Le sfide che ci attendono
anche dopo il coronavirus
Tutti vorremmo immaginare da subito cosa ci attende ancora da dover affrontare nel corso della pandemia da coronavirus che ormai ci condiziona -nella vita corrente- dall'inizio dell'anno. Gli esperti, gli scienziati, ci dicono che potremo recuperare i ritmi di vita ordinaria solo dopo che potremo disporre del vaccino pertinente. Per intanto dobbiamo restare "in pallone".
Stiamo vivendo, sulla nostra pelle, vicende di affanno e di disagio che i nostri padri e nonni ci raccontavano sui periodi, da loro vissuti, di incertezza e di limitatezza non solo alimentare ma anche di "realizzazione", in quanto esseri umani, dovuti alle guerre e agli -allora- inadeguati apparati tecnologici e sanitari.
Stiamo constatando -in buona sostanza- che siamo, sotto più aspetti, esseri limitati e che ci eravamo dimenticati che siamo degli "uomini", accezione, questa, usata secondo la tradizione umanistica. Nel XV secolo, gli studiosi di allora -appunto gli umanisti- avevano rispolverato il concetto ellenistico sulla incompletezza biologica dell'uomo; da questo presupposto essi raffrontavano le virtù umane rispetto agli animali per poi definire l'identità dell'uomo.
Un pò di mitologia forse ci aiuta.
Il cavilloso Protagora sosteneva che l'uomo non è altro che la sintesi di quanto Epimeteo e Prometeo dibattevano. La vicenda è questa: Epimeteo (=colui che apprende in ritardo) era incaricato di dispensare le virtù biologiche agli animali e quando arrivò all'uomo, quei doni performativi erano stati tutti esauriti e parve che l'uomo dovesse restare condannato alla "insufficienza". Intervenne però Prometeo (=colui che guarda avanti) e fece dono all'uomo del "fuoco" e della tecnica.
Se Epimeteo ci aveva condannato all'incompletezza biologica, Prometeo ci fece regalo della "cultura", destinata a farci superare le tante limitatezze che discendono dalla natura umana.
Tornando agli arbori dell'umanesimo, Pico della Mirandola così esplicitò quel concetto: mentre ogni realtà esistente ha una sua natura, l'uomo non è costretto da nessuna essenza, ossia l'uomo non ha che una condizione, la libertà, la responsabilità di scegliere la propria sorte, nel bene come nel male.
L'uomo di Vitruvio |
La centralità dell'uomo sulla Terra nasce dalla "libertà radicata" nelle origini e nel bisogno di raggiungere la meta attraverso la stampella culturale.
Ciò che Epimeteo non potè assegnare all'uomo (che sarebbe comunque stato circoscritto a un preciso contesto) al punto da averlo lasciato incompleto, in realtà ha consentito proprio all'uomo di imboccare la via della libertà e della virtualità.
Leonardo ne "l'uomo di Vitruvio" con le braccia spalancate traccia due assi di espansione spaziale che rappresentano la centralità dell'uomo, colui che liberamente saprà trovare da sé la via di uscita dalle difficoltà. Colui che non è condizionato sempre dal medesimo istinto, come gli animali.
Nessun commento:
Posta un commento