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venerdì 30 aprile 2021

ENRICO FERMI, ALBERT EINSTEIN...BOOM ! .... di Ernesto Scura

 Quel  genio  tutto  italiano di  Enrico  Fermi, sarebbe  mai  stato in grado di meritare il “Premio Nobel per la Fisica” se quel guerrafondaio di Benito Mussolini non avesse finanziato la ricerca di quel geniale gruppo di volenterosi giovani scienziati nel loro “covo” di Via Panisperna, a Roma ?

L’intento palese era quello di dotare l’Italia, la pur piccola, ambiziosa, Italia,  di una più che terribile arma, la bomba atomica, a scopi strategici. Sappiamo come andò a finire. Per via che la moglie era ebrea, Fermi intascò il premio a Stoccolma e non fece più ritorno in  Italia. Optò  per  la  più  allettante  offerta  americana che,  poi,  gli  consentì di realizzare quell’ambizioso sogno che prese il nome di “Progetto Manhattan”. Quel progetto aveva come scopo non la costruzione di innocui frullatori per le massaie, ma uno dei più micidiali ordigni bellici, la BOMBA ATOMICA. Cambiava  lo sponsor (da “bieca” Dittatura a “mite” Democrazia) ma non la finalità che rimaneva la stessa : realizzare un deterrente squisitamente utile a finalità di strategia bellica. E “BOMBA” fu. Sappiamo  quanto  devastanti  furono  gli  effetti  su  Hiroshima  e su Nagasaki. Nel tempo di due distinti attimi, quelli necessari per emettere appena appena due sospiri, 120.000 esseri umani persero la vita nel più straziante dei modi che mente umana possa immaginare. Se di quello sterminio si fosse macchiato Hitler, in aggiunta agli altri vergognosi effettuati nei lager, si sarebbe parlato, come sempre, di olocausto. E se l’esito di quel conflitto, malauguratamente, fosse stato opposto a come fu, probabilmente, avremmo assistito, sgomenti, a ruoli invertiti, sotto il profilo del comune senso della pietas, ad un non meno punitivo “Processo di Norimberga” alla rovescia. Ma solo gli sciocchi trattano la storia con i “se“ e con i “ma“. Pertanto, noi, che sciocchi presumiamo di non essere, limitiamoci a prendere per buona la motivazione, nella versione dei vincitori : quei morti indussero il Giappone a dover chiedere la Pace, ponendo così fine ad un ulteriore aumento del numero di morti da ambo le parti. Infatti gli USA ottennero la pace ma andarono incontro alla ...”guerra fredda” che, pur tra paure e fiato sospeso, ammettiamolo, ci ha fatto godere di oltre 15 lustri di PACE, almeno nello scacchiere europeo che, poi, è il teatro della nostra vita. E, nonostante tutto, nonostante l’incidente di Cernobyl causato da obsolete strutture costruite  con incerte tecnologie sovietiche, ma più che altro causato dall’accertata disinvoltura del personale, “per eccesso di vodka”. E nonostante  il disastro causato dallo Tsunami a Fukushima, in Giappone, che costò la vita ad oltre 15.000 persone, e che causò danni enormi, anche alla centrale nucleare che fu immediatamente disattivata, nonostante tutto, dico, non si verificò alcun disastro nucleare, come a Chernobyl , proprio per le diverse modalità costruttive e di gestione. Morti accertati per cancro da esposizione alle radiazioni della centrale : 1 (UNO). Risultato sorprendentemente più che soddisfacente da sbattere in faccia a quei catastrofisti “un tanto al chilo” che si vantano di aver “denuclearizzata” l’Italia a tutto vantaggio degli altri paesi europei possessori, oltre che di centrali, anche di testate nucleari. E, disinvoltamente, provocando la frantumazione del nucleo submicroscopico di un atomo si ripagano di ogni dubbio sulla necessità e sulla convenienza dello sfruttamento “pacifico” che ne deriva. E se, oggi, le nostre lampadine, si accendono a costi ancora accessibili, ringraziamo la  vicina Francia,  la “pacifista” Svizzera, e la vicinissima Slovenia,  che ci  offrono,  a  prezzi  più che concorrenziali, quella preziosa energia  elettrica, ottenuta  dal  nucleare, molto meno inquinante del petrolio e del carbon fossile.

Il progetto Manhattan per lo sviluppo di armi nucleari rese possibile la realizzazione di quelle bombe atomiche che rasero al suolo le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Tutto scaturì da una lettera di Albert Einstein al presidente USA, Franklin Delano Roosevelt. Lo scienziato suggeriva l’inizio urgente delle ricerche sulla fissione nucleare per creare ordigni di enorme potenza, prima che potesse riuscirci la Germania nazista di Hitler. Riepilogando, Paradossalmente le stragi di Hiroshima e Nagasaki ebbero : -Un “mandante” nella persona di ALBERT EINSTEIN che, con la sua teoria della “Relatività” diede il via alla fattibilità di quel mostruoso progetto di cui invocò la realizzazione. -Un esecutore nella persona di Enrico Fermi che ritenne opportuno fare quel “botto” a favore della “democrazia” e non della “dittatura” .

 Ernesto Scura

Contessa Entellina. Pure il nostro piccolo e disabitato centro paga il tributo al covid-19

  Dopo i precedenti casi, che hanno visto nostri concittadini ospitati nelle Rsa (case di riposo per anziani) cessare il corso della loro esistenza, vittime del covid-19, apprendiamo adesso che la ottima persona Montalbano Caterina, ved. Benanti, si è spenta dopo alcune settimane trascorse in ricovero presso l'Ospedale di Partinico.

 Giunga agli amici figli della Signora Caterina ed ai parenti tutti la partecipazione al dolore da parte del Blog e di coloro che contribuiscono a farlo operare.

 

Grandi maestri.

