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sabato 17 ottobre 2020

Alle radici del Cristianesimo

Dalle lettere di Sant'Atanasio


La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa.
Una è la sua natura, identica a se stessa.
Uno è il principio attivo e una l’operazione.
 
Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l’unità della santa Trinità.
 
Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6).
È al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine.
Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo.
Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
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 Vincenzo Pagliaconsigliere spirituale della Comunità di Sant'Egidio 

Saverio Gaetagiornalista, saggista, vaticanista 

Essere cattolici - Dialoghi con Saverio Gaeta - Mondadori   -n. 2-

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Dialogo: 

...(Per rileggere il testo della volta precedente, pigiare (Alle radici del Cristianesimo 11-10-2020) n. 1

Saverio Gaeta:

  Le sue parole mi riportano alla mente una constatazione fatta da alcuni storici delle religioni: in generale, fino al XIX secolo, non veniva messa in discussione l'esistenza di Dio, ma si ragionava unicamente sulla possibilità di dimostrarla razionalmente; soltanto in seguito, con l'affermarsi dello scientismo, si è iniziato radicalmente a porre in dubbio il suo esistere. Ma quella su Dio le sembra tuttora la domanda più importante, la sfida più vitale cui ogni uomo deve rispondere ?

 Vincenzo Paglia:

  La domanda su Dio resta centrale nella vita degli uomini. E' stata presente in ogni epoca storica, dall'antichità  più remota sino ad oggi. Quel che deve far riflettere è che l'Ottocento -e solo in Occidente- entra nel panorama culturale europeo l'ateismo teorico. Le scienze fisiche ed umanistiche -che fino ad allora avevano trovato terreno propizio nelle cattedrali (basti pensare a Galileo)- si sono unite in una sorta di accanita lotta contro Dio, al punto da farne una dominante della cultura. L'ateismo più che un punto di arrivo, era divenuto un fondamento, un punto di partenza, il clima stesso in cui ci si muoveva.

  Sino ad allora l'ateismo non era tra i problemi che segnavano il pensiero occidentale. Semmai accadeva il contrario: era bandito. Ovviamente non mancavano atei confessi, avversari dichiarati del "divino". Ma erano eccezioni. Con il Medioevo cristiano e islamico il problema dell'ateismo addirittura scomparve dalla scena culturale. La questione dell'esistenza di Dio fu solamente un esercizio di logica accademica; la certezza che se ne aveva infatti stava a fondamento di tutte le altre scienze. Anche nei secoli successivi divenne quasi impossibile l'ateismo. Voltaire, per esempio, lo considerava una superstizione.

  Con l'Ottocento iniziò invece un'affannosa corsa per negare Dio, nella convinzione che soltanto in questo modo si potesse garantire il primato dell'uomo. Ne derivò un incredibile accanimento: doveva morire Dio se si voleva salvare l'uomo. E il disegno era costruire un uomo nuovo -e una società nuova- al di fuori della tradizione cristiana. Purtroppo la fede nell'uomo, senza Dio,  ha condotto verso quei tragici totalitarismi cui abbiamo accennato, la cui attuazione ha comportato l'eliminazione fisica di milioni e milioni di persone. E' stata la parabola tragica del totalitarismo della ragione. Ed è così che alla fine del Novecento il sogno prometeico dell'uomo, unico centro dell'universo, si è infranto: alla morte di Dio è seguita inesorabilmente anche la morte dell'uomo. Ma forse proprio da questo esito drammatico può risorgere la domanda su Dio che è assieme domanda sull'uomo.

Saverio Gaeta:

  Il sorriso di un bambino, l'esperienza del dolore, il cielo stellato, un fiore che sboccia, l'amore per una donna o un uomo: la realtà quotidiana, nonostante le distrazioni e le frenesie della vita moderna, continuamente ci sollecita a cercare l'origine e il senso di tutto ciò. E' forse da qui che è scaturita quella che qualcuno ha definito la "rivincita di Dio", ossia la vigorosa riemersione del sacro negli anni a cavallo del secondo millennio?

Vincenzo Paglia:

  La società è diventata più violenta e dura, talora anche spietata. Si avvia a svuotare l'uomo della sua stessa umanita', facendone non più il fine dell'universo, ma uno strumento della tecnica. E' paradossale, ma oggi è difficile giustificare il sorriso di un bambino, o anche spiegare il pianto di una madre, oppure stupirsi per la bellezza della natura. Tutto pare dominato dalla freddezza di una cultura tecnico-scientifica. Forse la nostalgia del sorriso, della bellezza, della tenerezza -diventati privi di ragione- può spingere ad andare oltre gli orizzonti ristretti nei quali siamo rinchiusi.

