StatCounter

sabato 30 novembre 2019

500 anni e li dimostra. Quando la politica siciliana dipendeva dai baroni e sorse Kuntissa (3)

La legge del 12 dicembre 1816 introdusse nell’ormai Regno delle Due Sicilie (governato dai Borboni) l’uniformità nei comportamenti amministrativi su tutti i territori dell'isola attraverso 
-la modernizzazione dall’alto (paternalistico, viene da dire) dell’impianto istituzionale, fondato non più sui privilegi della nobiltà come avremo modo di cogliere nella fase istituzionale -nel 1520- dell’Università di Kuntissa ad opera dei Cardona, 
-e il predominio assegnato ad una ancora ristretta classe di possidenti e di professionisti, chiamati ad amministrare localmente sui territori con probità e onestà in modo imparziale.  

La dinastia borbonica era finalmente riuscita a liberarsi -dopo decenni di sforzi vani impressi nel solco della vivace cultura illuminista napoletana di cui si era circondata la corte dalla seconda metà del Settecento- dai condizionamenti che le giurisdizioni baronali avevano imposto per secoli alla Monarchia.
Finalmente la sovranità regia fu praticamente in grado di imporsi sulla pluralità degli ordinamenti e dei diritti, dei luoghi e dei ceti, che avevano caratterizzato lo Stato in Sicilia in tutti i secoli dell’età moderna (dal XV secolo).
La riforma più rilevante (sotto l’aspetto che sta guidando la ricerca/esplorazione del Blog) fu la centralizzazione e la verticalizzazione dalla nuova organizzazione giudiziaria. 
Il diritto unico da applicare su tutta la Sicilia da quel 1816 sarebbe stato quello dello Stato borbonico e non più quello localistico dei Cardona a Kuntissa, o dei Cardona a Burgio.
Nel 1919 furono varati i codici valevoli sull’intero Stato borbonico, che ormai si estendeva dal napoletano fino al trapanese. Nel 1918 era pure stata istituita in Sicilia la Gran Corte dei conti che rappresentò uno dei cardini attorno a cui ruotò il riassetto delle amministrazioni locali (i Municipi) fino allora espressione dei baroni.

Abbiamo voluto soffermarci sui pochi dati di crescita della società isolana per evidenziare che la nascita della nuova realtà di riscatto dalle signorie feudali e dal baronaggio degli individui (privi di diritti), entro cui è sorta la comunità istituzionalizzata di Kuntissa nel 1520, si è incamminata ad una lenta modernizzazione solamente in epoca successiva alla Rivoluzione francese, dopo le campagne napoleoniche e dopo la permanenza inglese in Sicilia e via via allo svilupparsi dei moti liberali e patriottici dell'Ottocento. Un lungo cammino da quel 1520, che comunque significò una conquista per gli eredi degli esuli albanesi sfuggiti ai turchi, che si ritrovarono immessi in un mondo feudale completamente sconosciuto nel loro già Impero Romano d’Oriente; privi di sicurezze sulle diverse modalità e garanzie di vita dinnanzi al potere assoluto goduto in Sicilia dai Baroni, imperatori assoluti in dimensione ridotta su vaste aree della Sicilia.
^^^^
IL POTERE FEUDALE DEI CARDONA,
DEI GIOENI, DEI COLONNA, Signori della Terra di Kuntissa

Il Regno di Sicilia fu fondato sullo schema feudale delle popolazioni normanne del nord Europa, fatto proprio sostanzialmente da tutti gli Stati del continente.
In origine la giurisdizione territoriale fu concessa in dominio ed in signoria agli amici dei conquistatori Altavilla e in seguito fu ereditaria e patrimoniale entro la cerchia dei discendenti di quegli amici.
Alta e bassa giurisdizione. L’esercizio della giurisdizione sia civile che criminale consentiva al feudatario (il barone) un ovvio e forte controllo sul territorio e sulla popolazione.
Nel sistema di governo feudale a balzare agli occhi non è solamente la conduzione per via ereditaria dello stato giurisdizionale dei territori. La pratica di governo sui feudi e sulle popolazioni era caratterizzata da una tensione continua tra tendenza alla concentrazione dei poteri da parte del sovrano che esigeva i “donativi” e la partecipazione al governo del Regno della pluralità dei feudatari dell’isola, che conseguirà l'istituzione a Palermo del più antico Parlamento del continente.
I re dell’isola, che fossero normanni, angioini o aragonesi avevano provato ad uniformare il diritto nel Regno ma mai essi riuscirono ad abrogare le normative particolari dei baroni; anzi le divaricazioni arrivarono a mantenersi e a dilatarsi sostanzialmente fino al Settecento.

Sostanzialmente. Il governo del territorio di uno Stato feudale, dello Stato di Kuntissa, veniva esercitato dall’autorità baronale che era insieme giudice e amministratore, funzioni entrambi finalizzate a mantenere in condizione subordinata i “sudditi”. 
Amministrare va inteso non restrittivamente alla conduzione dei feudi, dei terreni agricoli, ma in senso “autoritativo” sulla vita pubblica delle comunità, sugli individui.
Il Re, o il vice-re, che governava l’isola era ben consapevole dell’esistenza di consistenti schiere di soggetti, nelle città demaniali e nelle comunità rurali, che dagli ordinamenti ecclesiastici alle corporazioni delle arti alle corti baronali, costituivano tutt’altro che mere ‘sezioni’ del Regno.
Arriverà il tempo delle monarchie assolute regie, ma non in Sicilia.