 Il potere

"Il potere politico è quel tipo specifico di potere istituzionalizzato, o almeno stabilizzato, di comando ed obbedienza, che viene detenuto ed esercitato su una pluralità di uomini che vivono insieme e intraprendono (entro limiti variabili) la soddisfazione di tutti i requisiti essenziali per la perpetuazione della vita sociale; che è detenuto ed esercitato (anche) allo scopo di mantenere un minimo di coesistenza pacifica almeno nei riguardi della grande maggioranza della pluralità di uomini a cui si riferisce; e che si distingue da ogni altro potere che abbia i due caratteri già  menzionati per il fatto che i suoi detentori ricorrono (o possono ricorrere), in modo tendenzialmente monopolistico, all'uso della violenza per portare ad esecuzione i loro comandi e le loro direttive".

Mario Stoppino

politologo e accademico
1935-2001

giovedì 29 aprile 2021

Green card. Arrivano il certificato di avvenuta vaccinazione, quello di guarigione dal Covid-19 e quello di negatività al test molecolare antigenico.

Il recente decreto "Riaperture" del governo centrale delinea. in attesa di una successiva più puntuale  regolamentazione: 

--la certificazione verde Covid-19 da utilizzare per gli spostamenti tra regioni localizzate in zona rossa e arancione. 

Una circolare dell'assessorato regionale
alla Salute di Sicilia 
recepisce le indicazioni
 del nuovo “decreto Riaperture” del
governo nazionale in attesa
di una successiva regolamentazione

nazionale.


Si tratta di una certificazione in formato cartaceo oppure in digitale, che comprova lo stato di avvenuta vaccinazione contro il Covid (ciclo completo con doppia dose), oppure la guarigione dall’infezione (con cessazione dell’isolamento prescritto), oppure l’aver effettuato un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo.

La certificazione ha validità di sei mesi e, come prevede il decreto legge, è rilasciata, su richiesta dell’interessato, dalla struttura sanitaria o da chi esercita la professione sanitaria che effettua la vaccinazione.

La certificazionew di test con esito negativo, invece, ha una validità di 48 ore e viene rilasciata dalle strutture sanitarie pubbliche o private autorizzate e dalle farmacie che svolgono i test, ovvero dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta.

mercoledì 28 aprile 2021

Over 60. Da oggi vaccinazione senza prenotazione

 Ogni giorno somministrazioni senza prenotazione in tutti gli Hub e Centri vaccinali della Sicilia per gli ultra sessantenne. E l'iniziativa riesce a coinvolgere fasce di popolazione finora restie o che non riuscivano a familiarizzare con i mezzi informatici.

Torna quindi da oggi  l'iniziativa promossa dal governo regionale che già nelle scorse settimane ha contribuito ad incrementare, nei weekend, il numero delle somministrazioni del siero antiCovid,. 

 Anche in questa fase l'iniziativa continua comunque a coinvolgere le categorie fragili, prescindendo dall'età. 

martedì 27 aprile 2021

Il Piano di ripresa. Draghi espone le linee generali.

Riportiamo il testo integrale del discorso del presidente del Consiglio Mario Draghi per la presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza tenuto alla Camera.

 L'intenzione sottesa al Piano è di cambiare il volto del Paese. Da paese mediterraneo a paese europeo (nel senso più pieno). È un processo che merita di essere seguito e sopratutto saputo vivere da chi porta responsabilità collettive.

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Signor Presidente, Onorevoli Deputati,

Sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze.Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. 

Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale. Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare. 

Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione del 25 aprile, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica. 

Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale. Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.

Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione del 25 aprile, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica.

Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943: “Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere.

L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune”. A noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani.

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Prima di concentrarmi sulla descrizione del Piano, vorrei ringraziarvi per il prezioso lavoro di interlocuzione con Istituzioni e Parti sociali svolto dal Parlamento. La buona riuscita del Piano richiede uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo. Il Parlamento ha effettuato, con eccezionale rapidità, un ingente lavoro di sintesi delle osservazioni e delle istanze di numerosi enti istituzionali, associazioni di categoria ed esperti che ha contribuito alla fase finale di definizione del Piano.
Tale lavoro di sintesi si è affiancato all’intensa collaborazione tra i diversi Ministeri a vario titolo coinvolti nella predisposizione del Piano, un lavoro che ha molto beneficiato dell’azione svolta dal precedente Governo. Ringrazio anche le Regioni, le Provincie e i Comuni, il cui ruolo va oltre queste consultazioni. Gli enti territoriali sono infatti determinanti per la riuscita del Piano.

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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha tre obiettivi principali.
 Il primo, con un orizzonte temporale ravvicinato, risiede nel riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica.
La pandemia ci ha colpito più dei nostri vicini europei. Abbiamo raggiunto il numero di quasi 120.000 morti per il Covid-19, a cui si aggiungono i tanti mai registrati. Nel 2020 il PIL è caduto dell’8,9 per cento, l’occupazione è scesa del 2,8 per cento, ma il crollo delle ore lavorate è stato dell’11 per cento, il che dà la misura della gravità della crisi. I giovani e le donne hanno sofferto un calo di occupazione molto superiore alla media, particolarmente nel caso dei giovani nella fascia di età 15-24 anni. Le misure di sostegno all’occupazione e ai redditi dei lavoratori hanno notevolmente attutito l’impatto sociale della pandemia. Tuttavia, l’impatto si è sentito soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione.

Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 al 7,7 per cento, per poi aumentare fino al 9,4 per cento nel 2020. Ancora una volta ad essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani e ancora una volta soprattutto nel Mezzogiorno. Con una prospettiva più di medio-lungo termine, il Piano affronta alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da decenni: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico. Infine, le risorse del Piano contribuiscono a dare impulso a una compiuta transizione ecologica.

