Eppure clientelismo, violenze,
intimidazioni sussistono.
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| Giovanni Falcone e Paolo Borsellino Cesare Giuzzi, giornalista del Corriere: Non è solo una questione criminale. La mafia è un sistema da 11 miliardi di euro (l’1% del Pil italiano) che coinvolge imprese, istituzioni e comuni cittadini. Non è solo un insieme di criminali. La mafia è qualcosa che soffoca, che toglie il respiro. Che controlla le vite, che elimina la libertà. Che decide la morte. La mafia è obbedienza, omertà, fedeltà. È violenza, ma non necessariamente. La mafia è spesso subdola complicità, convenienza, scorciatoia. No, la mafia non è del Sud né del Nord. Con la mafia frequentemente, molto frequentemente, sin troppo frequentemente, nella sua essenza, vi imbattiamo ogni volta che un nostro diritto diventa stranamente un favore. (Chi non ha mai colto questo aspetto, alzi il dito!). Il ruolo delle istituzioni Nei quasi due secoli di storia le mafie hanno ucciso un’infinità di magistrati, poliziotti, carabinieri, fatto sparire testimoni e oppositori, giornalisti, chiunque si mettesse sulla loro strada. E il loro sacrificio è stato enorme. Ma è solo grazie alle complicità di cui le mafie hanno goduto e godono nelle istituzioni, nello Stato, nelle aziende pubbliche e private, nelle banche e in tutti i settori produttivi, se oggi si stima che l’1% del prodotto interno lordo nazionale, qualcosa come 11 miliardi di euro sia direttamente nelle loro mani (fonte: Università Cattolica di Milano). |
=. =. = Sul blog ci proponiamo di fotografare la vita comunitaria della nostra Isola; quella del passato e quella del presente. Si tratterà di riflessioni e di evocazioni, in realtà. Più che voler fotografare un fenomeno sociale, che per sua natura non opera allo scoperto, proveremo ad evocare situazioni e vicende, del presente e del passato che lineari non sono apparse (quando sono venute a galla) alla pubblicistica e all’opinione pubblica.
=. =. =.Sulla Mafia nella nostra Isola, e pure fuori da essa, esistono una infinità’ di libri e di altre documentate testimonianze, si tratterà sul blog di richiamare contesti sociali del passato e vicende giornalistiche correnti.
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Giovanni Falcone, nel 1991, aveva scritto: «Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia».
La definizione di Falcone ci fa dire che il mafioso, dei tempi più recenti, non usa più la coppola storta sul capo. No! Il mafioso dei nostri giorni lo si incontra ben vestito, spesso sorridente e pronto ad offrirci il caffè al bar; egli ha sempre l’intento di conseguire il consenso dell’interlocutore, per passare subito dopo dal consenso alla complicità.
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Paolo Borsellino, ebbe a dire in un Convegno: «Se la mafia fosse soltanto criminalità organizzata, una forma pericolosa quanto si vuole di criminalità organizzata, il problema della mafia interesserebbe soprattutto gli organi repressivi dello stato, polizia e magistratura… E questo era sostanzialmente il discorso che si faceva, o era sotteso, in Sicilia… perché in effetti nessuno pensava di andare a parlare ai giovani di mafia…. entrare nelle scuole… e addirittura all’interno delle famiglie… Però la ragione fondamentale della crescita e dell’allignare della mafia… è stato (proprio) questo senso di sfiducia nello Stato, nelle istituzioni pubbliche, che portava a indirizzare la fiducia verso queste organizzazioni che… hanno vissuto a lungo in un consenso generalizzato. Non che molti siciliani fossero mafiosi, non che molti acconsentissero alla mafia ma, purtroppo, molti erano, e probabilmente ancora in gran numero sono, soggetti alla grossa tentazione della convivenza. Cioè di vivere con la mafia perché questo, tutto sommato, può pure procurare vantaggi. E allora perché è necessario, era necessario, sarebbe stato necessario parlare da tanti anni ai giovani siciliani nelle scuole? Per insegnare a questi giovani a essere soprattutto cittadini, per insegnare a questi giovani soprattutto che il consenso deve andare verso le leggi… verso lo Stato… verso le istituzioni pubbliche e non verso i soggetti che hanno bisogno di questo consenso soltanto per fare i propri e particolaristi interessi e non gli interessi di carattere generale».

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