Il contesto era caratterizzato dall’intreccio delle varie giurisdizioni e dal pluralismo dei fori  e la feudalità fu sempre custode gelosa delle prerogative. Gli storici tengono ad evidenziare che il panorama articolato del Potere non deve necessariamente essere letto come un corpo antagonistico, in potenziale collisione con lo stato regio, ma come parte dello stato giurisdizionale, in potenziale/teorica collusione con esso e contestualmente come canale di attuazione della giustizia regia e soggetto attivo nel governo del territorio.

Nel Settecento l’impianto sarà messo in discussione, incrinandosi progressivamente nel corso del secolo, a favore di una visione semplificata della società e dell’affermazione di un modello in cui i protagonisti emergenti saranno sia lo Stato e che l’individuo, non ancora quest’ultimo divenuto “cittadino”.
Tra lo Stato e l’individuo secondo alcuni storici si creerà uno «spazio enorme e vuoto». Altri storici mettono invece in evidenza, secondo lo spirito della Rivoluzione francese, il sorgere della intraprendenza borghese. 
Da noi, nel Meridione, forse di borghesia se ne sviluppò poca. Quel poco fu definito ceto dei “civili”. 
Proveremo a capire di più.

Desertificazione aree interne. Esiste una classe politica siciliana ?

Sicilia la decrescita infelice è inarrestabile
Nel 2065 la popolazione siciliana scenderà sotto i quattro milioni, con appena 6 abitanti su 10 in età “produttiva”.  Il dato è dell’Osservatorio dei consulenti del lavoro
 Nella classifica del tasso di occupazione nelle 165 regioni dell’area euro, con riferimento alla fascia d’età di 20-64 anni, la Sicilia risulta la penultima, con il 44,1% della popolazione.
A seguire ci sono Campania (45,3%), Calabria, (45,6%) e Puglia, (49,4%). 

Perché siamo arrivati a questo punto?  La prima risposta che viene in mente è ovviamente perchè i siciliani alle urne votano come votano. Incompetenza e clientelismo fra noi hanno un grande fascino, infatti.

Le cause tecniche su cui lavorano economisti, sociologi e studiosi vari sono di natura economiche e sociali. La decrescita della popolazione della Sicilia (che sul Blog definiamo desertificazione)  è determinata dall’effetto, dal saldo naturale negativo morti-nascite) e da quello migratorio negativo (cancellazioni-iscrizioni).

Lo spopolamento e la desertificazione produttiva - grave soprattutto nelle aree interne entro cui la nostra Contessa Entellina è inserita - sono destinati ad un trend ancor più drastico.


Negli atti predisposti dall’Assessorato regionale all’Economia per il Defr dello scorso anno, si leggono numeri davvero non tranquillizanti. 
Il tasso di occupazione della popolazione in età di lavoro in Sicilia (40,6%), si ritiene che, di questo passo, nel 2030 (fra dieci anni) riguarderà poco meno di 1.200.000 di occupati. La riduzione delle opportunità di lavoro, incrociata con la tendenza allo spopolamento, comporterà che le persone non in età di lavoro per 100 occupati salirà a 153,8. Per mantenere il livello degli anziani a 108,8 rispetto a 100 occupati occorreranno quindi alla Sicilia mezzo milione di nuovi occupati. entro dieci anni. Ma il governo della Regione non opera in quel senso. Confonde assunzioni nella burocrazia regionale con attività produttive.


Tra i laureati residenti al Sud appena il 47,7% lavora nella propria terra dopo aver studiato lì. 
La restante parte deve scappare. Più del 26% dei giovani di questi territori decide di conseguire la laurea in atenei del Centro-Nord o all'estero; ed il Sud perde oltre il 24 % dei diplomati mentre oltre il 42% dei laureati meridionali, occupati a cinque anni dal conseguimento del titolo, lavora fuori. 
Nel periodo 2002-2017 il Mezzogiorno ha perduto più di 600mila giovani e la Sicilia oltre 200mila. Sono i dati sulla “fuga dei cervelli”, di una vera e propria strage di capitale umano.

Fra le responsabilità delle classi dirigenti ?
«La spesa pubblica consolidata (che effettuano Stato, Regione. Provincia, Comune), nelle autonomie speciali del Nord è superiore alla media nazionale è ridotta del 16% in Sicilia.
Nelle Regioni del Mezzogiorno la spesa in conto capitale si è ridotta di oltre il 40%, contro un incremento per il Centro-Nord del 13%. 
Ed in Sicilia c’è una contrazione, rispetto alla media del Mezzogiorno, di oltre il 56%». 
(dati ripresi dal quotidiano 
La Sicilia)

30 Novembre

Il 30 Novembre 1974 in Etiopia vengono alla luce i resti di un ominide di 3,2milioni di anni fa.
Una adulta Australopithecus di circa venticinque anni, alta 107 centimetri.

Si è trattato di un esemplare, il più antico dei nostri (umani) antenati, a cui i ricercatori danno il nome di Lucy, in omaggio ad una canzone allora in voga dei Beatles.