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Il Piano è articolato in progetti di investimento e riforme. L’accento sulle riforme è fondamentale. Queste non solo consentono di dare efficacia e rapida attuazione agli stessi investimenti, ma anche di superare le debolezze strutturali che hanno per lungo tempo rallentato la crescita e determinato livelli occupazionali insoddisfacenti, soprattutto per i giovani e le donne. Le riforme e gli investimenti sono corredati da obiettivi quantitativi e traguardi intermedi e sono organizzate in sei Missioni.

I progetti di ciascuna missione mirano ad affrontare tre nodi strutturali del nostro Paese, che costituiscono obiettivi orizzontali dell’intero Piano. Si tratta di colmare le disparità regionali tra il Mezzogiorno e il Centro Nord, le diseguaglianze di genere e i divari generazionali. Le risorse fornite attraverso il Dispositivo di ripresa e resilienza della UE sono pari a 191,5 miliardi. Il Governo ha deciso di stanziare ulteriori 30,6 miliardi per il finanziamento di un Piano nazionale complementare da affiancare al dispositivo europeo. Questo piano complementare finanzia progetti coerenti con le strategie del PNRR, che tuttavia eccedevano il tetto di risorse ottenibili dal dispositivo europeo.

Il PNRR e il Piano complementare sono stati disegnati in modo integrato: anche i progetti del secondo avranno gli stessi strumenti attuativi. Sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche. Queste includono la linea ferroviaria ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria – che diventerà una vera alta velocità – e l’attraversamento di Vicenza relativo alla linea ad Alta Velocità Milano-Venezia. È poi previsto il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, utilizzate nell’ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti ivi previsti per 15,5 miliardi.

Nel complesso potremo disporre di circa 248 miliardi di euro. A tali risorse, si aggiungono poi quelle rese disponibili dal programma REACT-EU che, come previsto dalla normativa UE, vengono spese negli anni 2021-2023. Si tratta di altri fondi per ulteriori 13 miliardi. Se si tiene conto solo di RRF e del Fondo Complementare, la quota dei progetti ‘verdi’ è pari al 40 per cento del totale. Quella dei progetti digitali il 27 per cento, come indicato dalle regole che abbiamo deciso in Europa. Il Piano destina 82 miliardi al Mezzogiorno su 206 miliardi ripartibili secondo il criterio del territorio, per una quota dunque del 40 per cento. C’è una forte attenzione all’inclusione di genere e al sostegno per i giovani.

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Il Piano ha effetti significativi sulle principali variabili economiche. Nel 2026 il PIL sarà di circa 3,6 punti percentuali superiore rispetto a uno scenario di riferimento che non tiene conto dell’attuazione del Piano. Ne beneficia anche l’occupazione che sarà più elevata, di 3,2 punti percentuali rispetto allo scenario base nel triennio 2024-2026. Queste stime ipotizzano un’elevata efficienza degli investimenti pubblici effettuati, ma non quantificano l’ulteriore impulso che potrà derivare dalle riforme previste dal Piano e per quanto riguarda l’occupazione femminile e giovanile non tiene conto della clausola di condizionalità trasversale a tutto il Piano. L’accelerazione della crescita può essere superiore a quanto riportato nel PNRR se riusciamo ad attuare riforme efficaci e mirate a migliorare la competitività della nostra economia.

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Il governo del Piano è strutturato su diversi livelli. L’attuazione delle iniziative e delle riforme, nonché la gestione delle risorse finanziarie, sono responsabilità dei Ministeri e le autorità locali, che sono chiamati a uno straordinario impegno in termini di organizzazione, programmazione e gestione. Le funzioni di monitoraggio, controllo e rendicontazione e i contatti con la Commissione Europea sono affidati al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Infine, è prevista una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, con il compito tra l’altro di interloquire con le amministrazioni responsabili in caso di riscontrate criticità nell’attuazione del Piano.

Voglio sottolineare l’importante ruolo svolto da Regioni ed Enti locali nell’ambito dell’attuazione del Piano. Sono infatti responsabili della realizzazione di quasi 90 miliardi di investimenti, circa il 40 percento del totale, in particolare con riferimento alla transizione ecologica, all’inclusione e coesione sociale e alla salute.

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La prima Missione riguarda i temi della Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura. Nel complesso, le risorse destinate a questa Missione sono quasi 50 miliardi, di cui 41 finanziate con il Dispositivo Europeo e 8,5 con il Piano complementare nazionale, pari al 27% delle risorse totali del Piano. L’obiettivo principale è promuovere e sostenere la trasformazione digitale e l’innovazione del sistema produttivo del Paese. Abbiamo scelto di investire nella crescita dimensionale delle nostre imprese e in filiere ad alta tecnologia.

Una particolare attenzione va poi a turismo e cultura. È facile quando si parla di digitale, parlare di fibra, di cloud, di 5G, di identità digitale, di telemedicina e delle molte altre tecnologie sulle quali proponiamo di investire. In realtà dobbiamo ricordare per cosa la trasformazione digitale è essenziale per il nostro Paese.

Noi vogliamo che dal 2027 le nostre ragazze e ragazzi possano avere accesso alle migliori esperienze educative, ovunque esse siano in Italia. Vogliamo che i nostri imprenditori, piccoli e grandi, possano lanciare e far crescere le loro attività rapidamente e efficientemente. Vogliamo permettere alle donne imprenditrici di realizzare i loro progetti. Vogliamo che i lavoratori e le lavoratrici continuino ad acquisire le competenze per le professioni di oggi e di domani. Vogliamo che le persone più sole o vulnerabili possano esser assistite dagli operatori sanitari, dai volontari e dai loro famigliari nel miglior e più tempestivo modo possibile. Vogliamo che le pubbliche amministrazioni e i loro servizi siano accessibili senza ostacoli, senza costi e senza inutile spreco di tempo. Vogliamo insomma accelerare l’adozione della tecnologia – nel pubblico, nel privato e nelle famiglie – per dare alla fine del quinquennio 2021-26 eque opportunità a tutti. In particolare a giovani, donne e a chi vive in territori meno connessi.

