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| Terzo millennio La perdita di umanità viene attribuita alla tecnologia e alla cultura del "like" o del "click", che può portare a un appiattimento delle relazioni e a una diminuzione dell'empatia. |
Gli eventi di disumanità
Per cinque mesi Katia ha cercato suo fratello tra i cespugli di Rogoredo (non in una regione lontana dal mondo, ma in una area della periferia milanese). Lo ha cercato nei sottopassi, nei dormitori, nelle mense dei poveri, davanti al Duomo, sotto i ponti del Corvetto. Mostrava alla gente la foto di suo fratello: barba, occhi chiari, tatuaggi. A tutti ripeteva: «Se succede qualcosa, lui ha una famiglia». Ivan, questo il nome del fratello di Katia, 34 anni. Ma questi era già morto. Il suo corpo, senza nome, è rimasto in obitorio dal 5 aprile al 22 settembre.
Ivan fu trovato a terra sotto un ponte al Corvetto, portato al Policlinico, morto da cinque giorni. Nessun documento. Solo tatuaggi: una nuvoletta sulla mano. Eppure nessuno ha collegato quel corpo alle denunce, alle fotografie, ai nomi che la sorella ripeteva ai carabinieri, ai baristi, ai volontari. Cinque mesi per scoprire che era lui.
Katia mostrava la foto: barba, occhi chiari, tatuaggi. «Se succede qualcosa, lui ha una famiglia», ripeteva. Ivan, 34 anni, lo chiamavano Gesù, però era già morto. Il suo corpo, senza nome, è rimasto in obitorio dal 5 aprile al 22 settembre. Trovato a terra sotto un ponte al Corvetto, portato al Policlinico, morto cinque giorni dopo. Nessun documento. Solo tatuaggi. Eppure nessuno ha collegato quel corpo alle denunce, alle fotografie, ai nomi che la sorella ripeteva ai carabinieri, ai baristi, ai volontari. Cinque mesi per scoprire che era lui.

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