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sabato 25 ottobre 2025

Tempi lontani

 La Sicilia del Baronaggio, per flash (8)

Nel '500, gli esuli
arbereshe in Sicilia
ebbero la possibilità
di insediarsi in aree
poco popolate,
grazie a concessioni
 e accordi con signori
 feudali. 

Questi
 insediamenti portarono
 alla fondazione di
 nuovi centri abitati
come Contessa
Entellina, fondata
nel 1520 dai profughi
 albanesi.

*. *. *

Ai nostri giorni esistono
città capoluoghi di 
provincia che 
nella toponomastica 
evocano la nostra
Contessa Entellina






In quell'alba della modernità (anno 1500) quale era la visione del "potere" del ceto emergente dei nobili,  l'unico ad avere un ruolo nel contesto della monarchia spagnola in Sicilia? Figure significative e guide della nobiltà siciliana erano allora Blasco Lanza e Pietro Di Gregorio.

Il Di Gregorio, la sua visione giuridica di quel tempo, ci aiuterà a leggere e ad interpretare, fra alcune settimane, il testo delle concessioni sottoscritte all'alba degli anni venti del '500 fra la famiglia Cardona e i rappresentanti arbereshe insediatisi sul territorio dell'attuale Contessa Entellina. 

 Intratteniamoci, intanto, su un tratto del suo consistente trattato De concessione feudi. Di Gregorio sulla base della distinzione scolastica tra "potestas absoluta" (= Quel che al principe piace ed è onesto e giusto e possibile ha valore di legge) e "potestas ordinaria" (=soggetta alla legge, quanto all'osservanza non quanto al vincolo). Sulla base di queste impostazioni, scrive sempre il Di Gregorio: Nè stupisce che talvolta i re sbagliando esercitino sui loro sudditi la potestà assoluta senza causa, giacchè -come ebbe a dire- Seneca "quando afferma con audacia che quanti amano il proprio signore debbono avere occhi penetranti da andare oltre la superficie del mare, nel profondo ove il navigare non è sicuro". 

  Secondo Di Gregorio, Sant'Agostino potè scrivere ad un conte che si scegliesse consiglieri timorosi di Dio e amanti della verità: perchè l'uomo deve essere libero nel consigliare e i consiglieri in tutto liberi di consigliare liberamente il principe. "E tuttavia oggi, come scrisse con apparente facezia Pio II (Corsignano, 18 ottobre 1405 – Ancona, 14 agosto 1464) al duca di Ferrara, chi vuol rendersi grato ai principi dovrà muoversi tra la lode (Lodi) e la compiacenza (Piacenza), non verso la verità (Verona) chè l'ossequio genera amici, la verità produce odio .... E di questo nostro tempo scrive S. Paolo nella 2' a Timoteo annunciando un tempo cum homines sanam doctrinam non sustinebunt, sed ad sua desideria coacervabunt sibi magistros. In altri termini: quando l'uomo di legge, chiamato a consigliare il principe, è ministro della dottrina sacra e non il compiacente adulatore che la legge consente al privato capriccio del principe. E come il papa non può senza i cardinali affrontare questioni ardue, non è dato al sovrano disporre de rebus arduis regni senza il consenso della maggioranza del baronaggio".

 Con questi presupposti culturali, è improbabile ritenere quei capitoli di concessione ai rappresentanti arberesche di Contessa nel '500, frutto di sincera beneficienza.

 Ma avremo modo di approfondire.

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