Per il rilancio della cultura e del turismo, due settori chiave per l’Italia anche per il loro significato identitario, una prima linea di azione riguarda interventi di valorizzazione di siti storici e culturali, volti a migliorare la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità dei luoghi. Gli interventi sono dedicati non solo ai cosiddetti “grandi attrattori”, ma anche alla tutela e alla valorizzazione dei siti minori. Si aggiungono misure per una riqualificazione ambientalmente sostenibile delle strutture e dei servizi turistici, che fanno leva anche sulle nuove tecnologie.

Il Piano non trascura il fatto che il rafforzamento della digitalizzazione e la spinta all’innovazione devono essere realizzati in maniera sinergica tra settori e aree di intervento. Molte misure di cui dirò più avanti relativamente ad altre Missioni, ad esempio relativamente a Istruzione e Ricerca o Sanità, completano la strategia del Governo in questa area.

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La seconda Missione, denominata Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica, si occupa dei grandi temi dell’agricoltura sostenibile, dell’economia circolare, della transizione energetica, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica degli edifici, delle risorse idriche e dell’inquinamento. Essa è particolarmente importante per l’Italia, che è maggiormente esposta a rischi climatici rispetto ad altri Paesi. La missione migliora la sostenibilità del sistema economico e assicura una transizione equa e inclusiva verso una società a impatto ambientale pari a zero. La dotazione complessiva di questa missione è la più cospicua tra le 6 proposte (quasi 70 miliardi, di cui 60 finanziati con il Dispositivo europeo). Vi sono inoltre investimenti a supporto della transizione ecologica anche in altre Missioni.

La Missione prevede misure per migliorare la gestione dei rifiuti e per l’economia circolare, rafforza le infrastrutture per la raccolta differenziata, e ammoderna o sviluppa nuovi impianti di trattamento rifiuti. Per raggiungere la progressiva decarbonizzazione, sono previsti interventi per incrementare significativamente l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, per il rafforzamento delle reti e per una mobilità più sostenibile. Vi è un significativo sforzo per promuovere l’efficientamento energetico di edifici pubblici e privati.

Per il Superbonus al 110 per cento sono previsti, tra PNRR e Fondo complementare, oltre 18 miliardi, le stesse risorse stanziate dal precedente governo. Non c’è alcun taglio. La misura è finanziata fino alla fine del 2022, con estensione al giugno 2023 solo per le case popolari (Iacp). È un provvedimento importante per il settore delle costruzioni e per l’ambiente. Per il futuro, il Governo si impegna a inserire nel Disegno di Legge di bilancio per il 2022 una proroga dell’ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione nel 2021, con riguardo agli effetti finanziari, alla natura degli interventi realizzati, al conseguimento degli obiettivi di risparmio energetico e sicurezza degli edifici.

Inoltre, nella missione, non sono stati trascurati i temi della sicurezza del territorio, con interventi di prevenzione e di ripristino a fronte di significativi rischi idrogeologici, della salvaguardia delle aree verdi e della biodiversità, e quelli relativi all’eliminazione dell’inquinamento delle acque e del terreno, e alla disponibilità di risorse idriche.

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La Missione 3 dispone una serie di investimenti finalizzati allo sviluppo di una rete di infrastrutture di trasporto moderna, digitale, sostenibile e interconnessa. Nel complesso a questa finalità sono allocati oltre 31 miliardi. Gran parte delle risorse è destinata all’ammodernamento e al potenziamento della rete ferroviaria. Si prevede il completamento dei principali assi ferroviari ad alta velocità ed alta capacità (per una spesa stimata in 13,2 miliardi), l’integrazione fra questi e la rete ferroviaria regionale e la messa in sicurezza dell’intera rete. Vi sono poi interventi per la digitalizzazione del sistema della logistica, per migliorare la sicurezza di ponti e viadotti, e misure per innalzare la competitività, capacità e produttività dei porti italiani.

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La Missione 4, Istruzione e Ricerca, incide su fattori indispensabili per un’economia basata sulla conoscenza. Oltre ai loro risvolti benefici sulla crescita, tali fattori sono determinanti anche per l’inclusione e l’equità. I progetti proposti intendono rafforzare il sistema educativo lungo tutto il percorso di istruzione, sostenere la ricerca e favorire la sua integrazione con il sistema produttivo. Gli interventi principali riguardano: il miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione, a partire dal rafforzamento dell’offerta di asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia; lo sviluppo e il rafforzamento dell’istruzione professionalizzante; i processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti; il potenziamento e l’ammodernamento delle infrastrutture scolastiche, ad esempio con il cablaggio interno di circa 40.000 edifici scolastici; la riforma e l’ampliamento dei dottorati; il rafforzamento della ricerca e la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata condotta in sinergia tra università e imprese; il sostegno ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico.
Alla Missione 4 sono destinati quasi 32 miliardi, di cui uno finanziato con risorse nazionali tramite il Fondo complementare, e 31 con il Dispositivo europeo.
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La quinta Missione è destinata alle politiche attive del lavoro e della formazione, all’inclusione sociale e alla coesione territoriale. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi. Ulteriori 7,3 miliardi di interventi beneficeranno delle risorse di REACT-EU. Sono previsti investimenti in attività di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Si prevede l’introduzione di una riforma organica e integrata in materia di politiche attive e formazione, nonché misure specifiche per favorire l’occupazione giovanile. Sono introdotte misure a sostegno dell’imprenditorialità femminile e un sistema di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere.

Si è scelto poi di destinare importanti risorse alle infrastrutture sociali funzionali alla realizzazione di politiche a sostegno delle famiglie, dei minori, delle persone con gravi disabilità e degli anziani non autosufficienti. A queste si affiancano misure per la riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili (periferie, aree interne del Paese) e interventi di potenziamento dell’edilizia residenziale pubblica e di housing temporaneo e sociale.

