Brevissime dai giornali
=. =. = Cancellazioni, mancati inviti, esclusioni: sono le secolari forme di censura su cui periodicamente anche l’Italia democratica si trova a dibattere e ad incorrere. Quelli attuali, ma anche quelli di sempre, sono anni in cui diverse sono state e continuano ad essere le occasioni di polemica riguardo alla libertà di espressione e di critica che hanno coinvolto personaggi, scrittori, attori, non soltanto nei Paesi già autoritari dell’est europeo, dove la carcerazione è stata e continua ad esserlo (si pensi alla vicenda della Salis in Ungheria) all’ordine del giorno, ma anche nelle democrazie occidentali. È lecito dunque chiedersi quale posto occupa oggi chi osa criticare nello spazio pubblico. Quanto il potere politico, non solo quello alto ma anche quello di periferia, è disposto a riconoscergli un ruolo di interlocutore critico?
=. =. = Negli Stati Uniti -leggiamo su una rivista- show comici e satirici, critici verso Trump, rischiano di essere messi fuori onda o costretti a modificare il loro tono per non essere presi di mira.
=. =. = In Paesi europei come Polonia e Ungheria l’uso politico delle nomine di istituzioni culturali si è intensificato, mentre qualche giorno fa un tribunale austriaco ha ordinato all’editore Verbrecher di ritirare un libro del regista e drammaturgo Milo Rau per aver attribuito a un politico frasi che avrebbero deriso vittime dell’Olocausto. Secondo Rau, che pure ha ammesso l’errore, il caso rientra in una pratica più ampia: l’uso di strumenti legali per silenziare le critiche.

Nessun commento:
Posta un commento