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lunedì 5 aprile 2021

Il dopo covid. Il mondo che ci attende

 Già da oltre un anno presso il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro si studia, o meglio si riflette sul mondo che verrà fra uno, cinque e dieci anni.

 Probabilmente il mondo in cui sono cresciute le generazioni che oggi contano quaranta, cinquanta, sessant'anni non verrà ritenuto sufficientemente flessibile nell'approccio al nuovo mondo che dovrà essere. Figuriamoci quello dei settantenni ed oltre!

 La crisi prodotta dal coronavirus, crisi globale, sotto gli occhi di tutti ha avviato cambiamenti radicali al punto che il mondo in cui vivremo, o meglio il mondo in cui continueranno a vivere i nostri figli,  costringerà tutti a rivedere le categorie che fino a ieri tutti consideravamo stabili. A cosa si riferiscono queste proiezioni? 

Si riferiscono allo stesso modo di vivere, di relazionarsi, di lavorare, produrre, viaggiare dei prossimi anni. Queste espressioni dell'essere uomini non saranno, non esprimeranno più l'agire e l'essere dell'uomo anteriore al tempo del covid-19.

 Perché le proiezioni che stanno prendendo in considerazione al CNEL, e non solo lì, sostanzialmente considerano "obsolete", nella ⁰preparazione e visione del domani,  addirittura le generazioni entrate nel mondo del lavoro all'inizio del terzo millennio? 

1) intanto perché i riflessi della pesantissima crisi economica conseguente all'emergenza economico-finanziaria non sarà impegno facile farli rientrare nei binari del risanamento,

2) il quadro geo-politico, col predominio dell'Occidente finora riconosciuto, è gia' adesso sottoposto al tallonamento di potenze che galoppano senza rispettare le premure e le tutele esistenti a beneficio del mondo del lavoro in Occidente e quindi mostrano maggiori competitività a discapito delle tutele qui esistenti.

3) le connessioni economiche-finanziarie sottostanti al quadro post-pandemia e gli stessi rapporti sociali  subiranno nel nostro mondo ovvie e inevitabili cambiamenti, accentuando sicuramente la digitalizzazione (uno dei comparti principe nel Recovery Plan).

I documenti finora resi pubblici espongono quadri, e studi ma non dicono esplicitamente quale sarà la direzione dei cambiamenti. D'altronde si tratta appunto di studi e proiezioni. Una cosa è dal punto di vista politico intuibile  pero' dalle determinazioni assunte dal Presidente della Repubblica un paio di mesi fa: quando il  governo a guida populista andò  in crisi ed egli -nel pieno rispetto delle sue prerogative- si è districato fra le manovre dei partiti, puntando per la guida del governo in direzione di un tecnico di altissimo profilo, non solo al livello nazionale ma internazionale. Quasi a voler dire (ma questo l'aggiungiamo noi) non è più tempo di ricreazione.

 Nelle prossime settimane proveremo a ragionare su alcuni documenti pubblicati dal CNEL e potremo capire che anche uscendo dall'attuale emergenza sanitaria ci attende un "dopo"  che, o sarà indirizzato e guidato da chi sa leggere il futuro oppure saremo costretti a subire le conseguenze dell'impreparazione nel gestire la crisi, crisi di sistema, crisi senza precedenti e che esigera' attenzione ma anche sacrifici di cui oggi nessuno osa parlare.

 Il mondo globalizzato e tecnologico che in anni recenti ha messo in comune persone, merci, monete di fronte al coronaviris si è dimostrato complessivamente impreparato. Sono mancati i protocolli di reazione comuni, le catene di comando e le procedure condivise per fronteggiare l'emergenza. Il modello produttivo dei beni tecnologici  l'occidente l'aveva "appaltato" alla Cina (che offriva costi di manodopera bassi) e proprio da quest'ultima circostanza è derivato il ritardo nel definire la strategia univoca fra tutti i paesi dell'Occidente sul come muoversi.

 Proprio da quest'ultime considerazioni contiamo di iniziare il discorso sul dopo coronavirus.

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