Il vecchio Marx ha avuto ragione. E' il titolo di un libro diffuso in questi giorni e ampiamente commentato pure dalla stampa liberale dell'Occidente.
La tesi e' che attraverso esiti di studi e' facile dimostrare con l’analisi econometrica della concentrazione delle quote di controllo del capitale delle principali multinazionali mondiali come effettivamente l’80 per cento delle quote di controllo delle principali società sia in possesso di non più del 2 per cento di grandissimi azionisti.
In tal modo quelli che prendono le decisioni sono sempre gli stessi: una ristretta élite di personaggi più o meno noti che si contano in realtà sulle dita di una mano, o forse di due. Si tratta soprattutto di fondi d’investimento sterminati e di banche d’affari che controllano enormi quote di capitale: Goldman Sachs, Nomura, Black Rock sono solo alcune delle società al vertice della rete proprietaria globale, a loro volta controllate da un ormai ristrettissimo manipolo di grandissimi azionisti in carne ed ossa.
Il dramma è che l’accentuarsi oltre misura della concentrazione del capitale in pochissime mani tutt’altro che invisibili non è un fenomeno indolore. Provoca non solo la disgregazione di quello che avevamo imparato a conoscere e ad apprezzare come ordine liberaldemocratico – soprattutto nelle democrazie occidentali – quanto il moltiplicarsi di scontri sempre più cruenti sul piano militare che rischiano di arrivare ad una pericolosissima escalation e, addirittura, alla catastrofe nucleare.
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