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sabato 28 giugno 2025

L’emigrazione, per i contessioti (per i meridionali) da sempre e’ stato loro destino

 Una fuga di cervelli che svuota il Meridione 

 A Contessa l’emigrazione dall’unita’ d’Italia ad oggi è l’unica occasione di realizzazione per chi vuole migliorare il proprio stato. In verità non riguarda solo Contessa, e’ l’intero Meridione che non riesce a trasformare l’emigrazione da stato di necessità in libera scelta. 

 Lo constatiamo noi che viviamo all’interno dell’Isola: i talenti, tutti coloro che si laureano e che conseguono addirittura due o più titoli universitari vanno via dalla Sicilia e addirittura vanno fuori dall’Italia. 

L’ultimo report dell’Istat sulle migrazioni. 
Quasi 3 su 4 emigranti che abbandonano 
l’Italia hanno un titolo di studio superiore, 
o addirittura una laurea. Negli ultimi 
dieci anni sono già 182mila i laureati 
che hanno lasciato l’Italia, alla 
ricerca di migliori opportunità di 
lavoro. E non solo: il fenomeno 
interessa anche gli spostamenti 
interni al Paese: sempre più giovani 
talenti abbandonano infatti il Mezzogiorno 
per le regioni del Centro-Nord, sperando 
di trovare un posto di lavoro adatto 
la loro titolo.

Gli italiani che se ne vanno all'estero 
non
 
fanno notizia rispetto agli 
sbarchi che 
da anni occupano 
i telegiornali.


 Che abbiano la possibilità di vivere esperienze professionali in giro per il mondo per crescere e imparare, e’ ottima cosa, il problema però è che non si riesce, non si fa nulla dalle autorità che dovrebbero per farli tornare. 

 Studiano nelle università italiane che, in più casi non hanno nulla meno di quelle francesi, inglesi o tedesche. E però tra salari e retribuzioni basse e mancanza di servizi, i nostri laureati trovano altrove le condizioni migliori per realizzare i loro sogni ed esprimere il loro talento.

 L’intero mondo del lavoro, l’assetto e l’impostazione di come funziona e di come potrebbe meglio funzionare pare che agli italiani, ai politici italiani, non li riguardi. Le politiche per le imprese, quelle in generale per il lavoro e quella per la formazione dei quadri portanti del sistema economico non sono mai state apprezzate o valutate dall’opinione pubblica al momento di recarsi alle urne. L’intero assetto del mondo del lavoro non è mai stato integrato nelle sue prospettive nell’interesse degli italiani e la conseguenza è che il mercato si muove da solo e si espande -come fosse normalissimo- il lavoro nero e quello povero.

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