Dalle 52 ossa che compongono lo scheletro di Lucy (mancano le estremità inferiori) gli scienziati  attraverso le ossa delle gambe e il bacino sostengono che la stazione eretta era già stata acquisita 3,2 milioni di anni fa (è questa la datazione dello scheletro) dagli ominidi che si muovevano quasi sempre in quella posizione, non solo per alcuni tratti, ma ordinariamente.

venerdì 29 novembre 2019

500 anni e li dimostra. Quando la politica siciliana dipendeva dai baroni e sorse Kuntissa (2)

Immaginando -sin da adesso- che riusciremo a perseguire l'intendo del Blog di scandagliare per un pochettino di tempo (nell'anno 2020) alcuni aspetti e vicende dei cinque secoli che vanno dal XVI al XX secolo della Storia di Contessa, riteniamo utile intercalare alla narrazione che intendiamo condurre su queste pagine alcuni termini, espressioni e immagini di vita di quella che è stata la Sicilia, il regno di Sicilia, sia nell'epoca feudale che poi nella successiva epoca latifondistica. 
Resti del Castello di Batellaro
La nostra sarà quasi sempre una "Storia socio-economica". Mai apologetica.

Il vocabolario socio-economico -riteniamo- ci sarà utile per capire quel tempo e quel mondo che alla sensibilità e alla visione culturale di oggi sono oltre che lontani nel tempo piuttosto complicati da fare propri.
^^^^
I RIVELI
Dal XVI e fino al XIX secolo il regime politico del Regno di Sicilia fu sempre ispirato e coordinato dalla monarchia spagnola quindi dal ramo dei Borboni insediati a Napoli e in coda all'Ottocento -dopo la spedizione dei Mille- dal Regno d'Italia. 
Noi contessioti, coloro che oggi viviamo a Contessa Entellina, siamo quasi tutti vissuti e ci siamo formati in quanto cittadini nel contesto umano-culturale della Repubblica Italiana, sorta come tutti dovremmo sapere dalla lotta partigiana per conseguire la "democrazia". Espressione questa della "democrazia" non conosciuta nella nostra terra fino alla emanazione della Costituzione promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948.
Resti del Castello di Calatamauro
Ci siamo proposti di trattare nel tempo -con relativa frequenza- dei "riveli", in quanto qualsiasi ricerca si voglia fare su Contessa questa ci rimanderà sempre ad essi. 
Essi sempre ci ricorderanno che la realtà socio-economica della comunità sin dal XVI secolo era quella tipica di un insediamento rurale. Il primo rivelo che interessa Contessa è del 1593, sebbene l'istituto fosse operante nel Regno di Sicilia nel XV secolo. Il ritardo è dovuto, secondo fonti dell'Università palermitana, alla circostanza che ordinariamente veniva allora offerta agli "Stati feudali" che fossero di nuova istituzione di essere sgravati per precisi periodi dai "donativi" dovuti al Regno  (conseguenti allo svolgimento dei "riveli") nell'intenzione di agevolare il popolamento della nuova Università.
Cosa erano i riveli?
In termini facili si può qui sostenere che erano una sorta di "censimento delle anime e dei beni" per adempiere alle disposizioni dall’Autorità regia, finalizzati a conoscere la composizione e la ricchezza dei residenti, non tanto per finalità di programmazione della spesa pubblica (come ai nostri giorni) ma per precise finalità militari e di percezione di risorse utili alla Monarchia. 
--Rilevare l’età dei residenti serviva per stabilire il numero di uomini armati da  insediare per ciascun distretto del Regno; 
--Stimare il patrimonio posseduto da ciascun nucleo familiare serviva per successivamente esigere dall'Università (=in linguaggio attuale, il Comune) i donativi (ricchezza da esigere localmente e da devolvere alle casse regie), sia ordinari e che straordinari. Ordinarie erano quelle risorse che periodicamente andavano devolute alle casse regie, straordinarie quelle connesse a eventi particolari (p.e. Visita in Sicilia di Carlo V o di guerre nelle acque mediterranee etc.).
Sul Blog stiamo facendo cenno ai "riveli" perchè essi costituiscono per Contessa e per la quasi totalità dei comuni dell'isola, se non l'unico quasi, giacimento documentario di cui disponiamo per conseguire notizie sul tempo andato, e sulla base delle quali possiamo organizzare statistiche sia sociali che economiche. Finora essi (i riveli) sono stati usati semplicemente per verificare la sussistenza o meno sul territorio dell'odierna Contessa Entellina  di cognomi ancora attuali, o meno.  Sostanzialmente lo stesso uso che viene fatto dei registri parrocchiali, pure essi comunque utili per l-e-g-g-e-r-e il nostro passato.
Quei censimenti (i riveli)  dal 1569 venivano curati al livello centrale (regio) dal Tribunale del Real Patrimonio, organo di controllo e di giurisdizione in materia finanziaria e, dal 1651, dalla Deputazione del Regno, organo preposto al coordinamento delle attività di riscossione dei donativi. 
Sul livello locale, di Contessa, ad occuparsene in via operativa erano i papàs (incaricati di fare da scrivani nella compilazione, stante l'assoluta carenza dell'alfabetizzazione della massa contadina) unitamente agli uomini (gli attuari e gli algoziri) che per conto della baronia gestivano l'Università (=lo Stato di Kuntissa).
I riveli non avevano cadenza regolare nel tempo. Venivano indetti quando si riteneva che nel Regno si erano verificati aumenti o diminuzioni di popolazione e/o incrementi di ricchezze. Ricchezze: non tanto quelle dei baroni ma quelle "presunte" della popolazione contadina sulla base di asserite buone annate. 
Buona occasione per indire nuovi riveli erano anche le frequenti guerre e missioni militari in cui il Regno veniva a trovarsi coinvolto. 
E' interessante cogliere nel contesto che stiamo trattando che i dichiaranti (i contadini, che generalmente non possedevano altro che il nulla, se non un mulo, alcune capre e/o buoi) venivano sottoposti a giuramento. I baroni, che erano signori dei feudi, dei bestiami, dei mulini, delle locande e degli opifici etc. erano esentati dal compilare i "riveli".
Per chiudere:
Sulla base dei riveli pervenuti, il Regno veniva messo in condizione di stabilire l'ammontare dei "donativi" a cui era tenuta complessivamente l'Università di Kuntissa. 
Il carico che competeva su ciascun nucleo familiare era faccenda tutta locale, che curavano gli uomini del barone (dell'Università).recavano 