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La Missione 6 riguarda la Salute, un settore critico, che ha affrontato sfide di portata storica nell’ultimo anno. La pandemia da Covid-19 ha confermato il valore universale della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macro-economica dei servizi sanitari pubblici. Le riforme e gli investimenti proposti con il Piano in quest’area hanno due obiettivi principali: rafforzare la prevenzione e i servizi sanitari sul territorio e modernizzare e digitalizzare il sistema sanitario, al fine di garantire un equo accesso a cure efficaci. La dotazione per questa missione è complessivamente di 18,5 miliardi, di cui 15,6 relativamente a finanziamenti RFF e 2,9 di risorse nazionali.

Il miglioramento delle prestazioni erogate sul territorio è perseguito attraverso il potenziamento e la creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità), il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari.

A queste misure si affiancano progetti per il rinnovamento e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti; per il completamento e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico; per una migliore capacità di erogazione e monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza.

Rilevanti risorse sono destinate inoltre alla ricerca scientifica e a favorire il trasferimento tecnologico, oltre che a rafforzare le competenze e il capitale umano del Servizio Sanitario Nazionale.

Nel più generale ambito sociosanitario, introduciamo un’importante riforma per la non autosufficienza, con l’obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani. Questa misura affronta in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell’invecchiamento. Vogliamo che i nostri anziani possano essere messi in condizione di mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile, in un contesto il più possibile de-istituzionalizzato. Dopo le sofferenze e le paure di questi mesi di pandemia, non possiamo dimenticarci di loro.

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Vediamo ora l’impatto del Piano su donne, giovani e sud. Eliminare gli ostacoli che limitano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è fondamentale per la ripresa dell’Italia. Il Piano interviene sulle molteplici dimensioni del divario di genere e si inserisce nel percorso di riforma avviato con il Family Act. Il Governo intende lanciare entro il primo semestre 2021 la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026. Il PNRR sviluppa le priorità di questa Strategia nazionale e le articola in un ampio programma. 4,6 miliardi sono dedicati a costruire nuovi asili nido, scuole materne e servizi di educazione e cura per la prima infanzia.

Quasi un miliardo va a finanziare l’estensione del tempo pieno nelle scuole primarie per permettere alle famiglie – e alle madri in particolare – di conciliare meglio la loro vita professionale e lavorativa. Il Piano prevede 400 milioni per favorire l’imprenditorialità femminile, e stanzia oltre 1 miliardo per la promozione delle competenze in ambito tecnico-scientifico, soprattutto per le studentesse. Infine, grazie all’azione di questo Parlamento, l’assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità.

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Un Piano che guarda alle prossime generazioni deve infatti riconoscere la nostra realtà demografica. Siamo uno dei paesi con la più bassa fecondità in Europa: meno di 1,3 figli per ciascuna donna contro quasi 1,6 della media Ue. Per mettere i nostri giovani nella condizione di formare una famiglia, dobbiamo rispondere a tre loro richieste: un welfare adeguato, una casa e un lavoro sicuro. Oltre al piano agli asili nido, di cui ho già parlato, i giovani beneficiano dalle misure per le infrastrutture sociali e le case popolari.

E in un prossimo decreto, di imminente approvazione, sono previsti altre risorse per aiutare i giovani a contrarre un mutuo per acquistare una casa. Sarà possibile non pagare un anticipo, grazie all’introduzione di una garanzia statale. 1,8 miliardi vanno ad accrescere la competitività delle imprese turistiche, di cui una parte importante è destinata a incentivare la creazione di nuove imprese da parte di chi ha meno di 35 anni.

Potenziamo il “Servizio Civile Universale” per i giovani tra i 18 e i 28 anni, al quale destiniamo 650 milioni per il periodo 2021-2023. Si tratta di una forma di cittadinanza attiva che è, allo stesso tempo, uno strumento di formazione e un motore di inclusione e coesione sociale. I giovani possono orientarsi rispetto allo sviluppo della propria vita professionale e, allo stesso tempo, rendere un servizio nobile alla propria comunità e all’Italia. Sempre per i giovani, investiamo 600 milioni di euro per rafforzare il sistema duale e rendere i sistemi di istruzione e formazione più in linea con il mercato del lavoro. Questo intervento agevola l’occupazione giovanile e allo stesso tempo viene incontro alle esigenze delle imprese in termini di competenze. Tra le altre misure legate all’istruzione, ribadiamo la centralità dello sport nel percorso formativo dei ragazzi e delle ragazze. Il Piano dedica un miliardo alle strutture sportive per i giovani, in parte dedicato a nuove palestre e attrezzature sportive nelle scuole, in parte a rafforzare il ruolo dello sport come strumento di inclusione sociale e di contrasto alla marginalizzazione.

Più in generale, i giovani saranno tra i principali beneficiari di tutto il Piano. Gli investimenti e le riforme sulla transizione ecologica creeranno principalmente occupazione giovanile. La creazione di opportunità per i giovani nel mondo del lavoro sarà anche l’effetto naturale degli interventi sulla digitalizzazione che, tra l’altro, consentiranno di completare la connettività delle scuole.

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Il Piano prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità, nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. Gli interventi per la mobilità, il trasporto pubblico locale e le linee ferroviarie favoriscono il miglioramento e l’accessibilità di infrastrutture e servizi per tutti i cittadini. È previsto un investimento straordinario sulle infrastrutture sociali, nonché sui servizi sociali e sanitari di comunità e domiciliari, per migliorare l’autonomia delle persone con disabilità. Il miglioramento di servizi sanitari sul territorio favorisce un accesso realmente universale alla sanità pubblica. Si prevede, infine, di introdurre la Legge Quadro sulle disabilità per semplificare l’accesso ai servizi e i meccanismi di accertamento della disabilità. Nel corso dell’attuazione del Piano, l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità monitorerà che le riforme proposte siano adeguatamente inclusive.

