In questi giorni di ottobre sui social locali, di Contessa E., è stato ricordato, anche sul blog, il ritorno dai lager nazisti situati nelle parti orientali della Polonia di due concittadini, di soli due concittadini sui tantissimi che lì erano finiti. Da quelle parti vi erano infatti tanti altri, tanti, contessioti che non tornarono mai.
Militari italiani internati nei lager nazisti. Il dovere di ricordare |
I pochi reduci dei campi di concentramento parlavano -persino loro- delle disavventure capitate come se si trattasse di situazioni inevitabili; i loro ascoltatori -quando li ascoltavano- ritenevano si trattasse di circostanze inevitabili in regime di guerra. Come se non esistessero le convenzioni sul trattamento dei prigionieri di guerra.
Così non avrebbe dovuto essere. Nè in sede locale, nè ai livelli istituzionali più alti fino ad arrivare ai livelli di governo mai -a nessuno- venne in mente di ricordare i tanti che non tornarono più dalle prigionie naziste. Erano stati celebrati negli anni venti del Novecento -in via ufficiale- tutti i caduti della prima guerra mondiale con lapidi e statue innalzate ai "militi ignoti". Nulla per i tanti militari rimasti vittime dei campi lager (anche se a qualcuno -solo qui a Contessa- venne in mente di allungare l'elenco dei caduti della prima guerra con l'elenco dei "mai tornati"; di descrivere la circostanza di gente sparita nel nulla: niente!.
Eppure non mancarono, almeno nello schieramento politico di Sinistra, le tante iniziative sulla Resistenza. Ma quei militari che soffrirono i lager non avevano potuto partecipare alla Resistenza e -come fosse una colpa- sono sempre rimasti ignorati, pur avendo sofferto un destino fra i più disumani.
Si, non di dimenticanza si trattò, ma di mediocrità politica dei governi di quel secondo dopo-guerra.
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