29 Novembre

Con la risoluzione n° 181, approvata il 29 novembre 1947 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si stabiliva un piano di spartizione della Palestina mediante l'istituzione uno stato arabo e di uno ebraico con Gerusalemme posta sotto il controllo internazionale. 
Fu il primo passo verso la costituzione dello Stato di Israele, ufficialmente sorto il 14 maggio dell’anno dopo. 

Breve Storia
La Palestina fino al 1914 era parte dell'impero Ottomano; scarsamente popolata e pure fondata su un sistema semifeudale. I residenti erano in assoluto poveri braccianti. Nel 1880 l'area contava 24 mila ebrei e 150 mila arabi. 
Nel 1945 gli arabi erano già 1 milione e 240 mila e gli ebrei erano 553 mila. A conclusione della prima guerra mondiale la Palestina, in seguito al crollo dell'impero Ottomano, passò sotto il protettorato franco-inglese che avviò una strategia ad alto rischio
A) fu promessa l'indipendenza agli arabi in cambio del loro appoggio in guerra (1915)
B) Alla pressione del movimento sionista internazionale la Gran Bretagna dichiarò di vedere con favore la creazione di uno stato ebraico indipendente in Palestina (1917).
C) Alla vigilia della seconda guerra mondiale a fronte dei rischi di una penetrazione tedesca nell'area (1939) gli inglesi promisero la costituzione di uno stato indipendente, basato sulla coesistenza etnica. Per limitare la supremazia ebraica e per non rompere l'alleanza con i paesi islamici, fu fortemente limitata l'immigrazione ebraica - fissata a quota 75.000.
D) Terminata la guerra, forse anche in seguito all'ondata emotiva dell'olocausto, l'immigrazione ebraica verso la Palestina non fu più ostacolata dal controllo britannico. 
E) Nel maggio 1947 La Gran Bretagna annunciò all'ONU che si sarebbe ritirata dalla regione e delle Nazioni Unite venne la proposta di dividere la regione in due parti: agli ebrei sarebbe andata la zona del Negev che consentiva una certa espansione e capacità di accoglienza di nuovi immigrati). Usa, Urss e Francia si dichiararono a favore; la Gran Bretagna si astenne; stati arabi, India, Grecia e Pakistan votarono contro.
F) Subito dopo che le truppe inglesi lasciarono il Medio Oriente, nel maggio 1948, fu immediatamente proclamato lo stato di Israele.
Il resto è Storia dei nostri anni.

giovedì 28 novembre 2019

Noi esseri umani. Riflessioni

Intelligenza artificiale

Da un recente libro di Vito Mancuso estrapoliamo più interrogativi.

Concentriamoci sul cervello. E' qui dentro la nostra testa, è grande grosso modo come un melone, pesa in media un chilo e tre etti, è meno del 2 per cento della nostra massa, consuma però il 20 per cento della nostra energia, dicono corrisponda a una lampadina  da 20 Watt sempre accesa.
L'intelligenza artificiale ha
fatto notevoli passi in avanti
 E' composto da cellule umidicce e grigiastre, per lo più fatte di grasso, chiamate neuroni dal greco neūron, "corda", stimate di solito in un numero di 100 miliardi, l'identica cifra proposta per le stelle della nostra galassia e per le galassie del nostro universo, ma ovviamente si tratta di cifre tonde un pò troppo sospette per essere precise, e poi recentemente sembra che la stima dei neuroni sia stata ridotta a 88 miliardi. Queste cellule di forma allungata, e per questo paragonate agli alberi , comunicano tra loro formando delle connessioni elettriche e chimiche chiamate sinapsi dal greco sinápto "congiungere", stimate in una cifra impensabile: un milione di miliardi. Secondo i calcoli di Gerald Edelman, neuroscienziato e premio Nobel, volendo contare tutte le nostre sinapsi con il ritmo di una al secondo si impiegherebbero 32 milioni di anni. E' grazie a tali connessioni  che noi respiriamo, digeriamo, parliamo, ascoltiamo, proviamo desideri ed emozioni, vediamo il mondo colorato, pensiamo e abbiamo le nostre idee, e svolgiamo tutte le altre svariate operazioni che ci caratterizzano in quanto esseri umani. Il nostro cervello, questo melone grigiastro decisamente bruttino che nessuno di noi comprerebbe vedendolo sui banchi del mercato, è di sicuro la più stupefacente produzione dell'universo conosciuto.


