Tesori ritrovati
1968-2008
Storia e Cultura Artistica
nell'Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro
e nel suo territorio dal XII al XIX secola cura di Mariny Guttilla
1. Filippo Randazzo, Madonna con Bambino e le anime del Purgatorio. Contessa Entellina (Palermo), Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. |
Esponente siciliano di quello stile variamente definito -a volte con il termine "barocchetto" (Accascina, Engass), altre più correttamente, "classicismo arcadico" (Barocco, Cioffi)-, Filippo Randazzo ripete in questa tela il consueto formulario della sua maniera, replicata in diversi centri della Sicilia, da Nicosia -dove nacque- a Termini Imerese. Una pittura in costante bilanciamento tra istanze barocche e classicismo marattesco, che viene improntata da Randazzo -pur entrato in contatto in età giovanile con il fiammingo Borremans - innanzitutto sulle orme del maestro Sebastiano Conca che rimarrà (in misura maggiore di altri pittori siciliani) il vero nome tutelare e fonte di ispirazione a cui ricorre costantemente nel corso della sua attività, sia subito dopo il soggiorno romano, avvenuto probabilmente ante 1723, sia in seguito, grazie alla visione di quadri inviati dal maestro a Palermo, negli anni Quaranta. Su questa linea di tendenza va al contempo innescando spunti formali tratti da altre istanze: dalle composizioni di Paolo de Marteis a quelle figurative e cromatiche del messinese Filippo Tancredi. In specie, nella scia di quest'ultimo, segue l'interpretazione elaborata da Luigi Garzì della pittura di Maratta e che affiora qualche anno dopo nella decorazione dell'oratorio detto del Sabato nella Casa Professa dei Gesuiti di Palermo, caratterizzata, anche in virtù della tecnica esecutiva, da una fresca verve rococò, che risulta meno evidente nel bozzetto preparatorio ad olio della Vergine, con la Trinità, detto anche Allegoria della Salvezza (Palermo, Galleria Regionale della Sicilia). Rispetto ai dipinti murali, nella produzione ad olio di Randazzo -definito a buona ragione una sorta di "Conca siciliano" (Paolini), emerge in specie nelle pale d'altare di soggetto mariano un linguaggio ripetitivo con toni pietistici e devozionali, apprezzato dalla committenza monastica: dalla tela di Marineo del 1733 - a cui si aggangia questa di Contessa anche nella declinazione cromatica, alla Madonna di Agira del 1746 di netta matrice conchiana. A quest'ultima in specie - per impaginazione speciale e modulo figurativo della Vergine- si accosta il dipinto in oggetto, suggerendo una proposta di datazione intorno alla metà degli anni Quaranta; ipotesi suffragata dal fatto che in un dipinto di analogo tema per la Chiesa del Purgatorio di Licata -realizzato presumibilmente in quel periodo- compare sulla sinistra una figura di supplice a mani giunte, corrispondente in controparte a quella presente nell'opera di Contessa Entellina.
Dipinti inediti o poco noti
del Settecento tra Contessa
Entellina e Bisacquino,
da Filippo Randazzo
a Mariano Rossi
Mariny Guttilla
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