Il Di Gregorio, la sua visione giuridica di quel tempo, ci aiuterà a leggere e ad interpretare, fra alcune settimane, il testo delle concessioni sottoscritte all'alba degli anni venti del '500 fra la famiglia Cardona e i rappresentanti arbereshe insediatisi sul territorio dell'attuale Contessa Entellina.
Intratteniamoci, intanto, su un tratto del suo consistente trattato De concessione feudi. Di Gregorio sulla base della distinzione scolastica tra "potestas absoluta" (= Quel che al principe piace ed è onesto e giusto e possibile ha valore di legge) e "potestas ordinaria" (=soggetta alla legge, quanto all'osservanza non quanto al vincolo). Sulla base di queste impostazioni, scrive sempre il Di Gregorio: Nè stupisce che talvolta i re sbagliando esercitino sui loro sudditi la potestà assoluta senza causa, giacchè -come ebbe a dire- Seneca "quando afferma con audacia che quanti amano il proprio signore debbono avere occhi penetranti da andare oltre la superficie del mare, nel profondo ove il navigare non è sicuro".
Secondo Di Gregorio, Sant'Agostino potè scrivere ad un conte che si scegliesse consiglieri timorosi di Dio e amanti della verità: perchè l'uomo deve essere libero nel consigliare e i consiglieri in tutto liberi di consigliare liberamente il principe. "E tuttavia oggi, come scrisse con apparente facezia Pio II (Corsignano, 18 ottobre 1405 – Ancona, 14 agosto 1464) al duca di Ferrara, chi vuol rendersi grato ai principi dovrà muoversi tra la lode (Lodi) e la compiacenza (Piacenza), non verso la verità (Verona) chè l'ossequio genera amici, la verità produce odio .... E di questo nostro tempo scrive S. Paolo nella 2' a Timoteo annunciando un tempo cum homines sanam doctrinam non sustinebunt, sed ad sua desideria coacervabunt sibi magistros. In altri termini: quando l'uomo di legge, chiamato a consigliare il principe, è ministro della dottrina sacra e non il compiacente adulatore che la legge consente al privato capriccio del principe. E come il papa non può senza i cardinali affrontare questioni ardue, non è dato al sovrano disporre de rebus arduis regni senza il consenso della maggioranza del baronaggio".
Con questi presupposti culturali, è improbabile ritenere quei capitoli di concessione ai rappresentanti arberesche di Contessa nel '500, frutto di sincera beneficienza.
Ma avremo modo di approfondire.

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