   Ora vi chiedo: noi siamo il nostro cervello o noi usiamo il nostro cervello ? Oppure c'è una via di mezzo tra le due possibilità ? Noi consistiamo in ultima istanza in quest'organo, oppure grazie ad esso siamo anche qualcos'altro? Siamo o non siamo riducibili al nostro cervello?
Quando diciamo "io", che cosa lo dice dentro di noi? Lo dice la nostra interiorità tramite il cervello ?, oppure lo lo dice il cervello e basta ?
Il cervello è un organo che contribuisce alla formazione dell'-io-, oppure coincide del tutto con l'io ? In questo secondo caso ognuno di noi è solo una specie di computer naturale, che sarà probabilmente ricostruibile grazie alla tecnologia dell'intelligenza artificiale in un futuro non tanto lontano. Nell'altro caso invece siamo  anche una soggettività che prova sentimenti, nutre ideali, può scegliere liberamente e non è ripetibile. Ma qual è la nostra vera natura: siamo un fenomeno seriale o un fenomeno irripetibile?

Vito Mancuso
La forza di essere migliori
Garzanti

Contessa Entellina. Nuovo sito per lo svolgimento del mercato quindicinale

Vita amministrativa locale

Nei prossimi mesi di Dicembre e Gennaio il mercato periodico dei generi alimentari e dei beni vari che finora si è svolto nell'area compresa fra la Piazza della Repubblica e la Via Erice si terrà, su determinazione municipale, nell'area compresa fra la via Palermo/Spiazzo Croce.

Nel pomeriggio di domani, 29 Novembre, il Consiglio Comunale tornerà a trattare la tematica sulla gestione diretta del servizio acquedotto idrico.


28 Novembre

Nasce la potenza planetaria

cartina ripresa dalla rivista Lines
Il 28 Novembre 1785 Benjamin Hawkins, rappresentante della ancora nascente potenza Usa e gli indiani Cherokee firmano il primo trattato di Hopewell (esteso ai Choctaw e ai Chickasaw nel 1786) per il riconoscimento del confine tra le terre indiane e gli insediamenti americani, a ovest del fiume Duck in Tennessee.

La colonizzazione dei territori fra l’Atlantico  e il Pacifico dell'America Settentrionale e le impari “guerre indiane” hanno assunto un significato che va al di la del fatto storico. Il loro significato è quasi sempre paragonato a quello che nel medio evo furono le leggende  del paladino Orlando o nella antichità  la guerra di Troia. I buoni contro i (presunti) cattivi.
La ”conquista del West” nel bene e nel male spesso costituisce il paradigma della nascita non solo degli Stati Uniti ma di tutta l'attuale civiltà borghese, capitalista,  moderna e liberista.
Dalla " leggenda del West"  con i coloni i paladini del bene ( del progresso, del lavoro, della libertà, della democrazia ) e con la contemporanea altrettanto leggenda negativa che vede sempre nei coloni -invece- gli agenti del “male” (dell’avidità sfrenata, dell’aggressione immotivata,  del massacro, dell’inquinamento  ecologico) in fondo si può leggere -e si legge ancora-  l'attuale società planetaria che vede da una parte i paesi ricchi/potenti che ancora oggi riescono a primeggiare su altrettanti paesi rimasti indietro e dall'altra questi ultimi che non sono -ancora nel terzo millennio- padroni del loro futuro.

mercoledì 27 novembre 2019

27 Novembre

Lo Stato imprenditore

Il 27 Novembre 1962 il Parlamento vara la nazionalizzazione dell'energia elettrica con la costituzione dell'Enel.

Con la nazionalizzazione dell’energia elettrica ha inizio in Italia l’esperienza politica del centrosinistra, l’incontro faticosamente raggiunto fra Democrazia cristiana e Partito socialista. 
Il provvedimento rappresenta il punto di partenza di una stagione politica riformatrice, che durerà oltre la fine del centro-sinistra della Prima Repubblica: scuola media statale (1962), legge urbanistica (1967), Università (1969), Regioni, Statuto dei lavoratori, Referendum e divorzio (1970), obiezione di coscienza (1972), finanziamento ai partiti (1974), nuovo diritto di famiglia (1975), tutela delle acque (1976), parità uomo-donna (1977), servizio sanitario nazionale (1978). Sono queste alcune delle riforme che hanno cambiato la vita degli italiani.

L'ente pubblico fu trasformato anni dopo in società per azioni e parzialmente privatizzato. Per dimensioni, capitalizzazione di borsa, presenza all’estero, Enel è “la più grande azienda elettrica d’Italia e la seconda utility quotata d’Europa per capacità installata”. Primato condiviso con altre due imprese pubbliche del dopoguerra: Finmeccanica, sorta nel 1948, ed Eni nel 1953.

martedì 26 novembre 2019

500 anni e li dimostra. Quando la politica siciliana dipendeva dai baroni e sorse Kuntissa (1)

Dinnanzi a noi c’è un anno ancora per ricordare (non scrivo celebrare in quanto il Blog è, ed intende restare, uno strumento privato) il cinquecentesimo anno dall’istituzione ufficiale del nostro centro abitato, Contessa Entellina.

Cinquecento anni preceduti da almeno altri cinquanta di trattative, discussioni, servizi  e vicende umane fra gli esponenti più in vista della comunità arbereshe e i rappresentanti della Signoria locale, quella dei Cardona, la cui sede di residenza principale stava fra Sciacca e Caltabellotta, e in più circostanze pure a Messina quando gli Aragonesi le affidavano il ruolo di vice-re di Sicilia.

