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lunedì 23 gennaio 2023

Rievocazioni. Disumanità della seconda guerra mondiale

 In Italia e a livello internazionale, il 27 gennaio di ogni anno viene ricordato l'anniversario della liberazione dal lager di Auschwitz di migliaia di ebrei, pochi rispetto ai tanti che invece il nazismo aveva già massacrati. 

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 Rievochiamo per adesso le difficili vicende attraversate da decine e decine di migliaia di prigionieri italiani nei lager tedeschi gestiti nell'area di confine fra Polonia ed Unione Sovietica di allora; persone sottoposte da prigionieri ai lavori forzati. 

La Memoria

 Nel gennaio 1945 l’esercito sovietico avanzava quasi ovunque in Polonia e i nazisti, per non lasciare testimoni su forni crematoi e lavori forzati, iniziarono a trasferire forzatamente i prigionieri ancora in vita di Auschwitz (ebrei) verso l’interno della Germania. 

 I tantissimi prigionieri dell'esercito italiano deportati in altri lager nell'est polacco, compresi alcuni soldati originari di Contessa Entellina di cui abbiamo notizie documentate e di cui conosciamo le vicende, trovarono finalmente l'opportunità (la fortuna, rispetto a chi era morto nei lager) di attraversare -da liberi, da gente sfugita dai campi dei lavori forzati- a piedi vasti territori verso mete che essi stessi non conoscevano. 

 Sapevano di non essere più prigionieri stante la ritirata tedesca dai territori polacchi, ma erano sbandati, privi di indicazioni, di guide e di mete. Si trattava di decine di migliaia di soldati/prigionieri già sottoposti ai lavori forzati in aziende finalizzate a sostenere la folle guerra di Hitler. Quando arrivarono i russi quei militari trascorsero ulteriori mesi da un campo militare all'altro, in attesa che fra paesi occidentali e Russia venissero definite le modalità di rilascio.

 Da sbandati essi avevano percorso prima che arrivassero i russi, vasti territori in condizioni e situazioni terribili, quasi incapaci di reggersi in piedi, e cercando solamente di non imbattersi in regimenti tedeschi che rientravano verso Occidente perchè inseguiti dall'Armata Rossa.  I racconti raccolti anni fà dai due contessioti a cui stiamo faccendo riferimento (Pietro Guzzardo e Pietro Clesi) dicono che per affrontare l'inverno polacco, non disposero nè di che discretamente mangiare nè di vestiario che fosse vestiario.  

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