La Storia ci ha lasciato importanti testimonianze sul ruolo assolto nei secoli feudali dal Castello di Calatamauro.

Le memorie storiche assegnano al Castello la partecipazione alla Grande Storia dell'isola solamente in due circostanze:
1) Nel periodo di assedio e poi di distruzione di Entella, quando verosimilmente Federico II sostò in esso;
2) Nel periodo della guerra del Vespro quando l'alleanza fra Palermo e Corleone puntò a neutralizzare il ruolo svolto nel campo angioino dalla fortezza di Calatamauro.
In questa seconda circostanza furono distrutti centinaia e centinaia di ettari di boschi che circondavano il Castello, messi a fuoco per giorni e settimane dagli insorti palermitani e corleonesi.
Il Castello conservò un qualche ruolo ancora con i Peralta fino all'inizio del Cinquecento, ma con la fondazione del paese arbëresh di Contessa e poi con i Cardona perse qualsiasi ruolo politico-strategico e si avviò al degrado che ancora oggi lo caratterizza.
Già nella seconda metà del Quattrocento lo stile di vita ed i costumi dell'aristocrazia isolana erano divenuti meno barbari di quelli della prima fase del feudalesimo. L'aristocrazia preferì abbandonare i Castelli isolati nelle campagne per trasferirsi nei nuovi e lussuosi alloggi baronali all'interno dei loro "stati".
I Cardona stettero anche dopo la costruzione di Contessa per qualche tempo fra Chiusa, Giuliana e Burgio; ma soprattutto a Messina e a Palermo (città demaniali) gustavano le comodità della vita cittadina.
I Castelli, sebbene sicuri rispetto alla diffusa violenza che regnava nell'isola durante il feudalesimo, non furono mai luoghi di comodità e di lusso; d'altronde col finire del Quattrocento cominciò a diffondersi l'uso dell'artiglieria e le famiglie nobiliari abbandonarono pure i loro "stati" feudali per le città demaniali dove le mura cittadine offrivano nonostante tutto qualche garanzia di difesa e soprattutto il lusso.
Caratteristica del feudalesimo isolano
In Sicilia il feudalesimo assunse caratteri tutti suoi, differenti dal resto d'Italia e d'Europa. Le realtà locali, ossia i domini, non vennero sul piano amministrativo quasi mai aggregati e gestiti con una medesima struttura unificante.
Gli arbëresh di Contessa sebbene ricadenti nei domini dei Peralta e poi dei Cardona furono costituiti in "stato di Kuntissa", scisso e senza alcuna funzionalità con gli altri "stati" degli stessi Peralta e/o Cardona, ossia con lo "stato feudale di Chiusa", lo "stato feudale di Giuliana" e così via. Eppure questi "stati" e altri erano tutti limitrofi fra loro.
Con l'abbandono dei Peralta-Cardona, anche fisico, del Castello di Calatamauro, però avvenne che il territorio di diretto domini di esso fu aggregato al nascente "stato feudale di Kuntissa", a cui vennero aggregati molti altri feudi rustici.
Nel resto d'Italia ogni "stato feudale" era invece costituito su vasti territori comprendenti diverse e grandi città.
Sarà stata -verosimilmente- questa circostanza di isolamento territoriale ed amministrativo ad avere garantito la conservazione linguistica e di costumi religiosi agli arbëresh ?
E' probabile.
Viene da chiedere perchè mai questa separatezza e questa netta separazione di governo ?
la risposta è semplice: il Signore, chiunque egli fosse, vendeva gli "stati" e relative popolazioni, li assegnava per nozze e per testamento, li affittava, ne faceva ciò che riteneva di fare. Territori e persone non possedevano diritti: ciò che veniva riconosciuto non era altro che "graziosa concessione".
Certo è che i Peralta e poi ultimamente i Colonna ebbero a rappresentare nel Parlamento dell'isola fino a 30/40 stati feudali, ma mai esistette una amministrazione unica o un legame governante -sia pure formale- fra i singoli "stati". Solamente la contea di Modica, in Sicilia regno nel regno, fu gestita con organismi unificanti.
Nessun commento:
Posta un commento