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martedì 31 gennaio 2023

Capita

Il 41/bis in cosa consiste? 

Fu formulato per contrastare, o addirittura, per sconfiggere la mafia, in seguito alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, ritenendo che la detenzione ordinaria non fosse sufficiente a interrompere la catena di comunicazione tra i boss che stavano in galera e l’organizzazione che resisteva all'esterno.

L’origine del 41 bis, il regime detentivo speciale (dall’art. 41 bis, comma 2 dell’ordinamento penitenziario) di cui tutti i media riferiscono e commentano nelle intenzioni del legislatore, doveva avere carattere «emergenziale», ossia, temporaneo, però lo si rese  permanente nel 2002). 

Sono 728 i soggetti cui è riservato attualmente questo regime (12 le donne), su un totale di una popolazione carceraria che si aggira attorno alle 56mila unità (ovvero, l’1,3%): 184 sono detenuti in attesa di giudizio, 332 sono condannati definitivi, 208 sono soggetti con «posizione mista» e 4 internati.

La logica che disciplina il 41 bis sarebbe sorta il 10 ottobre 1986 con la legge n. 663 introdotta per il contrasto al terrorismo e poi fu esteso con un decreto del 1992 anche ai mafiosi, col trasferimento di molti boss dal carcere dell’Ucciardone a quello dell’Asinara.  L’intento del 41 bis non è spingere alla collaborazione con la giustizia i detenuti, ma piuttosto di impedire la comunicazione dei boss mafiosi con l’esterno.

Per i magistrati si tratta di uno strumento più che efficace e -peraltro- non conflige con la normativa europea. 

Le carceri che possiedono sezioni di «41 bis» sono 12: la più importante è quella de L’Aquila, dove -appunto- è stato da pochi giorni recluso Matteo Messina Denaro.  

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