sua assenza il governatore. E nelle mani di Don Alfonso i neo amministratori, in ginocchio, dovettero giurare di esercitare i propri compiti “secondo il servizio di Dio, del re, del padrone dello stato e del pubblico”.
Formula molto diversa da quella che gli odierni amministratori comunali pronunciano, non in ginocchio, bensì in piedi “Giuro di osservare lealmente la Costituzione italiana e di adempiere le mie funzioni con scrupolo e coscienza nell’interesse del Comune in armonia agli interessi della Repubblica e della Regione”.
Non si pensi che i quattro giurati amministrassero gran chè. Venivano scelti solo se graditi all'amministrazione della sacrezia, ossia se di fiducia del barone, e operavano sotto il rigido controllo di essa 'secrezia' che in ogni questione dettava quelle che affermava fossero le istruzioni del conte (cfr. post del 18-10-2009).
Ho non pochi dubbi sulla ricostruzione del giuramento dei primi amministratori comunali. In realtà il rapporto di forze fra i padri fondatori di Contessa ed i feudatari latini non poteva essere così tanto sbilanciato a favore di questi ultimi come adombrato nella ricostruzione di sopra.
RispondiEliminaSolo pochi anni dopo questi fatti, ad esempio, in occasione del famoso caso di Sciacca, l'intervento militare dei contessioti e dei cittadini di altri paesi "arbëresh" fu risolutivo nell'assicurare alla città di Sciacca, ed a tutto il territorio compreso fra il Platani ed il Belice, una pace stabile e duratura dopo un lunghissimo periodo di sanguinose guerre intestine.
Inoltre i feudatari avevano un forte interesse di ripopolare i territori su cui esercitavano la giurisdizione; territori una volta fiorenti ed ormai completamente spopolati per la cronica instabilità politica della Sicilia occidentale che da piu di 400 anni era contesa fra numerosi padroni, uno piu distruttivo dell'altro, senza che nessuno riuscisse a sopraffare i contendenti.
Ancora, questi immigrati dal civilissimo oriente bizantino dovevano essere in una posizione di netta superiorità culturale rispetto ai barbari feudatari occidentali.
In base a tali considerazioni ritengo che il quadretto delineato in questo post, di amministratori inginocchiati al cospetto di A. Cardona sia sostanzialmente inattendibile. Bisognerebbe forse, quando si dispone della tastiera di un computer, cercare di sfuggire alla tentazione di gettare fango su persone che non si possono difendere.