Come veniva letta l'esistenza (12)
Il lungo cammino per l'affermarsi ell' Io.
Nel Cinquecento la cultura, fortemente condizionata dalle religioni, addivenne in linea generale che fra anima e corpo esisteva unità. Montaigne (1533-1592), filosofo del Rinascimento francese, è noto per aver reso popolare il saggio come genere letterario. E' noto inoltre per la fusione di aneddoti casuali e autobiografia, attraverso le intuizioni intellettuali, ed affrontò il problema in questi termini:
"Il corpo ha una grande parte nella nostra esistenza, vi tiene un gran posto. Quelli che vogliono dividere le nostre due parti principali e separarle l'una dall'altra, hanno torto. Viceversa, si deve ricombinarle e ricongiungerle. Bisogna ordinarte all'anima di non tirarsi da parte, di intrattenersi a parte, di disprezzare e abbandonare il corpo ( come non saprebbe farlo se non per qualche inganno di finzione) ma di ricongiungersi a lui, di abbracciarlo, vezzegiarlo, assisterlo, controllarlo, consigliarlo, raddrizzarlo e ricondurlo quando si fuorbia, sposarlo insomma e servirlo da marito; affinché le loro opere non paiano diverse e contrastanti, ma anzi concordi e uniformi".
L'unità di anima e corpo conduceva ad un Io che comunque restava misterioso. Quell'Io suggeriva certamente l'individualità e l'unicità di ciascun essere umano. Ma in molte altre figure del Rinascimento le perplessità continuiarono a permanere.
Il rabbino Simone Luzzatto (1583-1663) sulla percezione della complessa questione mosse una forte critica agli stereotipi etnici del tempo: se è così difficile definire i moti interni di una sola persona -evidenziò- quanto più difficile è determinare quelli di una intera nazione?. E fu quello il tempo in cui nacque la Psicologia.
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