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sabato 14 gennaio 2023

Storia e luoghi

Peculiarità del feudalesimo siciliano  (6)

 I baroni di Sicilia chi erano?
Il termine, specialmente con l'uso che di esso si è fatto in Sicilia, ha assunto un ventaglio relativamente ampio di significati. Può significare un bravo guerriero, un combattente, ma può significare un grande signore che tale viene riconosciuto dalle monarchie medievali e che governa su vasti territori del Regno.
A cominciare dall'undicesimo secolo, nel Regno Meridionale dei Normanni e nell'ambito del sistema feudale, viene instaurato il sistema che attribuisce ai "baroni" un potere ed un significato tecnico-giuridico: essi diventano vassalli del Monarca e gestiscono una vastità terriera (i feudi) secondo la loro volontà e ed il loro giudizio creando a loro volta una ampia vastità di vassalli, con vari ruoli comunque a lui subordinati.
I baroni sono stati quindi, in termini giuridici, le figure di primo piano del Regno di Sicilia. Nella parte finale del Medio Evo, quando più o meno in Sicilia si insediano alcuni nuclei di arbëreshe, il titolo di barone comincia a svalutarsi per la semplice ragione che la Monarchia sempre in cerca di risorse per sempre più affermarsi sul ruolo potente dei baroni comincia a creare, dal nulla,  nuovi titoli di nobiltà, o a promuovere nobili già esistenti. Avvenne che semplici signori che possedevano vaste clientele, magari per ragioni professionali, veniva nominato "conte" previo pagamento alle casse regie di qualcosa.
Gli stessi baroni, per evitare di perdere ruoli e prestigio, cominciano a comprare ulteriori titoli: duca, marchese ... e la qualifica di barone rimase a designare i meno importanti degli antichi vassalli regi.
Il titolo di barone rimase comunque fino alla fine del feudalesimo (1812) una qualifica appena superiore a cavaliere, patrizio e gentiluono.

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