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giovedì 7 luglio 2022

Riflessioni e raccolte. La vita è bella, sempre

Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo noto semplicemente come Jorge Luis Borges è stato uno scrittore, poeta, saggista, traduttore, filosofo e accademico argentino.  

Oggi l'aggettivo «borgesiano» definisce una concezione della vita come storia (fiction), come menzogna, come opera contraffatta spacciata per veritiera (come nelle sue famose recensioni di libri immaginari, o le biografie inventate), come fantasia o come reinvenzione della realtà.

Pur non insignito mai col premio Nobel per la Letteratura ha lasciato la sua grande eredità in tutti i campi della cultura moderna.

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Nell'Elogio dell'ombra, Borges afferma che la vecchiaia può essere il periodo più felice dell'esistenza. Pressoché cieco, scrive "Vivo tra forme luminose e vaghe che non sono ancora tenebre. Ma è un privilegio riservato a pochi".

Ha ragione Borges, é verosimile quanto sostiene fino alla tarda età ?


Mario Francesco Antonini (Firenze, luglio 1920 – 22 gennaio 2008 è stato un medico italiano. È stato considerato pioniere della geriatria in Italia:

"L'artista ha un vantaggio può trovare nella fase conclusiva della vita la sua maggiore creatività! In L'età dei capolavori ho travasato una ricerca in cui si sono molto giovate le mie conoscenze sulla vecchiaia. Si tratta delle testimonianze di poeti, scrittori, poeti che hanno espresso e vissuto la loro anzianità con stati d'animo diversi: celebrandola come una festa, accettandola serenamente, magari con ironia, oppure essendone spettatori attoniti, o curiosi, o disperati. Il fatto che spesso sia un autoritratto a concludere, per un pittore, la sua visione dell'esistenza, dice che è difficile, forse impossibile, non guardare chi alla fine si è diventati. Per chi nella vita non ha voluto, o potuto sapere nulla o quasi nulla di sé, ma soprattutto non ha ricevuto l'attenzione e l'amore degli altri il giudizio finale può essere amaro. E pensare che c'é tanto tempo per capire, per cambiare. Che imprevidenza! che spreco!".

Sergio Zavoli, che lo intervistava, chiede: " Ma saremo tutti capaci di guardarci e vedere chi realmente siamo diventati? Non c'è qualcosa, nella nostra storia, che impedirà a una gran parte di noi questo bilancio?".

"E' vero, un handicap storico -fatto di opportunità sociali e culturali mancate- renderà più difficile quest'ultimo sguardo alla propria vita. Ma non c'è vecchiaia, e questo è il suo primato,  che non serbi in fondo a se stessa  le risorse indicibili dell'esperienza e della speranza: ultime cattedre, vere e incontestabili, per sapere che cosa è stato vivere, che cosa ne abbiamo tratto, che cosa ce ne può ancora venire. Ciò vale per qualunque uomo e per qualsiasi vita, per qualunque esperienza e per qualunque speranza".

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