Il Castello Peralta di Burgio
nel corso dei secoli XIV - XIX
appartenne ai Peralta, successivamente ai
Cardona, ai Gioeni e infine ai Colonna.
Oggi come oggi pare non sia facilissimo reperire carteggi che possano illuminare tutta la fase storica che ha visto gli arberesce approdare dalla Calabria a Messina e poi da quella città fino a raggiungere i domini dei Cardona, sopratutto quelli a ridosso dell’Abazia di Santa Maria del Bosco.
Una cosa è però certa, sulla base di quanto abbiamo potuto appurare da certe carte e da certi giochi politici dell’epoca. I Cardona avevano “fretta” a creare una “Università”, ossia una comunità legalmente riconosciuta come “Stato feudale”, nell’area del feudo Serradamo-Kuntissa, allora nella sfera giurisdizionale del Castello di Calatamauro, e quindi di pertinenza, appunto, dei Cardona. La Corte regia spingeva perché i baroni dell’area dei Sicani, compresi i Cardona,  l’Arcivescovato di Monreale ed altri ancora, cedessero alcuni feudi a quella che stava diventando una delle Abazie più influenti e potenti di Sicilia, Santa Maria del Bosco.

La Monarchia aveva già ottenuto che tutti i feudi sotto il controllo del Castello di Batellaro passassero sotto la giurisdizione di Santa Maria piuttosto che al potente Arcivescovato di Monreale, sotto il cui dominio era, fra moltissimi altri dell'area dei Sicani, lo “Stato di Bisacquino”.

Quanto da noi qui riferito è supportato da più elementi (o indizzi) ma necessita ovviamente che ulteriori documenti vengano ancora cercati, studiati e convalidati. L’augurio è che quest’anno che ci separa dalla ricorrenza della concessione dei “capitoli” istitutivi della Comunità ufficiale contessiota da parte dei Cardona possa essere anche quello di una definitiva certificazione della “tesi” sopra tratteggiata.
Sarebbe la prova che anche in età feudale la Politica, compresi i suoi giochi e i tiri mancini, era in auge.

Desertificazione aree interne. Esiste una classe politica siciliana ?

Senza alcun criterio/scelta scientifico/statistica abbiamo deciso di seguire per qualche tempo l'andamento demografico di due comuni dell'area del corleonese/Sicani: Contessa e Giuliana.

Entrambi -per la verità- presentano andamenti più o meno sovrapponibili. La differenza più immediatamente ed evidente è però che il vicino comune di Giuliana, contrariamente a quanto accaduto a Contessa, non ha conosciuto lo spopolamento della seconda metà dell'Ottocento. 
Da noi, a Contessa, con l'unità d'Italia a cui contribuirono alcune centinaia di concittadini alla guida degli esponenti della locale famiglia Vaccaro, apparve evidente subito che l'epopea garibaldina sul piano socio-economico non avrebbe comportato alcun cambiamento; ed infatti subito (ma mantenendo le famiglie e le donne ancora in paese) e dopo appena tre decenni, quando si assistette alle agitazioni/rivendicazioni di marchio socialista dei fasci dei lavoratori, si ebbero consistenti flussi migratori in direzione di New Orleans. 
L'esodo verso la Luisiania ebbe nella seconda fase, quella post Fasci siciliani, l'impennata proprio dalla constatazione che la spedizione dei mille aveva conseguito solamente risvolti patriottico/nazionalisti e zero risultati sul piano economico/sociale. Quest'ultima fase  migratoria vide -viene da dire con cognizione di causa- l'esodo (pure mediante fughe clandestine per sottrarsi alla repressione crispina) non più solamente i braccianti ed i piccoli proprietari, comunque maschi, ma intere famiglie, uomini e donne a migliaia. 

La vicenda migratoria della seconda metà dell'Ottocento non è -come sopra riportato- quasi per nulla leggibile su Giuliana.

D'altronde a Contessa le condizioni sociali erano al 95% legate al latifondo, mentre a Giuliana l'assetto agricolo/terriero era piuttosto frammentato, sebbene pure esso inadeguato al vivere umano, tanto è che i latifondi di Contessa impiegavano abbondantemente gente di lì e non solamente di lì
Ciò che ancora cogliamo chiaramente è che in periodo repubblicano, nonostante la riforma agraria e nonostante la riforme dello "stato sociale" (pensioni, assistenzialismo alla democristiana, assunzioni massicce nella pubblica amministrazione etc.) l'andamento migratorio fra Contessa e Giuliana presenta un andamento sovrapponibile. L'esodo che continua fino ai nostri giorni è sovrapponibile.



Oggi, ai nostri giorni, non sono più le condizioni umane del latifondo, nè quelle di un'agricoltura che nonostante tante (molte) innovazioni, a cominciare dal sopraggiungere del vigneto avanzato resta complessivamente ancora arretrata, a determinare l'esodo. 
Adesso le vere ragioni della desertificazione dell'isola sono legate all'inconcludenza della classe politica, composta da gente di scarsa cultura e convinta che col clientelismo possa continuarsi a vivacchiare -come ai tempi andati-. 
Promesse e chiacchiere ormai non convincono più nessuno.
L'attuale classe politica non conosce nulla del quadro attuale dell'Occidente. Nulla ha capito su come usare, impiegare i fondi europei, uniche risorse fruibili dal momento che dallo Stato, da Roma arrivano solamente montagne di debiti che si sovrappongono a debiti. Debiti che nessuno ormai sa più come ripianare.

