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mercoledì 22 ottobre 2025

Tempi lontani

All’alba della Modernità 
Scanderbeg ebbe stretti legami con il
Regno di Napoli e la Sicilia aragonese
.
 
I collegamenti principali includono la
sua alleanza militare con Alfonso V
d'Aragona tramite il Trattato di
Gaeta (1451) e la successiva
 assistenza militare fornita a
Ferdinando I d'Aragona durante
la Guerra di successione napoletana. 
Inoltre, a seguito della sua morte, molti
 albanesi emigrarono in Sicilia e
Meridione italiano e si
stabilirono in diverse aree, creando
comunità che ancora oggi
mantengono l'eredità culturale
albanese.





La Sicilia del Baronaggio, per flash (5) 

  Risale verosimilmente al IX secolo la ripartizione del territorio siciliano in tre Valli: 1)  quello occidentale di Mazara, limitato nella parte orientale dal fiume Salso (o Imera meridionale) fino al fiume Imera settentrionale e ai monti delle Madonie; 2) il Val Demone, che comprendeva la zona nord-orientale montagnosa delle Madonie e dei Nebrodi (o Caronte), e 3) l’entroterra  segnato dai bacini del Simeto  e del Salso, che delimitavano il Val di Noto. 

   Gli storici ci dicono che la tripartizione non piacque a Federico II di Svevia, colui che dispose la distruzione di Entella nel XIII secolo, che istituì per l’isola due “giustizierati”, uno per la Val di Mazara e l’altro per i due Valli orientali “citra frumento Salsum”  e “ultra lumen Salsum”.

Sulle aree interne dell’Isola erano frequentissimi i “casali”insediamenti rurali e centri di produzione agricola, che presidiavano i deserti feudi dell’entroterra di Palermo e quelli dei territori di Trapani, Girgenti e Caltanissetta. In realtà le aree interne dell’Isola erano fitte di boschi e campi che si alternavano fra terreno assolati e biancastri nelle estati aride, disalberati e di tanto in tanto in terreni seminati. Nel seicento (1600) lo scrittore Fazello soffermandosi sulla Val di Mazara scrive: “fertilissimo nel produrre frumento e altre sorti di biade, vino e olio e miele ottimo, abbondante di pecore, di buoi, di armenti di grosso bestiame”. Sullo stesso territorio, alcuni secoli prima, nel periodo dei viaggiatori musulmani, il ritratto riferisce di un paesaggio agrario mirabile, di una terra ricca di ogni possibilità di produzione e di lavoro, capace di soddisfare  le maggiori richieste  della sua popolazione, di alimentare le attività delle comunità e addirittura di sostenere lo sviluppo. Eppure le tante cose viste e descritte dagli arabi, appena un secolo dopo non esistevano più. I tanti casali del loro periodo  (ricordati da Edrisi) alla fine del Duecento erano completamente spopolati e di tanti non v’era più alcuna traccia.

(Segue)

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