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sabato 6 gennaio 2024

Epifania

 Ed ecco si aprirono per lui i cieli

ed egli vide lo Spirito di Dio

discendere come una colomba

e venire sopra di lui.

Matteo 3,16


La parola Teofania viene 
da due lemmi greci,
Theos
 (Dio) e Phainestai 
( essere apparso  
manifestato). Significa:
 "manifestazione di Dio". 

La parola Epifania viene 
dalle parole greche 
epì ("dall'alto") e phanein 
(manifestare). Significa;
 "manifestazione dall'Alto" 
per antonomasia.









Riportiamo la lettura/interpretazione del Cardinale Gianfranco Ravasi sul testo evangelico riferito alla ricorrenza dell'Epifania


La cornice storica del passo citato è l’evento che si sta compiendo su una sponda del Giordano (forse la riva orientale giordana, secondo l’opinione di vari studiosi basata sugli scavi archeologici degli ultimi decenni):Gesu’ è battezzato da Giovanni. Il fatto è certamente storico perché non si sarebbe mai “inventato” da parte dei primi cristiani un episodio che vede Cristo “inferiore” al Battista e che per di più lo ritrae nell’atto di ricevere un battesimo fatto per “confessare i peccati (Mt 3,6). Nell’interno di questo evento storico e’ incastonata, però, un’esperienza che Matteo descrive come personale, vissuta dal solo Gesu’.

Infatti, è “per lui” che si squarciano i cieli ed è solo sua la visione dello Spirito di Dio sotto il simbolo della colomba, un segno variamente interpretato, anche perché quest’uccello sembra essere un’emblema di Israele (Sal 68,14;74,19; Os.7,11). In questo caso lo Spirito divino rappresenterebbe la nuova comunità fedele che si raduna attorno al Messia. A questa esperienza intima di Gesu’ viene associata una epifania divina aperta a tutti. E’ la voce dal Cielo che proclama: “Questi e’ il Figlio mio, l’amato in lui ho posto il mio compiacimento” (3,17).

La frase merita un’attenzione particolare perché assegna il significato ultimo all’evento del battesimo che Gesu’ ha appena ricevuto da Giovanni. Non per nulla gli esegeti parlano di una “visione interpretativa” per definire il valore di quanto abbiamo appena descritto. L’atto rituale di purificazione, che il Battista amministrava agli Ebrei che accorrevano a lui, si trasforma così in una sorta di investitura solenne messianica davanti a tutto Israele.

Ma la rilettura evangelica con quella frase “celeste” va oltre e, alla luce della gloria pasquale, delinea un messianismo più alto di natura trascendente. Come è noto, infatti, la figura del Messia atteso dall’ebraismo aveva connotati creaturali, così da non inficiare il rigoroso monoteismo biblico. In questa linea anche il misterioso Figlio dell’uomo cantato da Daniele  (7,13-14), dotato da Dio di un potere supremo, veniva lasciato nel limbo di un messianismo non applicabile a nessuno, tant’è vero che sarà Gesu’ (seguito dalla Chiesa delle origini) ad assegnarsi tale titolo “eccessivo”, creando una sorta di provocazione nel contesto religioso di allora. Esplicita, invece, è adesso la definizione evangelica di Cristo: nel quadro di questa visione trascendente egli è presentato come il Figlio prediletto e unico di Dio.

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