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giovedì 6 novembre 2014

Sapori di Sicilia (5)

Abbiamo iniziato un viaggio storico in direzione della tradizionale e culturalmente espressiva gastronomia contadina sul territorio contessioto ed abbiamo messo in evidenza che dal settecento in poi cominciano a crollare le modalità della gastronomia tipica albanese e gli arbëresh del luogo cominciano a modellare la cucina locale a quella popolare e contadina della Sicilia, della Sicilia Occidentale soprattutto.

Sappiamo tutti che il paesaggio siciliano è caratterizzato da un frequente susseguirsi di dominazioni, ognuna delle quali ha portato con sé piante o elementi vegetali aromatici di cui ancora oggi noi individuiamo la provenienza.
Il giallo del frumento, il verde delle vigne e degli ulivi –per chi sa leggere la Storia ed il Territorio- testimoniano di un passaggio, di una orma tipicizzata;  le piante sono in un certo senso la didascalia scritta nel tempo. 
Lo ripetiamo per chi finora non ci ha seguito: gli uliveti di Serradamo, Contesse e Bagnitelle parlano di Epiro sia per le zone (sempre scoscese) che per la disposizione delle piante. Pure le piante di vigneto esistenti fino a cinquant’anni fa erano palesemente su disposizioni balcaniche.

I profumi che ancora oggi sentono coloro che si avventurano per le trazzere (quelle ancora non occupate abusivamente dai proprietari limitrofi)  del vasto territorio contessioto sanno (per chi conosce la Storia…)  di remoti percorsi  attraversati con l'estasi aromatica di altri tempi da elimi, punici, greci di Corinto, schiavi addetti alle costruzioni di templi lungo la costa meridionale dell’isola, legionari romani che a piedi attraversano la trazzera (ancora oggi definita regia) che passa proprio da Scirotta, Bufalo, Chiappetta e punta a Sciacca. 
Non è difficile inoltre saper leggere siti (già casali) ove sono transitati devoti cristiani bizantini in fuga verso la Sicilia Orientale con le icone sui carri per sottrarsi alla furia delle milizie nord-africane dei sultani e degli emiri.

Gli stessi profumi che stanno ai bordi delle nostre residue trazzere li sentirono le scorte militari che accompagnavano Caterina d’Aragona verso Santa Maria del Bosco.
Tutte queste stratificazioni etniche non sono passate invano. Tutte hanno lasciato tracce, non solo gastronomiche. 
Nella gastronomia però questo territorio, queste terre che ci stanno attorno, hanno garantito una grande versalità per i gusti di ciascuna popolazione. Le popolazioni da noi elencate se pure non tutte si stanziarono sul nostro territorio però, attraversando la millenaria trazzera risalente ai greci che da Palermo attraversava l’interno dell’isola per Serra, Bufalo … in direzione di Sciacca, tutte hanno sostato per riposare o cambiare i cavalli nei documentati fondaci-mulini nei pressi di Calatamauro. 
Nei mulini-fondaci si potevano gustare gli stufati contadini (pollo, maiale, conigli). Carni queste destinate solamente a chi poteva pagare; sappiamo infatti che i contadini del luogo, gli stessi gestori del fondaco-mulino, mangiavano, quando andava bene, il pesce d’uovo (omeletta arricchita con mollica di pane raffermo e pecorino oppure la pasta con le sarde (però la si faceva con le “sarde a mare”, ossia senza le sarde o con quelle sotto sale) e utilizzando le verdure spontanee, quelle che ancora oggi  molti dei contessioti vanno a raccogliere a Serra, Madonna Odigitria, Bufalo, Gorgo (finocchietto, cicoria, aromi etc.). 
Sicuramente in quel fondaco veniva servita frequentemente la pasta con l’aglio. Verosimilmente pure Caterina d’Aragona sarà stata attratta dall’odore intenso e per l’elevato contenuto di “allucinna”.
Fino a pochi anni fa l’aglio veniva dai contadini confezionato in trecce e poi appeso sui balconi dalle casalinghe in attesa di finire a spicchi nel mortaio di legno, raramente di bronzo o di marmo, insieme a basilico e pomodoro.
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Attingiamo adesso al ricettario della cucina di primo Novecento, accuratamente conservato da una famiglia contessiota.

Pomodori secchi fritti (per quattro persone)
16 pomodori secchi sott’olio
1 ciuffo di basilico
4 cucchiai di mollica di pane raffermo grattugiato
1 spicchio d’aglio
2 cucchiai di pecorino grattugiato locale
Olio di Contesse-Vaccarizzotto
Sale e pepe

Sgocciolare i pomodori e farli asciugare (oggi con carta da cucina – Mescolare la mollica di pane con il pecorino, l’aglio tritato, le foglie di basilico spezzettate, 1 cucchiaio d’olio, una presa di sale e una spolverata di pepe; distribuire il composto ottenuto in 8 pomodori – Coprire questi ultimi con i pomodori rimasti, facendo combaciare i bordi, e friggere i “fagottini” in padella cn un bicchiere d’olio caldo, rivoltandoli delicatamente a metà cottura.

Pomodori secchi conditi sott’olio
Pomodori maturi
Peperoncino
Basilico fresco
Olio di Contesse-Vaccarizzotto
Aglio
Sale

Lavare ed asciugare il pomodoro. Dividerli a metà e disporli su assi di legno. Cospargerli con abbondante sale grosso, coprirli con un velo ed esporli al sole, avendo cura di non farli asciugare troppo.
Quando si saranno essiccati, condirli con un battuto di aglio, basilico e peperoncino e trasferirli in barattolo comprendoni con un filo d’olio (oggi possono usarsi barattoli a chiusura ermetica, allora -1905- i contenitori venivano colmati con olio più abbondante).

Fare riposare la preparazione per almeno 15/20 giorni.

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