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giovedì 7 febbraio 2013

Vicende della nostra Storia - Conoscere cosa è accaduto ieri per capire perchè siamo arrivati a Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta

QUALI LE BASI DEL
SEPARATISMO SICILIANO ?
Richiami precedenti 
E'  già stato evidenziato che con legge 8 dicembre 1816 i due distinti regni di Sicilia e di Napoli vengono unificati, giusto un deliberato del Congresso di Vienna,  nel Regno delle Due Sicilie, una entità statuale del tutto nuova rispetto sia al Regno di Sicilia che al Regno di Napoli.
L’art. 1 della legge fondamentale dello stato 8 dicembre 1816 comincia “Tutti  i nostri reali domini al di qua e al di là del Faro costituiranno il Regno delle Due Sicilie”.
()L’isola di Sicilia viene allora divisa in sette valli (province), ciascuno retto da un intendente (che poi diventerà prefetto).
()Palermo non è più capitale di uno stato ma semplice capo-vallo.
()Una vaga autonomia viene comunque concessa all’isola istituendo la figura del “luogotenente del re”, residente a Palermo, che deve essere o un appartenente alla famiglia reale o un siciliano e mai un napoletano. Anche tutti gli altri uffici pubblici possono essere ricoperti solamente da siciliani. A tutte le grandi cariche del Regno e della carriera diplomatica invece possono accedere per ¾ i napoletani e per ¼ i siciliani.
Ancora sull'origine del separatismo siciliano,
che riesploderà ritmicamente nel tempo,
per ultimo negli anni quaranta del novecento
La Storia politica della Sicilia da quell’8 dicembre 1816 e fino al 1860, quando accadono  i fatti garibaldini, sarà caratterizzata da un ampio movimento separatista nonostante (o forse perchè) all’isola sia stato impresso proprio in questo periodo un processo di modernizzazione senza pari in precedenza, già avviato dai Borboni a fine settecento col Caracciolo ed il Caramanico.
La demolizione del feudalesimo per accedere al regime borghese non ebbe mai tregua ed ai Borboni ne viene dato ampio merito dalla storiografia attuale. I siciliani dell’epoca tuttavia furono ostinatamente contrari in quanto ai loro occhi non apparve meritoria l’attività amministrativa ed economica modernizzatrice di quel momento storico bensì l’attività politica mediante la quale la  Sicilia venne a perdere l’indipendenza.
Non per nulla i siciliani insorsero con vere e proprie rivoluzioni nel 1820, 1848, 1860 e in quegli anni molto sangue scorse fra siciliani e napoletani.
Eppure dal 1734 re Carlo, primo re Borbone, era riuscito a tenere insieme i due regni di Sicilia e di Napoli su una base federativa. Ognuno si reggeva su basi di autogoverno locale per i propri affari interni e restando uniti nella persona del re.
Dove si compì l’errore ?
Nel passaggio dall’unione di tipo federale all’unione di tipo centralistico.
 L'insularità
Le classi dirigenti dell’epoca sia del versante napoletano che siciliano non riuscirono ad intendersi o non vollero intendersi.  I napoletani si ritenevano illuministi e democratici e pretesero di introdurre in Sicilia l’ordinamento napoleonico-murattiano che era stato fatto proprio dai Borboni nei territori continentali, non curanti che i siciliani stavano ancora pregustando il modello costituzionale del 1812, di stampo inglese, che a loro garantiva fra l'altro l’indipendenza.
E nascono i partiti
In Sicilia col 1812 erano sorti i partiti politici e si articolavano in “costituzionalisti”,  difensori della carta di stampo inglese a forte dominanza nobiliare, e “democratici” che comunque nella costituzione di stampo inglese si riconoscevano pur essendo espressione di intellettuali. Accadde che i democratici napoletani non capirono e non vollero capire le ragioni dei “costituzionalisti” e gradualmente assorbirono i democratici siciliani e inoltre puntarono -senza tregua- alla modernizzazione della società mentre in Sicilia però cresceva la nostalgia per la Costituzione del 1812 e per l'indipendenza che essa sanciva.

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