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martedì 17 gennaio 2023

Storia e Culutura

 
La liberazione del "sapere" spunta il relativismo.
L'apologia di Francisco Sànchez, professore a Tolosa, autore di Quod nihil scitur (1581), è sviluppata contro le tesi aristoteliche e le parole non possono fornire una conoscenza delle cose. Keplero,  1571-1630,( astronomo, astrologo, matematico, cosmologo, teorico musicale, filosofo della natura e teologo luterano) riconobbe che Dio si era espresso "non direttamente, chiaramente, limpidamente", ma in un modo che costringe gli uomini a entrasre in "labirinti di significato", e Galileo, che era un moderato, denunciò "la vana presunzione di intendere tutto" come equivalente di "non avere mai inteso nulla" ed invitò ad accostarsi a Socrate, che "diceva apertamente di conoscere di non sapere nulla".
In quella fase storica pure l'Italia era ritenuta culla dello scetticismo. Ed ovviamente il passo dallo scetticismo al relativismo fu piuttosto breve. 
Sempre Montaigne, che dubitava di ogni cosa, non dubitava però della propria mente ed affermò che la "verità" dipendeva dal concetto che aveva di essa ed era suscettibile di cambiare da un istante all'altro. Uno degli errori umani, secondo lui, era di volere universalizzare ciascuno la propria percezione della realtà: "Sembra a ciascuno che la forma sovrana della natura sia in lui; egli paragona ad essa tutte le altre forme. Le andature che non si regolano sulle sue sono false e artificiali. Che bestiale stupidità!".
Egli rimarcò le varietà e infinità delle opinioni (e quindi la loro relatività)  su più aspetti della vità, quali, i comportamenti degli uomini, la ricchezza ed il concetto di bellezza femminile.
Soffermandosi sul significato di "civiltà" sostenne:

ognuno chiama barbarie quello che non è nei nostri costumi; come veramente sembra che noi non abbiamo altra pietra di paragone della verità e della ragione, che l'esempio e l'idea delle opinioni  e delle usanze del paese in cui siamo. Ivi si trova sempre la religioner perfetta, il regime perfetto, l'uso perfetto e rifinito di ogni cosa (...). La nostra opinione (dà) pregio alle cose. (...) L'acquisto dà pregio al diamante, e la difficoltà alla virtù, e il dolore alla devozione, e il gusto cattivo alla medicina.
 Tutto ciò, osservò, rendeva più difficile, ribadendone comunque l'importanza, la conoscenza di sé, individuale e collettiva, nei rapporti umani.

 Nello stesso tempo in Francia i giuristi si adoperavano per dimostrare che il diritto romano, un tempoespressione di principi eterni di giustizia, era relativo alle necessità particolari dell'Antica Roma. Essi in realtà mettevano in dubbio la sua aspplicabilità all'Europa dei loro giorni.
(Segue)



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