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venerdì 2 gennaio 2015

Una foto, una riflessione: Il futuro dell'Homo sapiens sapiens --2--

Ci siamo intrattenuti, nel primo numero di questa rubrica, del rapporto che ci troviamo a vivere "uomo-natura" ed abbiamo preso spunto da quanto accaduto nell'agosto 2005 a New Orleans (Usa).
Il proposito che ci siamo imposto è quello di tentare di capire, da un punto di vista filosofico-scientifico chi è l'uomo, senza voler trascurare il punto di vista religioso.
Faremo il percorso partendo dalla tradizione umanistica per arrivare ai nostri giorni in cui i punti di vista sono tanti, forse troppi.
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LA TECNOLOGIA MOLTIPLICA LE MACCHINE 
E RIDUCE LA COMPLESSITA' UMANA ?


Il celebre disegno "L'uomo di Vitruvio" di Leonardo da Vinci
rappresenta la centralità dell'uomo.
Fu realizzato nel 1490, riprendendo
il testo sulle proporzioni umane del
celebre architetto romano Vitruvio

Nel secolo appena trascorso, il Novecento, è avvenuta la radicale trasformazione del concetto di "uomo", o se vogliamo della concezione che l'uomo ha di se stesso.

Fino ad alcuni decenni fà l'uomo veniva letto, interpretato, mediante la tradizione umanistico-rinascimentale, ossia mediante quella cultura che scandagliava i miti ellenici sulla sua natura "incompleta". Si trattava di confrontare le virtù umane e quelle degli animali. Platone, richiamando Protagora,  asseriva che gli uomini sono il risultato dell'azione dialettica tra Epimeteo e Prometeo.
Accenniamo qui alla storia mitologica:
Epimeteo, il cui nome significa " colui che apprende in ritardo", dispensa le virtù biologiche alle differenti specie animali, quando arriva il turno degli uomini purtroppo i doni performativi erano già finiti e così sembrò che la nostra specie fosse condannata all'insufficienza.
Intervenne pertanto Prometeo, che vuol dire "colui che guarda avanti", che donò all'uomo il fuoco e la tecnica.
Raccontata in altro modo la storia vuole dirci che se Epimeteo ci condannò all'insufficienza e all'inadeguatezza, Prometeo  ci regalò la dimensione della "cultura", destinata a colmare l'insufficienza di "natura" che ci caratterizza e ci consente di compiere il balzo oltre la natura e pure di distanziarla.

Pico della Mirandola esprimeva questi concetti in questo modo:
"mentre ogni realtà esistente ha una sua natura, l'uomo non è determinato o costretto da alcuna essenza". Detto in altre parole l'uomo ha una sola condizione: la l-i-b-e-r-t-à, cioè la responsabilità di scegliere la propria sorte, nel bene e pure nel male.

Uomo incompleto ma con potenzialità
La centralità dell'uomo nasce quindi (secondo la cultura umanistica) dalla libertà radicata nel bisogno e raggiunta in virtù della stampella culturale.
L'incompletezza a cui saremmo stati destinati da Epimeteo, in verità si è trasformata nella possibilità di evitare biologicamente la "chiusura" specialistica che caratterizza gli animali, mossì più dall'istinto che da altro. All'uomo sono aperte tutte le possibilità  in termini di prestazioni attraverso il ricorso agli ausili.

L'incompletezza ha portato l'uomo a disporre di due colonne straordinarie:
-la libertà
-la virtualità.

Torniamo, adesso, alla foto su cui abbiamo basato le riflessioni. L'uomo di Vitruvio, con le braccia spalancate traccia i due assi dell'espansione spaziale e diventa coestensivo al mondo.
Il corpo tratteggiato dagli umanisti non è solamente un luogo solare strappato al castigo e alla negazione, ma è prima di tutto la celebrazione dell'immaturità, dell'abbozzo larvale in costante espansione. 

Se Leonardo ci adita orizzonti infiniti, altri continuano a soffermarsi sulla deficienza del corredo biologico che fa dell'uomo un essere caratterizzato da primitivismi, mancanza di adattamento, assenza di specializzazioni (quelle specificità che sono tipiche di ogni specie animale).
Secondo Darwin è possibile conciliare natura e cultura stante che quest'ultima ha fatto la comparsa nella specie umana in accordo con i criteri della selezione naturale.
La cultura avrebbe dotato l'uomo di una change aggiuntiva nel grande agone della sopravvivenza.
Se quindi per Darwin la cultura ha condotto l'uomo nell'alveo dei processi biologici, resta forte l'idea di distanziamento che essa avrebbe operato.
Le interpretazioni più recenti
Tra la fine dell'Ottocento ed il XX secolo i filosofi si sono confrontati con la crescente pervasività della tecnologia.
Anche coloro che celebrano i benefici della tecnologia non nascondono la doppia natura di
-eros, desiderio
-thanatos, personificazione della morte
implicita nell'abbraccio. La sensazione cioè che qualcosa di "umano" si avvia a morire. L'uomo vessato e surclassato dalle macchine per la prima volta nella storia del mondo comincia a cercare la simpatia dei "fratelli" animali (ambientalismo), si identifica nella natura violentata e soggiogata dalla tecnologia.
Ha denunciato l'arroganza
tecnologica che induce
l'uomo a moltiplicare le
macchine e a ridurre la
complessità umana
Alcuni autori (Martin Heidegger e Hans Jonas) vedono nel progresso tecnologico non solo un rischio mortale per il futuro dell'Homo sapiens sapiens, ma soprattutto una riduzione dei predicati di umanità.
Il pullulare di macchine nella consuetudine dell'uomo diviene principio di passività, perdita di controllo sul proprio destino,  disarmante sensazione di deriva, incertezza di radicamento.
Il celebrato modello vitruviano pare di colpo implodere sotto il peso di questi strumenti animati dal fuoco e forgiati dal duro metallo.
Prometeo da protettore dell'umanità diviene simbolo di una cattiva coscienza rimossa.

Nel Novecento si sono affermate, comunque, nuove interpretazioni. Vedremo quali.

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