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La crescita del Mezzogiorno rappresenta l’altro aspetto prioritario trasversale al Piano. Il potenziale del sud in termini di sviluppo, competitività e occupazione è tanto ampio quanto è grande il suo divario dal resto del Paese. Non è una questione di campanili: se cresce il sud, cresce anche l’Italia. Più del 50 per cento del totale degli investimenti in infrastrutture – soprattutto l’alta velocità ferroviaria e il sistema portuale – è diretto al sud. Gli interventi su economia circolare, transizione ecologica, mobilità sostenibile e tutela del territorio e della risorsa idrica destinano al Mezzogiorno 23 miliardi. A questi investimenti si accompagnano la riforma delle Zone economiche speciali e un robusto finanziamento della loro dotazione infrastrutturale, pari a oltre 600 milioni. Stimiamo che l’incremento complessivo del PIL del Mezzogiorno negli anni 2021-2026 sarà pari a quasi 1,5 volte l’aumento del PIL nazionale. L’obiettivo è rendere il Mezzogiorno un luogo di attrazione di capitali privati e di imprese innovative.

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Come dicevo, il PNRR non è soltanto un piano di investimenti, ma anche e soprattutto di riforme. La riforma della giustizia affronta i nodi strutturali del processo civile e penale. Nonostante i progressi degli ultimi anni, permangono ritardi eccessivi. In media sono necessari oltre 500 giorni per concludere un procedimento civile in primo grado, a fronte dei circa 200 in Germania. Il Piano rivede l’organizzazione degli uffici giudiziari e crea l’Ufficio del processo, una struttura a supporto del magistrato nella fase “conoscitiva” della causa. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale in primo grado e in appello, e si dà definitivamente attuazione al processo telematico, come richiesto nei mesi scorsi dal Senato. Il Governo intende ridurre l’inaccettabile arretrato presente nelle aule dei tribunali, e creare i presupposti per evitare che se ne formi di nuovo. Questo è uno degli impegni più importanti ed espliciti che abbiamo preso verso l’Unione europea. L’obiettivo finale che ci proponiamo è ambizioso, ridurre i tempi dei processi del 40 per cento per il settore civile e almeno del 25 per cento per il penale. Vogliamo un sistema giudiziario strutturalmente più efficiente ed elevare la qualità della risposta del sistema.

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La seconda riforma di sistema riguarda la Pubblica amministrazione, sulla cui capacità di rispondere in modo efficiente ed efficace incidono diversi fattori. Tra questi: la stratificazione normativa, la limitata e diseguale digitalizzazione, lo scarso investimento nel capitale umano dei dipendenti, l’assenza di ricambio generazionale e di aggiornamento delle competenze.

La riforma interviene su quattro ambiti principali: Assunzioni e concorsi, mediante una razionalizzazione delle procedure di assunzione e una programmazione degli organici mirata a fornire servizi efficienti a imprese e cittadini. Buona amministrazione, grazie a una semplificazione del quadro normativo e procedurale. Rafforzamento delle Competenze, tramite una revisione dei percorsi di carriera, la formazione continua del personale e lo sviluppo professionale. La Digitalizzazione, con investimenti in tecnologia, la creazione di unità dedicate alle semplificazione dei processi e la riorganizzazione degli uffici.

Inoltre, entro maggio presentiamo un decreto che interviene con misure di carattere prevalentemente strutturale volte a favorire l’attuazione del PNRR e del Piano complementare. Oltre a importanti semplificazioni negli iter di attuazione e di valutazione degli investimenti in infrastrutture, si procede a una semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni.

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Il Piano vuole anche impegnare Governo e Parlamento a una continuativa e sistematica opera di abrogazione e modifica delle norme che frenano la concorrenza, creano rendite di posizione e incidono negativamente sul benessere dei cittadini. Questi principi sono essenziali per la buona riuscita del Piano: dobbiamo impedire che i fondi che ci accingiamo a investire finiscano soltanto ai monopolisti. A questo fine assume un ruolo cruciale la Legge annuale sulla concorrenza – prevista nell’ordinamento nazionale dal 2009, ma realizzata solo una volta nel 2017. Intendiamo varare norme volte ad agevolare l’attività d’impresa in settori strategici come le reti digitali e l’energia.

Alcune di queste norme sono già individuate nel Piano, ad esempio il completamento degli obblighi di gara per i regimi concessori oppure la semplificazione delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti. Il Governo si impegna a mitigare gli effetti negativi che alcune di queste misure potrebbero produrre, rafforzando i meccanismi di regolamentazione e la protezione sociale.
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lunedì 26 aprile 2021

Italia a colori. Regioni suddivise in fasce rosse, arancioni e gialle

 La Sicilia appartiene alla fascia "arancione". Cosa si può fare rispettando le norme?

Flash sulla storia locale. Gli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento

 Qualcuno ci chiede del perchè, in alcuni post trascorsi con cui abbiamo tratteggiato uno spicchio (solo uno spicchio: i Fasci del Lavoratori)  della vicenda storica locale di Contessa Entellina abbiamo sottolineiamo l'inclinazione democratica del parroco locale Genovese, apparsa in aperto contrasto con la linea conservatrice -per non dire retriva- delle elité locali, allora tutte legate al sistema latifondistico che caratterizzava l'intero territorio di Contessa Entellina e dell'intera Sicilia Occidentale.

 I tantissimi scritti (quelli che conosciamo, e purtroppo non sono tutti) di quel parroco evidenziano da soli il suo carattere ed il suo impegno umanistico e umanitario, incline oltre che alla religiosità anche all'assetto sociale ed economico locale, allora  non proprio liberale e ancor meno socialistico. 