Perchè ci stupiamo ? 

26 Novembre

Il 26 Novembre 1956 fra Italia ed Usa viene stipulato un accordo "riservato" per creare una rete di spionaggio segreto/clandestino finalizzato a controllare i rapporti fra il partito comunista italiano e l'Unione Sovietica. Allora era forte il sospetto che quel partito potesse agevolare le intenzioni espansionistiche dell'Urss.
 
Il rapporto fra i comunisti italiani e l'Urss fu  in effetti caratterizzato per alcuni decenni da un fortissimo condizionamento comunque allentatosi solamente sul finire degli anni settanta e all'inizio degli anni '80 del Novecento.

Nella costituzione del PCI negli anni venti del Novecento l'influenza sovietica fu molto forte, anzi determinante nel produrre l'indebolimento democratico del Partito Socialista che era allora guidato prevalentemente dall'ala riformista. 
I gruppi e i militanti che aderirono al pci non furono comunque nel corso del Novecento sempre dei meri “imitatori” di una esperienza straniera. La frazione originaria si era formata in Italia durante la prima guerra mondiale all'estrema sinistra del Partito Socialista e possedeva un proprio profilo culturale e politico in parte autonomo e diverso da quanto i bolscevichi avevano instaurato in Russia, soprattutto durante la fase violenta del leninismo e soprattutto dello stalinismo.
Sicuramente il profilo culturale/politico di Antonio Gramsci, uomo di punta dei torinesi raccolti attorno alla rivista "Ordine Nuovo", non era per nulla avvicinabile ai Bordiga o ai Togliatti.

Albania. Forte scossa di terremoto

In Albania, dove dopodomani (28 novembre) si festeggia la Festa dell’indipendenza dall'Impero Ottomano e della bandiera (Dita e pavaresise, in albanese), nella prima mattinata di oggi una forte scossa di magnitudo 6.5 ha causato almeno sei morti e 150 feriti.  La scossa ha colpito alle 2:54 ora locale (le 3:54 in Italia) la costa settentrionale, vicino Durazzo ed è stata sentita fino a Tirana, dove la gente è scesa in strada in preda al panico. 
Ci sarebbero persone sotto le macerie a Durazzo, molto vicina all'epicentro del sisma. Il forte sisma è stato avvertito anche in Puglia, Basilicata, Campania e Abruzzo.
^^^^^^^

lunedì 25 novembre 2019

25 Novembre

25 NOVEMBRE

Giornata internazionale per l'eliminazione 

della violenza contro le donne


 Tante le iniziative in tutta Italia per sensibilizzare nella giornata mondiale contro il femminicidio i cittadini sul tema della violenza contro le donne e in ricordo delle vittime di femminicidio.


Simbolo della lotta contro la violenza sulle donne sono le scarpe rosse, lasciate abbandonate su tante piazze per richiamare l'opinione pubblica. 
Lanciato dall'artista messicana Elina Chauvet attraverso una sua installazione, nominata appunto Zapatos Rojas, è diventato presto uno dei modi più popolari per denunciare i femminicidi.

Noi esseri umani. Riflessioni

Dal prologo di un recente libro di Vito Mancuso, scrittore da sempre impegnato nella ricerca della bellezza del vivere umano, estrapoliamo quanto qui segue.

Il potere derll'umanità sull'umanità cresce a dismisura, e riguarda le cose fuori di noi e le cose dentro di noi. Ma fuori o dentro che sia, si tratta in ogni caso di un potere sulle cose e che come tale si traduce nella costruzione di macchine .
L'espressione per eccellenza del nostro potere sono le macchine. Talora grandi, più spesso piccoli, alcune già cosi piccole da essere quasi invisibili, esse svolgono sempre più funzioni al nostro posto compiendole in modo più efficace ed economico di quanto noi facevamo prima e potremmo fare adesso. Alcuni sostengono che queste macchine in cui si condensa il nostro potere giungeranno un giorno non lontano anche ad ospitare la nostra anima, quando risulterà chiaro che tale cosiddetta anima non è altro che un algoritmo che si può scaricare dal nostro cervello biologico e poi ricaricare in una macchina, insomma un software da far girare in un hardware costruito con fattezze più o meno umane che ieri si chiamava robot, oggi umanoide, domani chissà.
   Quindi di cosa abbiamo paura ? Abbiamo paura di noi stessi, o meglio di alcuni fra noi. Il potere di alcuni esseri umani ci fa paura. Abbiamo paura del potere umano di modificare la natura: la natura esterna a noi, e soprattutto la natura interna a noi, la nostra natura. Abbiamo paura dell'intelligenza artificiale con la sua capacità di trasformare il nostro mondo di uomini a mondo di macchine, e abbiamo paura dell'ingegneria genetica con la sua capacità di trasformare il nostro genoma da elaboratore naturale a elaboratore artificiale ed eteroguidato.
   Ma io mi chiedo: conoscete qualcosa di più sacro della natura? Al suo cospetto, di fronte al suo muto e immenso mistero, i nostri padri si inchinavano, non di rado tremavano di paura, ma il più delle volte alla fine trovavano requie, pace, silenzio, secondo un'arcana primordiale religiosità, e in tal modo si rigenerava in loro un senso indicibile di venerazione che riempiva di significato la vita. Noi abbiamo raggiunto il potere di modificare tutto questo. Anzi, noi abbiamo già modificato, forse irreversibilmente, tutto questo: sia la natura fuori di noi, sia la natura dentro di noi. Per questo ormai da alcuni anni vi è chi sostiene che siamo entrati in una nuova era geologica: finita Olocene, è iniziata Antropocene. Qualcuno arriva a paragonare noi umani a una sorta di tumore maligno di cui è caduto vittima il pianeta, ci considera alla stregua di cellule cancerogene che si moltiplicano in modo sconsiderato all'interno dell'organismo terra portandolo inesorabilmente alla morte.
   Quello che a mio avviso è sicuro è che alla nostra immensa crescita tecnica non fa riscontro un'analoga crescita etica. Noi lo sentiamo e per questo avvertiamo un acuto bisogno di controllo sulla potenza tecnologica raggiunta, ma è chiaro che non vi potrà mai essere controllo senza autocontrollo. E se il controllo si chiama politica, l'autocontrollo si chiama etica. Dall'attuale povertà  dell'etica discende l'attuale povertà della politica e la conseguente assenza di quel necessario controllo sulla potenza tecnica acquisita.
Che fare quindi ?
...
...
Vito Mancuso
La forza di essere migliori
Garzanti

