Renzi ed il suo trasformismo non ha scoperto l'acqua calda. L'Italia di Matteo Renzi ne ha avuti tantissimi nella sua storia post-unitaria.
Con questo scitto di oggi proseguiamo nel nostro lavoro inteso a scandagliare nelle vicende del primo Novecento quelle che ci aiutano a capire i fatti dei nostri giorni.
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Gli anni che vanno dal 1860 al 1880 furono per il paese -pur nelle forti contraddizioni e ingiustizie sociali- anni di crescita socio-economica. Per alcuni anni governò la destra post-cavouriana e per altri anni la sinistra di Depretis.
Dal 1880 iniziano anni di delicata trasformazione degli assetti socio-economici del paese. Il liberismo imperante nell'Europa imponeva grandi modernizzazioni in un contesto economico che andava deteriorandosi rispetto al primo ventennio unitario.
Depretis, il leader della sinistra (sinistra liberale, si intende) che guiderà i governi fino al 1887, decide di delineare una strategia politica che non faccia pagare solamente alla sinistra i contraccolpi della crisi economica. Imposta pertanto una strategia di convergenze con la destra (che fino ad allora stava all'opposizione). Inizia praticamente la politica delle "grandi intese", allora definita "trasformismo".
Destra e Sinistra stringono una sorta di 'patto del Nazareno' secondo cui compongono maggioranze combinate di volta in volta ed in vista di prefissati obiettivi.
Il trasformismo di Depretis (lo ripetiamo -a scanso di equivoci- quello di Depretis) viene ritenuto all'origine della perdita di progettualità e di coerenza della politica italiana.
Inizia il lunghissimo periodo di "tirare a campare". In pratica accadrà che indipendentemente se alla guida del governo c'è un uomo della sinistra o della destra la sostanza resterà il conservatorismo a beneficio solo di chi già sta bene. Come dire che indipendentemente se al governo c'è un D'Alema o un Berlusconi, a condizionarli ci sarà sempre il Casini di turno a verificare che tutto resti immobile.
Anche in politica estera le "grandi intese" ( trasformismo) risentono della stessa impostazione fondamentalmente conservatrice. Iniziano gli anni delle velleità espansionistiche italiane (proprio come oggi. L'Italia non ha soldi per i disoccupati e però mantiene "pazzescamente" truppe in Afganistan, in Libano etc. etc.. Tutte scelte condivise -come sappiamo- dai governi D'Alema -il quale addirittura arriva a dare l'ordine all'aviazione tricolore di bombardare una delle più belle città d'Europa: Belgrado-, come dai governi Berlusconi).
Perchè l'Italia di Depretis e di Crispi (anche questo uomo della sinistra liberale) vogliono le guerre coloniali ? semplicemente per soddisfare gli interessi economici di (stavamo scrivendo Finmeccanica) di armatori e di industriali.
In questo contesto di finta sinistra e di vera destra matura nel paese una pesante crisi sociale che si esprime nel moltiplicarsi dei conflitti sociali (agitazioni contadine e scioperi operai).
Il governo, in nome dell'interesse del paese (ossia, delle classi sociali a cui sta bene la finta sinistra e la vera destra) inasprisce la repressione e l'autoritarismo (senza comunque arrivare mai a decidere l'insediamento di un Parlamento di nominati).
Nel 1894 si arriva, con la feroce repressione dei Fasci siciliani, organizzazioni spontanee che si propongono la revisione dei patti agrari, a dichiarare con Crispi lo stato di assedio con centinaia e centinaia di arresti.
A Milano, la grande rivolta di piazza del 1898 viene soffocata nel sangue dall'esercito, guidato dal generale Bava Beccaris, che da ordine di sparare sulla folla.
Dopo questi fatti l'immagine del sovrano "popolare" (?), mediatore fra classi sociali che Umberto I tentava di incarnare, comincia a perdere di credibilità.
I fatti di sangue e le repressioni rafforzano la convinzione che Umberto I, dietro la sua natura democratica, che si esprime nei risvolti della politica assistenziale, sia in realtà il responsabile, non unico, della svolta politica autoritaria.
La corrente anarchica del paese sceglie, in questo contesto, di vendicare gli eccidi di Milano e la repressione dei Fasci Siciliani. Gaetano Bresci, un anarchico emigrato negli Usa, torna in Italia e il 29 luglio, a Monza, uccide Umberto I. Condannato all'ergastolo morirà non molto tempo dopo in circostanze mai chiarite.
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