  Del resto, smarrendo Dio si perde anche il senso stesso della vita e delle sue manifestazioni. L'esperienza del limite e dello scacco, il dramma di due guerre mondiali e il terrore nucleare, la difficoltà o l'apparente insolubilità di gravi problemi (basti pensare a quelli legati alla bioetica), spingono credenti e non credenti a riproporre le domande ultime, appunto quelle sul senso della vita e della storia. La ragione scopre i suoi limiti e la religione torna di moda, potrebbe di re qualcuno. Le religioni storiche -come il cristianesimo, l'ebraismo, l'islamismo, l'induismo, il buddismo- godono di un rinnovato impulso in termini di adesione e di partecipazione popolare.

  C'è però da rilevare anche il fatto che la fede appare scarsamente incidente sulla vita e sui comportamenti delle persone. In molti continuano a parlare di irrilevanza della religione. Forse si accompagna alla debolezza della ragione, visto che talora il ritorno del sacro ha i tratti di un antirazionalismo che tutto dissolve in un magma esperienzale. La robusta adesione ad un credo capace di coinvolgere radicalmente la vita viene sostituita da un vago sentimentalismo. E la fede, dove ancora resiste,  rischia di essere concepita come un'opinione tra le altre: accettata sì, ma non nella sua interezza e comunque non nella sua esclusività. Si va affermando, soprattutto nel mondo occidentale, una sorta di "supermercato" delle fedi e delle religioni, ove ciascuno, a secondo dei gusti personali, sceglie ciò che vuole, costruendosi una religione a proprio uso e consumo senza altri riferimenti che se stesso e il proprio benessere. 

Saverio Gaeta:

Lei, in un suo testo, afferma che ragione e fede si trovano dinnanzi al mistero. E' quel che Giovanni Paolo II suggerisce nella sua enciclica Fides et ratio. Ma, nella fede cattolica, il mistero si rivela. E allora,  come si può varcare questa soglia, di fronte alla quale la ragione si ferma, mentre la fede è capace di andare oltre ?

Vincenzo Paglia:

  E' vero, una serena riflessione su queste due dimensioni della vita ci fa dire che credenti e non credenti si trovano davanti al mistero. Lo ha affermato anche il laico Norberto Bobbio al termine di una lunga -e davvero laica- riflessione: "Non è forse il senso del mistero che unisce profondamente i credenti e i non credenti?". Stare davanti al mistero significa ricordare l'umiltà che debbono avere la fede e la ragione. Ambedue, infatti, sono definite esse stesse da un "oltre", non sono autosufficienti. La loro dinamica interna richiede una continua ricerca, un costante approfondimento. E non sono in contraddizione l'una con l'altro. Anzi, con una bellissima immagine, Giovanni Paolo II  le paragona alle due ali che permettono all'uomo di salire e di volare nel cielo della Verità. Soltanto il superbo e l'orgoglioso non comprendono questa dinamica e rischiano di rendere patologico  il ricorso alla fede o alla ragione. E' la malattia dell'intolleranza che può cogliere gli uni e gli altri  e che li fa rinchiudere in una triste autosufficienza.

  Forse per l'uomo di fede c'è un aiuto in più: nella povertà guarda in alto e grida una preghiera. E il Signore viene incontro. Si scopre così che chi varca la soglia del mistero è Dio, più che l'uomo. Mi riferisco al complesso processo della rivelazione di Dio. Egli in maniera del tutto autonoma e gratuita ha deciso di manifestarsi all'uomo. E' lui perciò che attraversa la soglia del mistero per poi attrarvi anche l'uomo.

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18 Ottobre:

Reazione chimica

dal breviario laico di Gianfranco Ravasi - Mondadori

  L'incontro di due personalità è come il contatto di due sostanze chimiche: si produce una reazione così che entrambe ne saranno trasformate.

Carl  Gustav Jung

  L'immagine, certo, non è delle più felici, anche perchè sembrerebbe avallare l'idea materialistica secondo la quale l'incontro tra due persone è sostanzialmente una questione fisica, ormonale, epidermica, al massimo con qualche implicazione psichica. Se però assumiamo la raffigurazione della reazione chimica solo come metafora, allora possiamo ribadire una verità profonda, come quella che certamente Carl Gustav Jung (1875-1961), il famoso esponente svizzero della psicoanalisi, voleva insegnare nella frase sopra citata. Tutti, infatti, dobbiamo confessare di avere incontrato nella vita persone che ci hanno intimamente segnato.

  Non parlo soltanto di coloro che da quell'incontro sono uscitti l'uno dell'altro, ma anche di ognuno di noi quando abbiamo avuto la strada dell'esistenza attraversata da una figura che ci ha lasciato una traccia indelebile come amico oppure come testimone, o perchè  no?, anche come nemico o cattivo compagno, Da ogni incontro, che non sia meramente convenzionale, non si esce del tutto indenni, ma con una scia nell'anima e, in qualche caso, trasformati. E' un pò anche questa la parabola della fede, come appare nei Vangeli (..); sulle vie di persone  misere o assorbite nei loro affari passa Cristo, ed ecco che la loro storia  muta (un esempio per tutti, desunto proprio dal terzo Vangelo, è quello di Zaccheo). L'importante è, però, non alzare uno schermo  o lasciarsi avvolgere dalla nebbia della distrazione.

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