Patrimoni dell'Umanità. In Sicilia non mancano solamente le strade, manca pure la capacità di valorizzare la Storia

Sono giorni quelli correnti, di questo Novembre 2019, in cui sulla città di Venezia, gioiello dell'intera umanità e non solamente di noi italiani, sono puntati gli occhi di tutto il mondo.

Abbiamo già lasciato intendere nella precedente pagina (Patrimonio dell'Umanità n. 2) che è quasi incredibile che la città sia riuscita a sopravvivere su fondamenta tanto fragili per un millennio e mezzo di anni.

Nel 1966 una eccezionale inondazione mise in serio pericolo la sua sopravvivenza e allora il mondo intero prese atto dei pericoli che storicamente hanno sempre minacciato Venezia. Da allora la città oltre che sottoposta alle "cure" del governo italiano è passata pure sotto l'egida dell'UNESCO. Governo e studiosi di tutto il mondo da allora si sono dati da fare per trovare adeguati e permanenti accorgimenti di salvaguardia -accantonando ovviamente leoperazioni corruttive dei nostri politicanti- ma non si è finora riusciti ad ovviare alla provvisorietà di esistenza della specialissima città sulla laguna. Ed infatti in questi giorni, in queste ore, il mare la ghermisce per farne un sito di archeologia marina.

LA CITTA' DI SAN MARCO
Fu nell'anno 828 che due mercanti veneziani, la cui nave colta da un potente temporale era stata portata in prossimità delle coste egiziane, furono costretti a violare il divieto dell'Imperatore di Costantinopoli Leone V di approdare presso porti occupati dai saraceni.
I due, Bono da Malamocco e Rustico da Torcello, in effetti si resero subito conto della difficile e dura situazione in cui erano costretti a vivere e a conservare la Fede i cristiani locali (che conservavano la giurisdizione della Chiesa Copto-Orientale di Alessandria d'Egitto). Decisero di trafugare le spoglie mortali dell'evangelista Marco, che riposavano nella locale  (Alessandria d'Egitto) Cattedrale di San Marco, per portarle in luogo di sicura affidabilità,  a Venezia.
La città per conservare degnamente i resti dell'evangelista Marco avviò la costruzione della Basilica, accanto al palazzo dei dogi. Quella Basilica nel 976 andò purtroppo distrutta e nella metà dell'XI secolo fu allestito l'attuale complesso. 
San Marco oltre che patrono della città ha nei secoli simboleggiato la prosperità della repubblica marinara: il leone alato (emblema dell'evangelista) è stato scolpito (oltre che dipinto) su pietre e pareti della città.
Lo splendore di Venezia è ancora oggi legato soprattutto ai mosaici bizantini che decorano la Basilica, ai marmi preziosissimi e ai capolavori d'arte che -numerosi- la città conserva.

La città raggiunse l'apogeo della sua potenza economico-politica nel XVI secolo quando estendendosi su 118 isolotti (uniti fra loro dalla rete di ponti, calli e rii) vide definitivamente completato il Palazzo Ducale, sede del Governo,  in perfetto stile gotico e rivestito di marmo bianco e rosa.
I palazzi delle grandi famiglie patrizie veneziane vennero tutti allineati lungo il Canal Grande. Lì, in quei palazzi, possono oggi godersi grandi opere pittoriche del Tintoretto, del Tiziano, del Veronese.

La preziosa ricchezza artistica della città è frutto di grande ingegno e di immani sacrifici affrontati lungo i secoli. I veneziani dei secoli andati per realizzare e salvaguardare quel patrimonio hanno reso i fondali della laguna con pietre e tronchi e vi hanno costruito -sotto il livello dell'acqua- grandi piattaforme (in legno) fissate a grossi travi piantati nel fondale. 

L'augurio è che gli italiani del terzo millennio, liberandosi dai politicanti corrotti, sappiano conservare il patrimonio veneziano (e non solamente quello).

(è stato utile il fascicoletto su Venezia curato e distribuito dal Corriere 
della Sera nel 1999).