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venerdì 6 giugno 2025

Referendum abrogativi dell’8 - 9 giugno (3)

  Domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 dalle ore 7 alle 15 i seggi rimarranno aperti.

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Votando Si si intende ridurre 
la precarietà che ai nostri
giorni caratterizza
il lavoro dei
nostri figli
Votando la scheda GRIGIA

Il quesito riguarda ancora il Jobs Act del 2015, ma in questo caso tratta i contratti a tempo determinato, modificati poi dal governo Conte e successivamente dall'attuale governo Meloni con il decreto del Lavoro. Si propone di reintrodurre l’obbligo di indicare il motivo per cui si intende utilizzare tale contratto e non uno più lungo, anche per i contratti di lavoro inferiori a 12 mesi, per garantire una maggiore tutela ai lavoratori precari.

La Cgil ricorrendo al Referendum sta chiedendo l’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Si punta a rendere il lavoro più stabile ripristinando l’obbligo di esplicitare sul contratto le causali per il ricorso al tempo determinato.

Se vince il no o manca il quorum il testo legislativo resta immutato.
Le ragioni del sì
  auspicate dalla CGIL
: ai nostri giorni lavorano con contratto a termine il 15% dei lavoratori, riguardato 3,7 milioni di persone e in alcune attività, dai servizi fino all’università, costituiscono i contratti prevalenti. Del resto, c’è una generazione di giovani e giovanissimi che con questo modello passa da un contratto a termine a un contratto di somministrazione, da uno stage a un contratto di collaborazione. In una condizione di precarietà non solo sostanziale, ma anche esistenziale in una spirale perversa. Non possiamo girarci da un’altra parte, dicono in CGIL, rispetto a tutto ciò, lo dobbiamo soprattutto a loro, alle generazioni più giovani e a chi entrerà nel mercato del lavoro nei prossimi anni. Si vuole che il contratto a tempo determinato rappresenti un’eccezione e non la regola.

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