 Il nostro paesino in quegli anni (fine Ottocento, inizio Novecento)  era col più alto indice di latifondismo dell'intera Isola. Non esistevano proprietà private se non piccolissimi poderi in enfiteusi, i cui censi -allora- erano abbastanza elevati. A Contessa l'emigrazione di massa era iniziata ai primi dell'800' e divenne fuga di massa dopo l'arrivo dei garibaldini (1860) nell'Isola. L'indice  di vita e quello dell'emigrazione di massa smentiscono, a nostro giudizio,  tante descrizioni oleografiche del nostro paesino che frequentemente sono state diffuse -alcune peraltro nei decenni di maggiore sofferenza locale-. 

 A contrastare le descrizioni del gradevole vivere locale bastano da soli gli indici statistici conservati negli archivi palermitani che sono stati da tanti autori rielaborati in più tavole descrittive e pubblicati;   è stato invece  il parroco, Genovese, amico e in frequente relazione epistolare con Napoleone Colajanni, a farsi voce della reale situazione sociale locale, e non solamente locale. Il  Parroco peraltro educò i nipoti, i figli dei fratelli, secondo le idee socialistiche-riformiste del tempo e costoro -negli anni venti del Novecento- furono costretti, dai fascisti locali, ad allontanarsi dalla Sicilia,

 Va detto che il parroco Genovese  non era un personaggio esclusivo nel desiderare una società migliore. Egli oltre che frequentare figure progressiste di spicco del suo tempo era ovviamente in ottime relazioni col suo arcivescovo -quello di Monreale- mons. Domenico Gaspare Lancia di Brolo. Questo prelato con lettera pastorale del novembre 1895, affermò che i contadini della sua vastissima diocesi (che arrivava a comprendere Contessa Entellina)  avevano diritto a coalizzarsi per ottenere un migliore trattamento, chiaro riferimento e  preciso sostegno all'iniziativa che Genovese dava all'associazione dei Fasci Siciliani; associazione questa   che nel Corleonese -e quindi a Contessa E.- era animata dal socialista Bernardino Verro. L'arcivescovo sosteneva che costoro agivano secondo giustizia e che colpa grave era invece l’usura praticata dai tanti fittaioli ingiusti che operavano all'interno dei latifondi. Quel prelato inoltre affermò che il prete era, allusione al Genovese e non solamente a lui, doveva essere il difensore naturale del povero e del proletario per sua divina missione. Su questo stesso tono sono altre successive lettere pastorali degli anni seguenti che vedono ulteriormente perseguitati e dispersi tantissimi degli aderenti ai Fasci dei Lavoratori, al punto che varie decine, in verità centinaia, di contessioti furono costretti -alcuni clandestinamente- ad emigrare in direzione di New Orleans dove già esisteva una comunità di contessioti molto più numerosa di quella ancora presente nell'area del corleonese.

 Intenzione del Genovese -e di altri pochi preti interessati alle questioni sociali- era stata quella di  sviluppare la sua azione religiosa e la sua attività nel settore caritativo a favore dei poverissimi locali ridestando la fede in tanti che l’avevano da tempo abbandonata, oppure era in loro sopita (così l'arcivescovo giustificava l'operato dei suoi sacerdoti).

 Per sviluppare la panoramica su quegli anni di fine ottocento e poi di inizio Novecento, va ricordato che la gran parte del clero locale, di Contessa Entellina, era invece in relazione col capo del governo che conduceva la repressione anti-contadina in Sicilia, l'arbëreshe Francesco Crispi.

 E'  probabilissimo che a caratterizzare parte della vicenda di contrasto locale all'interno dei personaggi sia religiosi che amministrativi possono avere influito le circostanze e le situazioni etnico-culturali miste: arbëresh/siciliani. Ma ai fini del processo di crescita umana e sociale della realtà locale un grande contributo lo abbiamo sempre riconosciuto sul blog al parroco Genovese.

Grandi maestri

 “Il Cristianesimo è stata la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta […] operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all’umanità”.

Benedetto Croce

filosofo, storico, politico di formazione

 liberale, critico letterario e scrittore, 

1866-1952

domenica 25 aprile 2021

25 aprile. Gli episodi che diedero origine alla "Resistenza" ....Ing. Luigi Cannella

 

 Dopo l'invasione della Sicilia, con lo sbarco delle truppe Anglo-Americane del 10 Luglio 1943, la caduta del fascismo del 25 Luglio, il proclama "la guerra continua" con la conferma del mantenimento dell'alleanza con la Germania, trasmesso alla radio dal nuovo capo del Governo, il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio, i tedeschi si resero conto che l'alleanza con l'Italia avrebbe avuto i giorni contati e il Feld-Maresciallo Albert Kesserling, che aveva il comando logistico a Frascati, iniziò a predisporre le necessarie contromisure. Infatti, dopo 45 giorni, alle ore 19 dell'Otto Settembre Badoglio annunciò alla radio l'Armistizio con gli Anglo-Americani, trascurando di impartire precise disposizioni alle FF.AA. e, nella notte 8-9 Settembre, i vertici delle FF.AA., seguirono il sovrano e la sua famiglia  trasferendosi velocemente da Roma  a Brindisi, territorio sotto il controllo americano. Sembra che il Principe ereditario Umberto di Savoia abbia implorato numerose volte l'augusto genitore (Vittorio Emanuele III) affinché gli consentisse di rimanere a Roma per prendere il comando delle numerose truppe dislocate nella capitale(sei Divisioni tra cui la "Centauro" e la Divisione "Ariete") che costituivano il Corpo d'Armata Motocorazzato. Prima di allontanarsi da Roma il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito affidò al Gen.Giacomo Carboni l'incarico di difendere la città con la seguente disposizione: "si arrangi". E.....Carboni si "arrangiò"!!!!Le conseguenze furono micidiali. Infatti la maggior parte delle FF.AA.  dislocate sul territorio nazionale, abbandonate a se stesse e prive di ordini, si sbandarono anche se vi furono numerosi episodi di combattimento tra reparti italiani e reparti germanici, in particolare a Roma a Porta San Paolo (Lancieri di Montebello, Granatieri di Sardegna). Molto più grave e drammatica la situazione delle nostre truppe dislocate all'estero, isolate, prive di ordini, Quasi sempre a contatto con reparti tedeschi, alleati fino al giorno precedente. Si trovò intrappolata a Cefalonia la Divisione Acqui che fu annientata in massa con il suo Stato Maggiore, come riportato  nel bollettino di guerra tedesco in data 25 Settembre 1943. I corpi dei morti furono bruciati e gli abitanti di Itaca,vedendo le colonne di fumo, dicevano: "è la Divisione Acqui che sale in Cielo". Furono questi i principali episodi che diedero origine alla "Resistenza" che cominciò per iniziativa dei nostri militari ai quali si unirono anche molti civili di ogni provenienza. Furono anche utilizzati Reparti regolari dell'Esercito Italiano, considerato "cobelligerante" anche se "tollerati" e spesso "ostacolati" dalle autorità militari delle Forze Armate degli eserciti alleati. Finalmente il 25 Aprile 1945 l'incubo fini' con la liberazione del territorio nazionale ma le tragiche vicende anche di una "guerra civile" combattuta sul nostro territorio non si estinsero molto facilmente perché non si è mai voluto affrontare seriamente questo drammatico e doloroso periodo della nostra storia, ignorando che i fatti sopravvivono anche se vengono taciuti e che non ci sono mai i caduti dalla parte sbagliata ma solo le vittime di entrambi le parti.

