Filosofo della scienza, evoluzionista, ordinario di Filosofia delle Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Padova, dal 2017 al 2019 è stato Presidente della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica, il primo filosofo della scienza a ricoprire questa carica. Dal 2024 è visiting scientist presso l’American Museum of Natural History di New York. È autore di 375 pubblicazioni scientifiche nei campi della biologia evoluzionistica, dell’evoluzione umana, della filosofia della biologia e della filosofia della scienza generale. Tra i suoi libri, La vita inaspettata (2011), Imperfezione (2019), Finitudine(2020), Serendipità (2021), Tutti i mondi possibili (2024). Con Solferino ha pubblicato La natura è più grande di noi (2022) e Dove comincia l’uomo (2025, con G. Remuzzi).
Scrive per il
Corriere della Sera
Tutti gli esseri viventi sono imparentati fra loro e sono connessi da un albero genealogico di discendenza con modificazioni.
Se una teoria scientifica rimanesse sempre la stessa, senza aggiornamenti, revisioni ed estensioni, ci sarebbe di che preoccuparsi. Vorrebbe dire che non sta al passo delle nuove scoperte ed evidenze, che nella scienza si susseguono sempre. La spiegazione evoluzionistica darwiniana in realtà non è soltanto una «teoria» scientifica, ma un vasto e complesso «programma di ricerca», composto da più leggi, fattori, modelli e ipotesi. E come programma di ricerca ha subito nell’ultimo secolo e mezzo molte correzioni e integrazioni, come è bene che sia, rimanendo tuttavia integro nel suo nocciolo centrale, quello individuato da Charles Darwin alla metà dell’Ottocento.
Tutti gli esseri viventi sono imparentati fra loro e sono connessi da un albero genealogico di discendenza con modificazioni. Questo è il primo pilastro del programma di ricerca darwiniano. In sostanza, prese a caso due specie, anche molto diverse fra loro come una pianta e un verme, avranno certamente avuto un antenato in comune vissuto in epoche lontane. Tutte le specie sono quindi «cugine», nel senso che hanno avuto un «nonno» in comune, e poi si sono ramificate e diversificate. Noi umani per esempio abbiamo avuto un antenato in comune con gli scimpanzé, i nostri cugini non umani più prossimi, vissuto in Africa intorno a sei milioni di anni fa. Con i Neanderthal, i nostri cugini umani più prossimi, abbiamo avuto un antenato in comune vissuto sempre in Africa 500.000 anni fa.
Selezione naturale
Il secondo pilastro della rivoluzione darwiniana, ancora valido, è la selezione naturale, il principale motore del cambiamento evolutivo, che ci ciba di variazioni individuali spontanee e casuali, le quali danno al singolo maggiori o minori capacità di sopravvivenza e di riproduzione in un dato ambiente, venendo quindi trasmesse di più o di meno alle generazioni successive. In tal senso, l’evoluzione è un gioco di varianti che si diffondono di più o di meno nelle popolazioni. Non è un perfezionamento progressivo, ma un far di necessità virtù in un dato momento, in un ambiente che sarà sempre in cambiamento. Chi prevale nell’evoluzione non è necessariamente «il più forte», ma anche il più flessibile, opportunista, cooperativo, scaltro.

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