Ing. Luigi Cannella

I giornali

 






































Alle radici del Cristianesimo

 La domenica del Paralitico


La quarta Domenica dopo la festa di Pasqua è detta Domenica del Paralitico perché si commemora il miracolo di Cristo che guarì -di sabato- un uomo che era rimasto paralizzato per 38 anni. La paralisi consisteva nella pesantezza della legge mosaica che asserviva l'uomo. 

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 Ancora una domanda rivolta (anno 2000) all'Arcivescovo Piero Coda oggi preside dell’Istituto Universitario Sophia di Incisa in Val d’Arno, fondato da Chiara Lubich, nochè membro del Centro Studi del Movimento dei Focolari, dell’Associazione Teologica Italiana della Pontificia accademia di teologia, da Sergio Zavoli, giornalista, scrittore, politico e conduttore televisivo, deceduto il 4 agosto 2020, noto anche -in forza di un suo libro- come il socialista di Dio.

Domanda:

 Perchè gli argomenti sulla dimostrazione dell'esistenza di Dio non hanno mai chiuso il cerchio, visto che siamo ancora qui a chiederci, e dunque a dubitare,  se egli esista o no.

  Perchè Dio non sta in fondo a un ragionamento, ma è al principio di una esperienza vitale e originaria, capace di dare senso a tutte le altre esperienze che arricchiscono la nostra vita.

Risposta

 Mi permetta di rivolgerle qualche domanda con le semplificazioni di chi,  peraltro, non si fa scrupolo di dichiararle: perchè c'è quello che vediamo? Chi lì ha fatto? E chi ha fatto Dio?  Dio è sempre stato Dio, anche prima della creazione? Oppure era in attesa di essere se stesso, di compiersi con la creazione del mondo e dell'uomo, cioè  attraverso la prova straordinaria  e quindi l'autenticazione, di sè?

 Dio non ha bisogno di altra prova -per "autenticarsi"-  ai nostri occhi come Dio- che non sia il creato da lui. Noi non riusciamo a concepire una realtà che non provenga da nessun'altra realtà; è talmente forte il segno della creaturalità, è talmente impresso nel nostro essere, che anche quando pensiamo Dio si è portati a pensare a qualcuno che l'ha fatto ...

Domanda

... certo, chi se non Dio ha fatto se stesso? Ma prima della creazione Dio era Dio? Oppure Dio è colui che è, da sempre ?

Risposta

 E' difficile, persino improprio, parlare di un prima e di un dopo rispetto a Dio, perchè Dio è fuori del tempo. O, meglio, abbraccia in sè la temporalità. E' eterno, come diciamo. Premesso questo, il nome "Dio" è propriamente il nome dell'Infinito, dell'Assoluto, nel momento in cui si rapporta al creato. Dio è il nome che noi diamo a colui che è la nostra origine e la nostra meta. Dio, da sempre, è se stesso, ma è anche in attesa di se stesso; nel senso che è in attesa di quell'altro da sè  che è il creato da lui. Non è, insomma, un Dio assorto, distratto, appagato, un Dio che in qualche modo, in un momento dell'eternità, può fare a meno della creazione. Si tratta di un concetto che stentiamo a capire, perchè i nostri pensieri lo trattengono nelle categorie dello spazio e del tempo in cui siamo incarnati. Secondo la fede cristiana l'atto della creazione è libero e ciò vuol dire, si pensa normalmente, che potrebbe anche non essere. Penso che il concetto di libertà della creazione, in relazione al mistero di Dio, vada compreso in maniera pià profonda. Liberta', nella sua dimensione ultima, non è poter fare una cosa piuttosto che un'altra. Non è arbitrario, è piuttosto gratuita'; quella di esprimere  tutta la nostra ricchezza, la più creativa. Quando si è autenticamente liberi? nel primo o nel secondo caso? Esteriormente una persona è libera quando può fare o non fare. Nella sua interiorità è libera quando, anche non potendo fare, è tuttavia in grado di esprimersi con gratuità, cioè grazie alla sua ricchezza spirituale. In qualche modo,  e infinitamente di più, questo vale per Dio. Non c'è un momento in cui sia indifferente a ciò che non è se stesso, in cui non decida di essere per l'altro, fino a crearlo. La sua libertà è tale che egli è ciò che è anche al di fuori di sé.  Cioè in noi. Questa è la sua libertà.